Riportiamo di seguito la lettera dell’Ufficio Politico del Partito Comunista d’Italia indirizzata alla direzione del partito comunista dell’Unione Sovietica, al cui interno si stava consumando la lotta spietata della burocrazia guidata da Stalin contro l’Opposizione Unificata (che aveva come massimi rappresentanti Lev Trotsky, Grigorij Zinv’ev e Lev Kamenv. A questa lettera, che Togliatti mai consegnò, seguì un carteggio tra Togliatti e Gramsci, autore della prima lettera per conto del partito.
Lettera al Comitato Centrale del Partito comunista sovietico
14 ottobre 1926
Cari compagni,
i comunisti italiani e tutti i lavoratori coscienti del nostro paese hanno sempre seguito con la massima attenzione le vostre discussioni. Alla vigilia di ogni congresso e di ogni conferenza del PCR noi eravamo sicuri che, nonostante l’asprezza delle polemiche, l’unità del Partito russo non era in pericolo; eravamo sicuri anzi che, avendo raggiunto una maggiore omogeneità ideologica e organizzativa attraverso tali discussioni, il Partito sarebbe stato meglio preparato ed attrezzato per superare le difficoltà molteplici che sono legate all’esercizio del potere di uno Stato operaio. Oggi, alla vigilia della vostra XV Conferenza, non abbiamo più la sicurezza del passato; ci sentiamo irresistibilmente angosciati; ci sembra che l’attuale atteggiamento del blocco di opposizioni e l’acutezza delle polemiche nel PC dell’URSS esigano l’intervento dei partiti fratelli. E’ da questo convincimento preciso che noi siamo mossi nel rivolgervi questa lettera. Può darsi che l’isolamento in cui il nostro Partito è costretto a vivere ci abbia indotto a esagerare i pericoli che si riferiscono alla situazione interna del Partito comunista dell’URSS; in ogni caso non sono certo esagerati i nostri giudizi sulle ripercussioni internazionali di questa situazione e noi vogliamo come internazionalisti compiere il nostro dovere.
La situazione interna del nostro Partito fratello dell’URSS ci sembra diversa e molto più grave che nelle precedenti discussioni perché oggi vediamo verificarsi e approfondirsi una scissione nel gruppo centrale leninista che è sempre stato il nucleo dirigente del Partito e dell’Internazionale. Una scissione di questo genere, indipendentemente dai risultati numerici delle votazioni di congresso, può avere le più gravi ripercussioni, non solo se la minoranza di opposizione non accetta con la massima lealtà i principi fondamentali della disciplina rivoluzionaria di Partito, ma anche se essa, nel condurre la sua lotta, oltrepassa certi limiti che sono superiori a tutte le democrazie formali [3].
Uno dei preziosi insegnamenti di Lenin è stato quello che noi dobbiamo molto studiare i giudizi dei nostri nemici di classe. Ebbene, cari compagni, è certo che i giornali e gli uomini di Stato più forti della borghesia internazionale puntano su questo carattere organico del conflitto esistente nel nucleo fondamentale del Partito comunista dell’URSS, puntano sulla scissione del nostro Partito fratello e sono convinti che essa debba portare alla disgregazione e alla lenta agonia della dittatura proletaria, che essa debba determinare la catastrofe della Rivoluzione che non riuscirono a determinare le invasioni e le insurrezioni delle guardie bianche. La stessa fredda circospezione con cui oggi la stampa borghese cerca di analizzare gli avvenimenti russi, il fatto che essa cerca di evitare, per quanto le è consentito, la demagogia violenta che le era più propria nel passato, sono sintomi che devono far riflettere i compagni russi e farli più consapevoli della loro responsabilità. Per un’altra ragione ancora la borghesia internazionale punta sulla possibile scissione o su un aggravarsi della crisi interna del Partito comunista dell’URSS. Lo Stato operaio esiste in Russia ormai da nove anni. È certo che solo una piccola minoranza non solo delle classi lavoratrici, ma degli stessi Partiti comunisti degli altri paesi è in grado di ricostituire nel suo complesso tutto lo sviluppo della Rivoluzione e di trovare anche nei dettagli di cui si compone la vita quotidiana dello Stato dei Soviet la continuità del filo rosso che porta fino alla prospettiva generale della costruzione del socialismo. E ciò non solo nei paesi dove la libertà di riunione non esiste più e la libertà di stampa è completamente soppressa o è sottoposta a limitazioni inaudite, come in Italia (dove i tribunali hanno sequestrato e proibito la stampa dei libri di Trotzkij, Lenin, Stalin, Zinoviev e ultimamente anche del Manifesto dei comunisti) anche nei paesi dove ancora i nostri Partiti hanno la libertà di fornire ai loro membri e alle masse in generale, una sufficiente documentazione. In questi paesi le grandi masse non possono comprendere le discussioni che avvengono nel Partito comunista dell’URSS, specialmente se esse sono così violente come l’attuale e investono non un aspetto di dettaglio, ma tutto il complesso della linea politica del Partito. Non solo le masse lavoratrici in generale, ma le stesse masse dei nostri Partiti vedono e vogliono vedere nella Repubblica dei Soviet e nel Partito che vi è al governo una sola unità di combattimento che lavora nella prospettiva generale del socialismo. Solo in quanto le masse occidentali europee vedono la Russia e il Partito russo da questo punto di vista, esse accettano volentieri e come un fatto storicamente necessario che il Partito comunista dell’URSS sia il partito dirigente dell’Internazionale, solo perciò oggi la Repubblica dei Soviet ed il Partito comunista dell’URSS sono un formidabile elemento di organizzazione e di propulsione rivoluzionaria.
