Nemici e alleati. Le potenze capitalistiche riunite al Consiglio delle Nazioni Unite (ONU) hanno votato all’unanimità le sanzioni economiche contro Pyongyang. Per effetto del decreto la Cina interromperà con effetto immediato l’import di carbone, ferro, piombo e prodotti alimentari; impedisce, in più, ai paesi membri di commerciare per un giro economico di 1 miliardo di dollari. La Corea del Nord non potrà, inoltre, esportare capitali all’estero.
Una manovra eclatante che destabilizzerà l’economia del nordcorea al fine di rovesciarne il governo. Gli Stati imperialisti sanno bene che per indebolire Kim Jong-Un devono puntare a far crollare la sua economia.
La Cina, principale fonte di esportazioni per la Corea del Nord, ha preferito salvaguardare le sue relazioni diplomatico economiche con gli USA e il loro mercato, come un qualsiasi paese capitalistico.
L’economia coreana potrebbe collassare per l’effetto dell’embargo votato, scaricandone i costi sulla classe operaia del paese. Il carbone esportato in Cina rappresenta il 40% delle esportazioni totali del paese. 600.000 tonnellate sono ferme ad oggi nei porti coreani e complessivamente ce ne sono 2 milioni in tutti i porti cinesi.
Già da febbraio la Cina ha importato 427.000 tonnellate di carbone dagli USA per un affare di 81 milioni di dollari.
Questi nuovi accordi economico-politici sono propedeutici per l’esportazione di capitali all’estero della Cina e per il suo avanzamento in campo militare. Ad oggi, la Cina ha un imponente esercito, ma ancora inferiore a quello della principale potenza imperialista del mondo, gli USA.
La trasformazione della Cina in un paese di tipo imperialista è una tendenza quasi completata e confermata dalla sua politica finanziaria e di esportazione di capitali nel mondo, nonchè dalla sua politica di potenza, con l’apertura di una sua prima base militare all’estero, a Gibuti, un paese dell’Africa logisticamente strategico per espandere la sua politica di dominio economico e politico in Eritrea, Somalia ed Etiopia.
L’embargo alla Corea del Nord votato anche dalla Cina è soltanto l’ennesima dimostrazione empirica del fatto che in quel paese non vi sia alcun socialismo, ma una società tipicamente capitalistica e in proiezione imperialista.
Un atto politico che pone ancora una volta alla storia il problema della burocrazia a capo di uno Stato nato da una rivoluzione e del misero fallimento della teoria del socialismo in un solo paese.
Douglas Mortimer
Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.