Di CM
Secondo i dati INPS relativi ai primi due mesi dell’anno 2016 ci sono stati 4111 licenziamenti disciplinari in aziende con più di 15 dipendenti registrando un aumento consistente rispetto ai dati relativi agli stessi mesi dell’anno precedente che si attestavano su 3241 licenziamenti, nel 2017 il dato si aggrava ulteriormente arrivando alla cifra di 5347 dipendenti licenziati.
Insomma c’è un aumento considerevole di licenziamenti disciplinari, ovvero dei licenziamenti per giustificato motivo soggettivo e il licenziamento per giusta causa, misure disciplinari atte ad allontanare il lavoratore per inadempimenti notevoli o molto gravi (il primo tipo prevede un preavviso, il secondo no). La notizia è quantomeno curiosa, perché mai da un anno ad un altro, ovvero tra il 2015 e il 2016 ci dovrebbe essere una tale notevole impennata e le cose peggiorano ancora nel 2017 anche se in misura più lieve? Sarà mica che i lavoratori in Italia sono diventati più indisciplinati nel giro di un anno? Ovviamente no, c’è un dato alquanto interessante che potrebbe spiegarci l’arcano, infatti proprio il 7 marzo 2015 (ovvero poco dopo i due mesi presi da noi in considerazione nel 2015) è entrato in vigore il decreto legislativo 4-3-2015 n. 23, niente di meno che il famigerato Jobs Act. Guarda caso il Jobs Act va proprio ad influire sulle norme di licenziamento dei luoghi di lavoro con più di 15 dipendenti eliminando di fatto l’articolo 18. Quando il Jobs Act passò (con una risposta scarsissima dei sindacati, soprattutto dei confederali che evitarono molto accuratamente di non disturbare l’allora governo Renzi) a qualcuno venne in mente di denunciare una misura che avrebbe portato le aziende a licenziare più facilmente, in maniera più arbitraria e meno motivata, rendendo più ricattabili i lavoratori. I dati ora danno una prova empirica che chi tentò di alzare la voce contro quello scempio che era ed è il Jobs Act aveva quantomeno visto una parte di verità a meno che non si voglia credere alla tesi ridicola per cui da due anni a questa parte i lavoratori in Italia siano diventati realmente più indisciplinati.
La nuova norma che regola i licenziamenti per motivi disciplinari, infatti, prevede una diminuzione sostanziale delle ipotesi per cui un giudice possa ordinare la reintegrazione del dipendente e mette il lavoratore nella scomodissima posizione di dover dimostrare in aula (con esborso di spese processuali, avvocati e via dicendo) che il licenziamento si basi su fatti insussistenti, mentre precedentemente era il padrone che doveva dimostrare le “giuste cause” che avrebbero portato all’allontanamento del dipendente stesso.
Risulta evidente quindi l’accresciuto potere dei padroni che possono decidere di licenziare molto più a cuor leggero i propri dipendenti, con meno rischi di vedersi costretti da un giudice di reintegrarlo, rendendo questi ultimi maggiormente ricattabili e quindi maggiormente sfruttabili, maggiormente controllabili, tutto ovviamente nella logica di aumentare il profitto spremendo maggiormente la forza lavoro al loro servizio.
Tutto ciò disvela un’ulteriore arma di propaganda utilizzata spesso da Renzi ma che verrà utilizzata d’ora in avanti da tutti i governi borghesi, ovvero l’aumento dei contratti a tempo indeterminato. Ma è ovvio a chiunque abbia un minimo di raziocinio che, se diviene più facile cacciare i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, non si sta affatto combattendo la precarietà, al massimo la si sta estendendo e camuffando a tutti i luoghi di lavoro, soprattutto le medie e grandi imprese!
Insomma, la propaganda borghese ha le gambe corte, chi diceva che si sarebbe andati incontro a un maggior potere dei padroni con l’entrata in vigore del Jobs Act e che quindi bisognava lottare duramente contro di essa aveva ragione da vendere. Ma non è troppo tardi, i lavoratori e le lavoratrici devono organizzarsi e lottare, oggi più di ieri, per difendersi da un padronato che, spinto dalla crisi, estende il proprio potere sulla vita degli sfruttati, la rende più difficile e incerta, stringendo le catene ai polsi di milioni di proletari. Alla lotta!