I partiti borghesi e socialdemocratici, per la stessa ragione, sfruttano le polemiche interne e i conflitti esistenti nel Partito comunista dell’URSS; essi vogliono lottare contro questa influenza della Rivoluzione russa, contro l’unità rivoluzionaria che intorno al Partito comunista dell’URSS si sta costituendo in tutto il mondo. Cari compagni, è estremamente significativo che in un paese come l’Italia, dove l’organizzazione statale e di partito del fascismo riesce a soffocare ogni notevole manifestazione di vita autonoma delle grandi masse operaie e contadine, è significativo che i giornali fascisti, specialmente quelli delle Provincie, siano pieni di articoli, tecnicamente ben costruiti per la propaganda, con un minimo di demagogia e di atteggiamenti ingiuriosi, nei quali si cerca di dimostrare, con uno sforzo evidente di obiettività, che oramai, per le stesse manifestazioni dei leaders più noti del blocco della opposizione del Partito comunista dell’URSS, lo Stato dei Soviet va sicuramente diventando un puro Stato capitalistico e che pertanto nel duello mondiale tra fascismo e bolscevismo, il fascismo avrà il sopravvento. Questa campagna, se dimostra quanto siano ancora smisurate le simpatie che la Repubblica dei Soviet gode in mezzo alle grandi masse del popolo italiano che, in alcune regioni, da sei anni, non riceve che una scarsa letteratura illegale di Partito, dimostra altresì come il fascismo, che conosce molto bene la reale situazione interna italiana, e ha imparato a trattare con le masse, cerchi di utilizzare l’atteggiamento politico del blocco delle opposizioni per spezzare definitivamente la ferma avversione dei lavoratori al governo di Mussolini e per determinare almeno uno stato d’animo in cui il fascismo appaia almeno come una ineluttabile necessità storica, nonostante la crudeltà e i mali che l’accompagnano.
Noi crediamo che nel quadro dell’Internazionale, il nostro Partito sia quello che più risente le ripercussioni della grave situazione esistente nel Partito comunista dell’URSS. E non solo per le ragioni su esposte che, per così dire, sono esterne, toccano le condizioni generali dello sviluppo rivoluzionario nel nostro paese. Voi sapete che i partiti tutti dell’Internazionale hanno ereditato e dalla vecchia socialdemocrazia e dalle diverse tradizioni nazionali esistenti nei diversi paesi (anarchismo, sindacalismo, ecc. ecc.) una massa di pregiudizi e di motivi ideologici che rappresentano il focolare di tutte le deviazioni di destra e di sinistra. In questi ultimi anni, ma specialmente dopo il V Congresso mondiale, i nostri Partiti andavano raggiungendo, attraverso una dolorosa esperienza, attraverso crisi faticose ed estenuanti, una sicura stabilizzazione leninista, stavano diventando dei veri Partiti bolscevichi. Nuovi quadri proletari venivano formandosi dal basso, dalle officine; gli elementi intellettuali erano sottoposti a una rigorosa selezione e a un collaudo rigido e spietato in base al lavoro pratico, sul terreno dell’azione. Questa rielaborazione avveniva sotto la guida del Partito comunista dell’URSS nel suo complesso unitario e di tutti i grandi capi del Partito dell’URSS. Ebbene: l’acutezza della crisi attuale e la minaccia di scissione aperta o latente che essa contiene, arresta questo processo di sviluppo e di rielaborazione dei nostri Partiti, cristallizza le deviazioni di destra e di sinistra, allontana ancora una volta il successo dell’unità organica del Partito mondiale dei lavoratori. E’ su questo elemento in ispecial modo che noi crediamo nostro dovere di internazionalisti di richiamare l’attenzione dei compagni più responsabili del Partito comunista dell’URSS. Compagni, voi siete stati, in questi nove anni di storia mondiale, l’elemento organizzatore e propulsore delle forze rivoluzionarie di tutti i paesi: la funzione che voi avete svolto non ha precedenti in tutta la storia del genere umano che la uguagli in ampiezza e profondità. Ma voi oggi state distruggendo l’opera vostra, voi degradate e correte il rischio di annullare la funzione dirigente che il Partito comunista dell’URSS aveva conquistato per l’impulso di Lenin; ci pare che la passione violenta delle quistioni russe vi faccia perdere di vista gli aspetti internazionali delle quistioni russe stesse, vi faccia dimenticare che i vostri doveri di militanti russi possono e debbono essere adempiuti solo nel quadro degli interessi del proletariato internazionale.
