L’ultimo GayPride della penisola, il BasilicataPride di Potenza, è subito saltato sull’onda mediatica dei social a causa di un momento di tensione interna.
Il tema affrontato è proprio quello della sobrietà, tanto strumentalizzato, fino ad ora, dalle destre.
Sebbene il gaypride non sia mai stato una sfilata porno, l’apparire esuberanti, finanche nudi, richiamarsi all’autodeterminazione sessuale, che il movimento LGBTI chiede sin dalla sua nascita, al proprio essere in quanto tale ed alla propria libertà individuale, spesso le peggiori critiche vengono dalle proprie fila.
Così come riporta gaynews.it, “[…]un pubblico appello di Morena Rapolla alla sobrietà e alla compostezza nello sfilare prima della partenza del Pride. Pronunciato dal palco, l’invito si è caricato d’indubbia connotazione politica sì da indurre Laura Maria Santonicola, vicepresidente di Rain Arcigay Caserta, Daniela Falanga, componente di Arcigay Napoli, e Ottavia Voza, componente della segreteria nazionale d’Arcigay con delega per le politiche e i diritti trans, a un gesto dal forte impatto provocatorio: mostrare i propri seni quale protesta a un messaggio compromettente il principio dell’autodeterminazione e 30 anni di rivendicazioni. Rivendicazioni contro una società sessista che vuole le persone omologate e schiave d’una non meglio precisata moralità.”
Fin qui potrebbe sembrare che l’appello alla “sobrietà” sia qualcosa di “apprezzabile”, fatto ad hoc per il quieto vivere lucano. Ebbene, forse proprio nel prossimo estratto possiamo capire il perché del gesto e, soprattutto, perché il pride ha fatto proprie le istanze dell’esuberanza, dell’esagerazione e della critica alla morale cattolica dominante, con gesti e costumi -ma anche senza- che turberebbero senz’altro proprio quel quieto vivere della borghese.
Nadia Girardi, presidente del comitato Arcigay di Potenza, ha infatti preso la parola per richiamare subito le manifestanti :«Questa non è un’esibizione. Vi prego. Vi chiedo questa cortesia perché l’amministrazione comunale ci ha appoggiato e io ci tengo a portare in alto il nome di Arcigay Basilicata. Anch’io sono vestita da drag queen ma non sono volgare. Vi prego perciò di non spogliarvi e di rimanere composti perché questa è la Potenza dell’Amore e non uno spogliarello».
Il primo Pride della storia fu fatto in una Manhattan bigotta, oppressiva, che tendeva a reprimere nel sangue il quieto vivere di chi non poteva arrogarsi il diritto di autodeterminare la propria sessualità con la propria posizione sociale.
E fu sempre qui che in molti poterono apprezzare due parti della comunità Ommosessuale: La prima, tendente alle mediazioni, agli accordi, all’indossare la cravatta per poter parlare coi burattini policici della classe dominante; la seconda, violenta, incline molto più alla lotta che alla richiesta di concessioni.
Fu soltanto grazie alla seconda “frangia” che il primo Pride della storia potè sfilare per New York. E sarà solo così che il pride potrà veramente chiamarsi Pride.
Alla comunità LGBTI non resta altro che lottare per i propri diritti, riappropriandosi di una coscienza di classe tale da far superare gli schieramenti interclassisti e le divisioni interne, col sol fine di unire la lotta per l’emancipazione sessuale a quella di emancipazione sociale, unico orizzonte in grado di dare una prospettiva rivoluzionaria per gli oppressi di tutto il mondo!
Abbandonare la conciliazione e le mediazioni. Ritornare al F.U.O.R.I.!
Sismic
Di seguito, il comunicato di Arci Gay
Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.