– di Sabrina Monno
Aileen Wuornos, la prima donna serial killer degli Stati Uniti è anche la prima donna punita con la pena di morte, subita il 9 ottobre 2002. Colpevole di aver freddato 7 uomini, fu arrestata nel 1990. Prostituta ben nota alle forze dell’ordine, Aileen subì non solo un comune processo, ma un vero e proprio processo mediatico. Il volto di Aileen, non era più il volto di un essere umano, ma di un mostro. “Monster” ricostruisce questa vicenda.
Nel 2003, nelle sale americane ( in seguito anche in quelle europee ) arriva il film “Monster”: un pellicola indipendente, diretta da Patty Jenkins, con protagonista una Charlize Theron che, all’epoca, era sulla cresta dell’onda. La Jenkins non si limita a riportare la “cronaca” già sviscerata dai notiziari. La regista studia i diari della Wuornos, studia gli atti processuali e, insieme alla Theron, scopre i luoghi e il passato di questo “mostro”.
Il film si potrebbe quasi definire un flusso di coscienza. Nessuno si è mai preso la briga di capire cosa porta una donna, o meglio una bambina, a diventare un mostro mediatico. Aileen nasce in America, la terra del ben noto “sogno americano”.
“Volevo solo che qualcuno mi scoprisse, come era accaduto per le grandi star di Hollywood. Volevo solo essere scoperta.”
Con questa frase, lo spettatore inizia a conoscere Aileen. Cresciuta in una famiglia povera, con un padre schizofrenico che si toglierà la vita, un nonno alcolizzato e, infine, con amici di famiglia che avevano l’abitudine di abusare di lei dall’età di 14 anni, l’unico rifugio di questa creatura è l’immaginazione. Aileen cresce, inizia a prostituirsi perché crede che, tra gli uomini che pagano per il suo amore, ci potrà essere colui che la scoprirà. Il tempo passa e, quello che resta, è solo sfruttamento, violenza ed una società che non sa gestire i suoi anelli più deboli, ma che, anzi, tende a ghettizzare certa gente, nella speranza che queste minoranze, si distruggano da sole. Non è il caso di Aileen. Lei l’amore lo incontra. Incontra Selby (Christina Ricci), che diverrà la sua ragione di vita. Dopo essere stata violentata e sodomizzata da un cliente, Aileen lo uccide, qui per legittima difesa. Tuttavia, questo trauma e la voglia di vivere la nuova relazione amorosa, porteranno la protagonista in un baratro. Selby vuole un determinato tenore di vita. Nessuno assume Aileen (once a prostitute, always a prostitute), che sarà costretta a prostituirsi nuovamente. Sarà l’inizio della fine. Nasce il “mostro”, un giustiziere che uccide i propri clienti, perché tutti “stupratori, pedofili, schifosi”. Il film non giustifica i crimini della Wuornos, ci da la possibilità “solo” di riscoprirci umani e di percepire la sottile linea che divide una bambina maltrattata e abusata, da una feroce serial killer. Il virtuosismo registico della Jenkins è strabiliante, basti pensare all’uso coordinato tra flusso di coscienza e musica, tra montaggio e svolgimento dei crimini\vita amorosa. C’è da dire che il vero cuore del film è Charlize Theron, che, di fatti, vinse l’Oscar nel 2004 per miglior attrice protagonista. Molti contestarono il premio, ritenendo che l’attrice lo avesse vinto solo per “essersi imbruttita”. Mi permetto di dissentire. Charlize Theron diventa Aileen, è una metamorfosi completa: è lei nei gesti, nell’accento, negli atteggiamenti, negli sguardi. Bisogna aggiungere che non tutti sanno che la piccola Charlize ha assistito in prima persona all’omicidio del padre, uomo alcolizzato e violento, ammazzato dalla mamma che tentava di difendere se stessa e la figlioletta. Lei, però, è stata scoperta. Forse è solo per puro fato che non si diventa Aileen, ma una modella e attrice di successo. Forse questa attrice\modella era l’unica a poter davvero interpretare e dare voce a colei che una voce non l’ha mai avuta.
Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.