L’Ufficio politico del PCI ha studiato con la maggiore diligenza e attenzione che le erano consentite, tutti i problemi che oggi sono in discussione nel Partito comunista dell’URSS. Le quistioni che oggi si pongono a voi, possono porsi domani al nostro Partito. Anche nel nostro paese le masse rurali sono la maggioranza della popolazione lavoratrice. Inoltre tutti i problemi inerenti all’egemonia del proletariato si presenteranno da noi certamente in una forma più complessa ed acuta che nella stessa Russia, perché la densità della popolazione rurale in Italia è enormemente più grande, perché i nostri contadini hanno una ricchissima tradizione organizzativa e sono sempre riusciti a far sentire molto sensibilmente il loro peso specifico di massa nella vita politica nazionale, perché da noi l’apparato organizzativo ecclesiastico ha duemila anni di tradizione e si è specializzato nella propaganda e nell’organizzazione dei contadini in un modo che non ha uguali negli altri paesi. Se è vero che l’industria è più sviluppata da noi e il proletariato ha una base materiale notevole, è anche vero che quest’industria non ha materie prime nel paese ed è quindi più esposta alla crisi; il proletariato perciò potrà svolgere la sua funzione dirigente solo se è molto ricco di spirito di sacrificio e si è liberato completamente da ogni residuo di corporativismo riformista o sindacalista. Da questo punto di vista realistico e che noi crediamo leninista, l’Ufficio politico del PCI ha studiato le vostre discussioni. Noi, finora abbiamo espresso un’opinione di Partito solo sulla quistione strettamente disciplinare delle frazioni, volendoci attenere all’invito da voi rivolto dopo il vostro XIV Congresso [4] di non trasportare la discussione russa nelle sezioni dell’Internazionale. Dichiariamo ora che riteniamo fondamentalmente giusta la linea politica della maggioranza del CC del Partito comunista dell’URSS e che in tal senso certamente si pronunzierà la maggioranza del Partito italiano, se diverrà necessario porre tutta la questione. Non vogliamo e riteniamo inutile fare dell’agitazione, della propaganda con voi e coi compagni del blocco delle opposizioni. Non stenderemo perciò un registro di tutte le quistioni particolari col nostro apprezzamento a fianco. Ripetiamo che ci impressiona il fatto che l’atteggiamento delle opposizioni investa tutta la linea politica del CC toccando il cuore stesso della dottrina leninista e dell’azione politica del nostro Partito dell’Unione. E’ il principio e la pratica dell’egemonia del proletariato che vengono posti in discussione, sono i rapporti fondamentali di alleanza tra operai e contadini che vengono turbati e messi in pericolo, cioè i pilastri dello Stato operaio e della Rivoluzione. Compagni, non si è mai visto nella storia che una classe dominante, nel suo complesso, stesse in condizioni di vita inferiori a determinati elementi e strati della classe dominata e soggetta. Questa contraddizione inaudita la storia l’ha riserbata in sorte al proletariato; in questa contraddizione risiedono i maggiori pericoli per la dittatura del proletariato, specialmente nei paesi dove il capitalismo non aveva assunto un grande sviluppo e non era riuscito a unificare le forze produttive. E’ da questa contraddizione, che, d’altronde, si presenta già sotto alcuni suoi aspetti nei paesi capitalistici dove il proletariato ha raggiunto obiettivamente una funzione sociale elevata, che nascono il riformismo e il sindacalismo, che