In seguito agli sgomberi delle case popolari occupate a Bologna in Via Gandusio e dell’occupazione a Roma in zona Cinecittà, pubblichiamo una riflessione di un giovane lavoratore sul bisogno di avere un tetto sopra la testa e su come questo bisogno, quando risolto con le occupazioni, venga affrontato dallo Stato con la forza bruta della repressione.

Ho sentito e letto commenti di persone, che reputano giusto l’uso della forza da parte della polizia per lo sgombero di giovedì 10 agosto in Via Quintavalle a Roma. Si tratta di cento famiglie, duecentocinquanta persone in tutto, tra cui anche minori, che per gravi motivi economici hanno occupato uno stabile ormai in disuso, lasciato come tante altre palazzine di tutto il nostro paese al degrado e all’abbandono. Penso con tutta sincerità che se le persone occupano uno stabile è perché hanno bisogno di un tetto per ripararsi, se queste persone sono cento, mille, un milione è perché la situazione dei lavoratori, dei disoccupati è al limite, ammesso e non concesso che questo limite non sia già stato superato tempo fa.

Giudico illogico il comportamento di uno Stato che usa la forza per buttare senza umanità intere famiglie in mezzo ad una strada, rendendo chiaro che la legge dello Stato, è la legge dei padroni. È una legge che giustifica e protegge con ogni mezzo la proprietà privata, ma attenzione, non la proprietà privata di un’operaio (come può essere, ad esempio, casa sua), ma la proprietà privata dei padroni: siano palazzine o fabbriche, tutti i luoghi privati con cui, grazie allo sfruttamento, il borghese, accresce il proprio capitale.

Di fronte a tali ingiustizie e soprusi non riesco a pensare ad altro se non che lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è vigliacco e ingiustificabile e solo da abbattere.
Rifletto pensando: ci hanno fatto credere che fosse giusto accontentarsi dei soldi che ci vengono dati dal padrone per potersi permettere una casa. Con i soldi che ci vengono dati alla fine del mese,(sempre se non ritardano con i pagamenti), siamo costretti a pagarci un affitto o un mutuo, quindi dovremo indebitarci per un medio o per un lungo periodo, per riuscire a comprarci questa “benedetta” casa. Non dimentichiamo che le banche non prestano cento, per poi ridarci cento, il rapporto tra le cifre sarebbe uno a uno, ma no, sarebbe meraviglioso! Vogliono un anticipo della somma che hai chiesto, poi gli interessi su quello che ti hanno prestato, rendendo difficile se non impossibile per molti lavoratori permettersi una casa.

Tornando agli occupanti di via Quintavalle e di tante altre città, la possibilità per loro non esiste di comprarsela una casa, non hanno a volte neanche un lavoro queste persone. La cosa che più fa rabbia, a me come lavoratore, persona umana, cosciente di questo sudbolo gioco è che alcuni lavoratori come me possono arrivare a credere che sia giusto perché frutto di un’azione legale lasciare senza un tetto, un bambino una donna, un operaio come loro.
Non capiscono tanti lavoratori, che giustizia non è sinonimo di legalità, lo Stato sottoscrive leggi sempre in funzione degli interessi capitalistici. Lo Stato serve ai padroni per fare leggi che vanno a peggiorare le tutele conquistate sul lavoro. Lo Stato attraverso le leggi costruisce un’etica per indirizzare il comportamento delle singole persone verso il proprio interesse economico lavorativo, ma soprattutto, verso la tutela dell’interesse economico affaristico della classe capitalista.

Di Vanja