nasce lo spirito corporativo e le stratificazioni dell’aristocrazia operaia. Eppure il proletariato non può diventare classe dominante se non supera col sacrificio degli interessi corporativi questa contraddizione, non può mantenere la sua egemonia e la sua dittatura se anche divenuto dominante non sacrifica questi interessi immediati per gli interessi generali e permanenti della classe. Certo è facile fare della demagogia su questo terreno, è facile insistere sui lati negativi della contraddizione: «Sei tu il dominatore, o operaio mal vestito e mal nutrito, oppure è dominatore il nepman[5] impellicciato e che ha a sua disposizione tutti i beni della terra?». Così i riformisti dopo uno sciopero rivoluzionario che ha aumentato la coesione e la disciplina della massa, ma con la sua lunga durata ha impoverito ancor più i singoli operai dicono: «A che pro aver lottato? Vi siete rovinati e impoveriti!». E’ facile fare della demagogia su questo terreno ed è difficile non farla quando la quistione è stata posta nei termini dello spirito corporativo e non in quelli del leninismo, della dottrina della egemonia del proletariato, che storicamente si trova in una determinata posizione e non in un’altra.
E’ questo per noi l’elemento essenziale delle vostre discussioni, è in questo elemento la radice degli errori del blocco delle opposizioni e l’origine dei pericoli latenti che nella sua attività sono contenuti. Nella ideologia e nella pratica del blocco delle opposizioni rinasce in pieno tutta la tradizione della socialdemocrazia e del sindacalismo, che ha impedito finora al proletariato occidentale di organizzarsi in classe dirigente.
Solo una ferma unità e una ferma disciplina nel Partito che governa lo Stato operaio può assicurare l’egemonia proletaria in regime di Nep, cioè nel pieno sviluppo della contraddizione cui abbiamo accennato. Ma l’unità e la disciplina in questo caso non possono essere meccaniche e coatte; devono essere leali e di convinzione e non quelle di un reparto nemico imprigionato o assediato che pensa all’evasione o alla sortita di sorpresa.
Questo, carissimi compagni, abbiamo voluto dirvi, con spirito di fratelli e di amici, sia pure di fratelli minori. I compagni Zinoviev, Trotzkij, Kamenev hanno contribuito potentemente a educarci per la rivoluzione, ci hanno qualche volta corretto molto energicamente e severamente, sono stati fra i nostri maestri. A loro specialmente ci rivolgiamo come ai maggiori responsabili della attuale situazione, perché vogliamo essere sicuri che la maggioranza del CC dell’URSS non intenda stravincere nella lotta e sia disposta ad evitare le misure eccessive. L’unità del nostro Partito fratello di Russia è necessaria per lo sviluppo e il trionfo delle forze rivoluzionarie mondiali; a questa necessità ogni comunista e internazionalista deve essere disposto a fare maggiori sacrifici. I danni di un errore compiuto dal Partito unito sono facilmente superabili; i danni di una scissione o di una prolungata condizione di scissione latente possono essere irreparabili e mortali.
Con saluti comunisti,
L’Ufficio Politico del PCd’I
Risposta personale di Togliatti alla lettera redatta da Gramsci
18 ottobre 1926
Carissimo Antonio,
la presente per esporvi, assai brevemente, la mia opinione sulla lettera dell’ufficio politico del partito comunista italiano al comitato centrale del partito comunista dell’Urss. Non sono d’accordo con questa lettera, per alcuni motivi, che ti indico molto schematicamente.
1. Il difetto essenziale della lettera consiste nella sua impostazione. Al primo piano è posto il fatto della scissione che ha avuto luogo nel gruppo dirigente del partito comunista dell’Unione e solo in un secondo piano viene posto il problema della giustezza o meno della linea che viene seguita dalla maggioranza del comitato centrale. Questo procedimento è caratteristico del modo come molti compagni dei partiti occidentali considerano e giudicano i problemi del partito comunista dell’Unione, ma non corrisponde a una esatta impostazione di questi problemi. Non vi è dubbio che l’unità del gruppo dirigente del partito comunista russo ha un valore non comparabile con il valore che ha l’unità dei gruppi dirigenti di altri partiti. Questo valore deriva dal compito storico che è spettato a questo gruppo nella costituzione della Internazionale. Esso però per quanto sia grande non ci deve portare a giudicare le questioni del partito comunista russo in base a una linea diversa dalla linea dei principi e delle posizioni politiche. Il pericolo insito nella posizione che viene presa nella vostra lettera è grande per il fatto che, probabilmente, d’ora in poi, l’unità della vecchia guardia leninista non sarà più o sarà assai difficilmente realizzata in modo continuo. Nel passato il più grande fattore di questa unità era dato dall’enorme prestigio e dalla autorità personale di Lenin. Questo elemento non può essere sostituito. La linea del partito sarà fissata attraverso discussioni e dibattiti. Noi dobbiamo abituarci a tenere i nervi a posto e a farli tenere a posto ai compagni della base. E dobbiamo iniziare noi stessi e i militanti del partito alla conoscenza dei problemi russi in modo da poterli giudicare seguendo la linea dei principi e delle posizioni politiche. In questo studio delle questioni russe e non nell’appello alla unità del gruppo dirigente consiste l’aiuto che devono dare al partito comunista russo gli altri partiti dell’Internazionale. Giusto è quindi quanto voi dite sulla necessità di un intervento di questi partiti nel contrasto tra comitato centrale e opposizione, ma questo intervento non può avere luogo che nella forma di un contributo, sulla base della nostra esperienza rivoluzionaria, a fissare e confermare la esatta linea leninista nella soluzione dei problemi russi.
Se il nostro intervento ha un altro punto di partenza, vi è il pericolo che esso non sia utile, ma dannoso.
2. La conseguenza di questo errato punto di partenza si ha nel fatto che nella prima metà della vostra lettera, quella appunto in cui si espongono le conseguenze che può avere sul movimento occidentale una scissione del partito russo (e del suo nucleo dirigente), voi parlate indifferentemente di tutti i compagni dirigenti russi, cioè voi non fate nessuna distinzione tra i compagni che sono a capo del comitato centrale e i capi dell’opposizione.
A pagina due delle cartelle scritte da Antonio si invitano i compagni russi «a riflettere e a essere più consapevoli delle loro responsabilità». Non vi è nessun accenno a una distinzione tra di essi.
A pagina 6 si dice:
«E’ su questo elemento in ispecial modo che noi crediamo nostro dovere di internazionalisti richiamare l’attenzione dei compagni più responsabili del partito comunista dell’Urss. Compagni, voi siete stati in questi nove anni di storia mondiale l’elemento organizzatore e propulsore delle forze rivoluzionarie di tutti i paesi; la funzione che voi avete svolto non ha precedenti in tutta la storia del genere umano che la uguagli in ampiezza e profondità. Ma voi oggi state distruggendo l’opera vostra, voi degradate e correte il rischio di annullare la funzione dirigente che il partito comunista dell’Urss aveva conquistato per l’impulso di Lenin; ci pare che la passione violenta delle quistioni russe vi faccia perdere di vista gli aspetti internazionali delle quistioni russe stesse, vi faccia dimenticare che i vostri doveri di militanti russi possono e debbono essere adempiuti solo nel quadro degli interessi del proletariato internazionale».
Anche qui, manca ogni sia pur lontana distinzione. Non si può concludere se non che l’ufficio politico del partito comunista italiano considera che tutti siano responsabili, tutti da richiamare all’ordine.
È vero che nella chiusa della lettera questo atteggiamento viene corretto. Si dice che Zinov’ev, Kamenev e Trockij sono i «maggiori» responsabili e si aggiunge:
«Vogliamo essere sicuri che la maggioranza del comitato centrale del partito comunista dell’Urss non intenda stravincere nella lotta e sia disposta a evitare le misure eccessive».
L’espressione «vogliamo credere» ha un valore di limitazione, cioè con essa si vuol dire che non si è sicuri.
Ora, a parte ogni considerazione sulla opportunità di intervenire nell’attuale dibattito russo attribuendo un po’ di torto anche al comitato centrale, a parte il fatto che una simile posizione non può che risolversi a totale della opposizione, a parte queste considerazioni di opportunità, si può affermare che un po’ di torto sia del comitato centrale? Non credo. Stanno a provarlo i tentativi fatti prima del XIV congresso per venire a un accordo e, ciò che più importa, sta a provarlo la politica seguita dopo il XIV congresso, che fu prudente e a cui non si può far colpa in nessun modo di essere una politica condotta alla cieca in una direzione. Quanto alla vita interna del partito, la centrale russa non è più responsabile della discussione, del frazionismo della opposizione, della acuità della crisi, ecc. di quanto non fossimo responsabili noi, centrale italiana, del frazionismo di Bordiga, della costituzione e della attività del comitato di intesa ecc. Vi è senza dubbio un rigore, nella vita interna del partito comunista dell’Unione. Ma vi deve essere. Se i partiti occidentali volessero intervenire presso il gruppo dirigente per far scomparire questo rigore, essi commetterebbero un errore assai grave. Realmente in questo caso potrebbe essere compromessa la dittatura del proletariato.
Ritengo quindi che la prima metà della vostra lettera e le espressioni conclusive che a essa si collegano sono politicamente un errore. Questo errore guasta ciò che nella lettera (e anche nella sua prima parte) vi è di buono.
Ancora una osservazione su questo punto. E giusto che i partiti esteri vedano con preoccupazione un acuirsi della crisi del partito comunista russo, ed è giusto che cerchino per quanto sta in loro di renderla meno acuta. E però certo che, quando si è d’accordo con la linea del comitato centrale, il miglior modo di contribuire a superare la crisi è di esprimere la propria adesione a questa linea senza porre nessuna limitazione. Se l’opposizione russa non avesse contato sull’appoggio di alcuni gruppi di opposizione, o di interi partiti della Internazionale, essa non avrebbe tenuto l’atteggiamento che ha tenuto dopo il XIV congresso. L’esperienza dimostra che l’opposizione utilizza le minime oscillazioni che si rendono evidenti anche nel giudizio di gruppi e di partiti che si sa essere concordi con il comitato centrale.
3. Nel passaggio che ho citato sopra in cui si richiamano i compagni russi alla loro responsabilità, si dice che essi perdono di vista gli aspetti internazionali delle questioni russe. In questa affermazione si perde di vista che dopo il XIV congresso la discussione russa si è spostata dai problemi prevalentemente russi a quelli internazionali. La dimenticanza di questo fatto spiega come nella lettera non si accenni a questi problemi internazionali ed è questo un terzo grave difetto.
4. La vostra lettera è troppo ottimista quando parla della bolscevizzazione che si veniva compiendo dopo il V congresso, e sembra che voi attribuiate solo alla discussione russa l’arresto del processo di consolidamento dei partiti comunisti. Anche qui vi è una limitazione di giudizio e un errore di valutazione. Bisogna riconoscere da una parte che la solidità bolscevica di alcuni dei gruppi dirigenti posti alla testa dei nostri partiti dal V congresso era del tutto esteriore (Francia, Germania, Polonia), per cui le crisi successive erano inevitabili. In secondo luogo poi bisogna riconoscere che queste crisi sono legate assai più che con la discussione russa, con il mutamento della situazione oggettiva e con la ripercussione di essa in seno all’avanguardia della classe operaia. Anche la crisi russa è legata a questo mutamento, allo stesso modo del resto di tutte le precedenti crisi e discussioni, e in particolare, ad esempio, quella che fu chiusa dal decimo congresso e che ha con la presente la più grande analogia.
5. La lettera è troppo pessimista, invece, non solo circa le conseguenze della discussione russa, ma in generale circa le capacità della avanguardia proletaria a comprendere quale è la linea del partito comunista russo e a farla comprendere alle masse operaie. Per questo voi sopravvalutate le dannose conseguenze della discussione russa in seno al proletariato occidentale e il vostro pessimismo dà l’impressione che voi riteniate non del tutto giusta la linea del partito. Se questa linea è giusta e corrispondente alle condizioni oggettive, noi dobbiamo essere in grado di farne comprendere alle masse il valore e dobbiamo anche essere in grado di tener raccolte le masse attorno alla Russia e al partito bolscevico nonostante le discussioni. Attraverso discussioni e scissioni il partito bolscevico riuscì a conquistare la direzione del proletariato russo. Mi pare che voi oggi intendiate la funzione storica del partito russo e della rivoluzione russa in un modo esteriore. Non è tanto la unità del gruppo dirigente (che poi non è mai stata una cosa assoluta) che ha fatto del partito russo l’organizzatore e il propulsore del movimento rivoluzionario mondiale del dopoguerra, quanto piuttosto il fatto che il partito russo ha portato la classe operaia a conquistare il potere e a mantenersi al potere. La linea attuale del partito lo condanna si o no a venir meno a questo suo compito storico? In questo modo deve essere posta la questione della posizione del partito russo nel movimento operaio internazionale, se non si vuole cadere diritto nei ragionamenti della opposizione.
Queste sono solo alcune osservazioni fatte in fretta. Ma sono, credo, le fondamentali. Fammi conoscere il tuo pensiero in proposito.
Replica di Gramsci a Togliatti
26 ottobre 1926
Carissimo Ercoli,
ho ricevuto la tua lettera del 18. Rispondo a titolo personale, quantunque sia persuaso di esprimere l’opinione anche degli altri compagni.
La tua lettera mi pare troppo astratta e troppo schematica nel modo di ragionare. Noi siamo partiti dal punto di vista che mi pare esatto, che nei nostri paesi non esistono solo i partiti, intesi come organizzazione tecnica, ma esistono anche le grandi masse lavoratrici, politicamente stratificate in modo contraddittorio, ma nel loro complesso tendenti all’unità. Uno degli elementi più energici di questo processo unitario è l’esistenza dell’URSS legata all’attività reale del partito comunista dell’URSS e alla persuasione diffusa che nell’URSS si cammina nella via del socialismo. In quanto i nostri partiti rappresentano tutto il complesso attivo dell’URSS essi hanno una determinata influenza su tutti gli strati politici della grande massa, ne rappresentano la tendenza unitaria, si muovono su un terreno storico fondamentalmente favorevole, nonostante le super-strutture contraddittorie.
Ma non bisogna credere che questo elemento che fa del partito comunista dell’URSS l’organizzatore di masse più potente che sia mai apparso nella storia, sia ormai acquisito in forma stabile e decisiva: tutt’altro. Esso è sempre instabile. Cosi non bisogna dimenticare che la rivoluzione russa ha già nove anni di esistenza e che la sua attuale attività è un insieme di azioni parziali e di atti di governo che solo una coscienza teorica e politica molto sviluppata può cogliere come insieme e nel suo movimento d’insieme verso il socialismo. Non solo per le grandi masse lavoratrici, ma anche per una notevole parte degli iscritti ai partiti occidentali, che si differenziano dalle masse solo per questo passo, radicale ma iniziale verso una coscienza sviluppata che è l’ingresso nel partito, il movimento d’insieme della rivoluzione russa è rappresentato concretamente dal fatto che il partito russo si muove unitariamente, che insieme operano e si muovono gli uomini rappresentativi che le nostre masse conoscono e sono abituate a conoscere. La quistione dell’unità, non solo del partito russo ma anche del nucleo leninista, è pertanto una quistione della massima importanza nel campo internazionale; è, dal punto di vista di massa, la quistione più importante in questo periodo storico di intensificato processo contraddittorio verso l’unità.
È’ possibile e probabile che l’unità non possa essere conservata almeno nella forma che essa ha avuto nel passato. E’ anche certo che tuttavia non crollerà il mondo e che occorre far di tutto per preparare i compagni e le masse alla nuova situazione. Ciò non toglie che sia nostro dovere assoluto richiamare alla coscienza politica dei compagni russi e richiamare energicamente, i pericoli e le debolezze che i loro atteggiamenti stanno per determinare. Saremmo dei rivoluzionari ben pietosi e irresponsabili se lasciassimo passivamente compiersi i fatti compiuti, giustificandone a priori la necessità.
Che l’adempimento di un tale dovere da parte nostra possa, in via subordinata, giovare anche all’opposizione, deve preoccuparci fino ad un certo punto, infatti è nostro scopo contribuire al mantenimento e alla creazione di un piano unitario nel quale le diverse tendenze e le diverse personalità possano riavvicinarsi e fondersi anche ideologicamente. Ma io non credo che nella nostra lettera, la quale evidentemente deve essere letta nel suo insieme e non già a brani staccati e avulsi, ci sia un qualsiasi pericolo di indebolire la posizione della maggioranza del comitato centrale. In ogni caso, appunto in vista di ciò e della possibilità di una tale apparenza, in una lettera aggiunta ti avevo autorizzato a modificare la forma: potevi benissimo posporre le due parti e mettere subito nell’inizio la nostra affermazione di «responsabilità» dell’opposizione. Questo tuo modo di ragionare perciò mi ha fatto una impressione penosissima.
E voglio dirti che in noi non c’è ombra alcuna di allarmismo, ma solo ponderata e fredda riflessione. Siamo sicuri che in nessun caso crollerà il mondo: ma sarebbe stolto muoversi solo se sta per crollare il mondo, mi pare. Nessuna frase fatta perciò ci smuoverà dalla persuasione di essere nella linea giusta, nella linea leninista per il modo di considerare le quistioni russe. La linea leninista consiste nel lottare per la unità del partito, e non solo per la unità esteriore, ma per quella un po’ più intima che consiste nel non esserci nel partito due linee politiche completamente divergenti in tutte le quistioni. Non solo nei nostri paesi, per ciò che riguarda la direzione ideologica e politica dell’Internazionale, ma anche in Russia, per ciò che riguarda l’egemonia del proletariato e cioè il contenuto sociale dello Stato, l’unità del partito è condizione esistenziale.
Tu fai una confusione tra gli aspetti internazionali della quistione russa che sono un riflesso del fatto storico del legame delle masse lavoratrici col primo stato socialista, e i problemi di organizzazione internazionale nel terreno sindacale e politico. I due ordini di fatti sono coordinati strettamente ma tuttavia distinti. Le difficoltà che si incontrano e si sono andate costituendo nel campo più ristretto organizzativo, sono dipendenti dalle fluttuazioni che si verificano nel più largo campo dell’ideologia diffusa di massa, cioè dal restringersi dell’influenza e del prestigio del partito russo in alcune zone popolari. Per metodo noi abbiamo voluto parlare solo degli aspetti più generali: abbiamo voluto evitare di cadere nell’imparaticcio scolastico che purtroppo affiora in alcuni documenti di altri partiti e toglie serietà al loro intervento.
Cosi non è vero, come tu dici, che noi siamo troppo ottimisti sulla bolscevizzazione reale dei partiti occidentali. Tutt’altro. Il processo di bolscevizzazione è talmente lento e difficile che ogni anche più piccolo inciampo lo arresta e lo ritarda. La discussione russa e l’ideologia delle opposizioni gioca in questo arresto e ritardo un uffizio tanto più grande, in quanto le opposizioni rappresentano in Russia tutti i vecchi pregiudizi del corporativismo di classe e del sindacalismo che pesano sulla tradizione del proletariato occidentale e ne ritardano lo sviluppo ideologico e politico. La nostra osservazione era tutta rivolta contro le opposizioni. E’ vero che le crisi dei partiti e anche del partito russo sono legate alla situazione obiettiva, ma cosa significa ciò? Forse che per ciò dobbiamo cessare di lottare, dobbiamo cessare di sforzarci per modificare favorevolmente gli elementi soggettivi? Il bolscevismo consiste precisamente anche nel mantenere la testa a posto e nell’essere ideologicamente e politicamente fermi anche nelle situazioni difficili. La tua osservazione è dunque inerte e priva di valore, così come quella contenuta al punto 5, poiché noi abbiamo parlato delle grandi masse e non già dell’avanguardia proletaria. Subordinatamente, però, la difficoltà esiste anche per questa, la quale non è campata per aria ma unita alla massa: ed esiste tanto più, in quanto il riformismo con le sue tendenze al corporativismo di classe, cioè alla non comprensione del ruolo dirigente dell’avanguardia, ruolo da conservarsi anche a costo di sacrifizi, è molto più radicato nell’occidente di quanto fosse in Russia. Tu dimentichi poi facilmente le condizioni tecniche in cui si svolge il lavoro in molti partiti, che non permettono la diffusione delle quistioni teoriche più elevate altro che in piccole cerchie di operai. Tutto il tuo ragionamento è viziato di «burocratismo»: oggi, dopo nove anni dall’ottobre 1917, non è più il fatto della presa del potere da parte dei bolscevichi che può rivoluzionare le masse occidentali, perché esso è già stato scontato ed ha prodotto i suoi effetti; oggi è attiva, ideologicamente e politicamente, la persuasione (se esiste) che il proletariato, una volta preso il potere, può costruire il socialismo. L’autorità del partito è legata a questa persuasione, che non può essere inculcata nelle grandi masse con metodi di pedagogia scolastica, ma solo di pedagogia rivoluzionaria, cioè solo dal fatto politico che il partito russo nel suo complesso è persuaso e lotta unitariamente.
Mi dispiace sinceramente che la nostra lettera non sia stata capita da te, in primo luogo, e che tu, sulla traccia del mio biglietto personale, non abbia in ogni caso cercato di capir meglio: la nostra lettera era tutta una riquisitoria contro le opposizioni, fatta non in termini demagogici ma appunto perciò più efficace e più seria. Ti prego di allegare agli atti, oltre il testo italiano della lettera e il mio biglietto personale, anche la presente.
Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.