Nella polemica sull’accoglienza dei migranti, la destra reazionaria e la borghesia liberale ripetono un ritornello tanto stonato quanto ingannevole ed ipocrita: “AIUTIAMOLI A CASA LORO”.

È questa la nuova dottrina che riecheggia sui media, è questo il martellante annuncio che veicolano le TV razziste.

Da secoli tanto gli Stati borghesi quanto che quelli monarchici hanno trovato il sistema di “aiutare” le popolazioni del terzo mondo a casa loro.

Questi aiuti si sono concretizzati in atti di schiavizzazione, occupazione, sterminio di massa e furto delle numerose ed importantissime materie prime presenti in quei territori.

Il primo “soccorso” a queste popolazioni, ed in particolare a quelle africane, fu dato con la tratta degli schiavi che si protrasse dal XVI al XIX secolo. Si stima che circa 9/15 milioni di africani furono deportati in America e costretti a lavorare nelle piantagioni di caffè, tabacco, zucchero, cotone ecc. Nelle continue traversate atlantiche morirono durante il viaggio circa 2 milioni di individui. Le donne venivano utilizzate oltre che nei lavori domestici e nel lavoro dei campi anche come bestie da riproduzione e molto spesso per gli appetiti sessuali dei commercianti e dei proprietari terrieri e fatto uso di violenze sessuali già dalla tenera età di dodici o tredici anni.

Mentre furono 17 milioni gli africani resi schiavi nell’impero ottomano e circa 14 milioni quelli da parte di altri africani.

“Il viaggio degli schiavi iniziava nell’interno dell’Africa dove i commercianti o intermediari negrieri catturavano o acquistavano gli indigeni da semplici rapitori o monarchi africani (che li avevano ridotti in schiavitù per punizione o nel corso di guerre locali). Iniziava il viaggio a piedi, talvolta in canoa, verso la costa. Durante la marcia (nota come coffle dal nome dei ceppi con cui venivano legati a gruppi di 30 o 40) erano costretti a portare sulla testa oggetti come pacchi, fasci di zanne di elefante, mais, pelli o otri pieni d’acqua. Il trasferimento forzato fino alla costa poteva durare parecchi giorni o settimane. Sulla costa venivano imprigionati in fortezze o in capanne dette “barracoons” dove sostavano in attesa delle navi per la traversata per molti giorni o settimane. Lì poi trafficanti provenienti dalle Americhe, dai Caraibi o dall”Europa, caricavano la “merce umana” sulle navi.” ….. “I prigionieri maschi erano incatenati insieme a coppie per risparmiare spazio: la gamba destra di un uomo legata alla gamba sinistra del successivo. Donne e bambini avevano un po’ più di spazio. Le donne e le ragazze salivano a bordo delle navi nude, tremanti e terrorizzate, spesso pressoché esaurite per il freddo, la fatica e la fame, in preda alle maniere rudi (e alle violenze) di gente brutale che parlava una lingua a loro incomprensibile” (Wikipedia).

A volte l’unica forma di ribellione che trovavano i deportati per sfuggire alle violenze era il suicidio. Una parte degli schiavi si gettavano dalle navi preferendo la morte ad una traversata fatta di brutalità e soprusi.

Nonostante, a distanza di secoli, la schiavitù sia stata formalmente abolita, essa resiste ancora in molti paesi ed ha dei sostenitori nelle organizzazioni razziste e xenofobe che sostengono la supremazia della razza bianca. L’International Labour Organization stima che nel mondo ci sono dai 20 ai 45 milioni di individui ridotti in schiavitù ed i tre quinti di questi sono donne o bambine.

Al fenomeno della schiavitù si sostituì ed in alcuni casi si sovrappose quello del colonialismo. La conquista di territori per le loro materie prime, da parte delle potenze imperialiste, ha interessato quasi tutti i paesi del mondo. I metodi utilizzati per mantenere il controllo di intere parti del pianeta furono spesso brutali e con palesi violazioni dei diritti umani. La Gran Bretagna (vedi Commonwealth), la Francia, la Spagna, il Portogallo, il Belgio, La Germania, Stati Uniti, Giappone e l’Italia si sono per decenni spartiti il mondo fino a scontrarsi militarmente per affermare il loro “spazio vitale” e per “difendere” i loro interessi economici.

La rapina di intere parti del mondo e gli scontri inevitabili non potevano che sfociare in una guerra mondiale.

L’imperialismo italiano, al di là della fraseologia vuota di italiani “brava gente”, non ha avuto problemi ad usare gas mortali per sterminare popolazioni inermi in Africa ed abusando sessualmente di bambine attraverso il cosiddetto “madamato”. Una pratica abominevole usata dal fascismo per permettere che i militari italiani potessero dar sfogo ai loro istinti sessuali. Questa pratica portò alla diffusione tra le donne africane, la dove era presente l’occupazione italiana, della sifilide. Molti furono i figli nati da questi rapporti sessuali e che furono abbandonati una volta finita la guerra.

Dopo il secondo conflitto mondiale i governi imperialisti borghesi hanno mantenuto il controllo delle ex colonie attraverso governi fantocci che servivano a continuare le politiche di rapina. Ancora oggi nei paesi del Terzo Mondo i governi sono sotto il controllo delle potenze imperialistiche mondiali e le guerre che si producono in queste nazioni sono il frutto degli interessi in conflitto tra i vari imperialismi e tra questi e egli Stati nazione che sono nati negli ultimi cinquant’anni.

La spartizione del mondo e la spietata concorrenza per accaparrarsi le materie prime insieme alle crisi di sovrapproduzione di merci non potrà che produrre altri conflitti sia locali che mondiali e produrre altre migrazioni.

L’Europa ha utilizzato i paesi del Terzo Mondo in particolare l’Africa come pattumiera nucleare e per sbarazzarsi di ingombranti rifiuti pericolosi. In cambio i governi filoccidentali ricevevano armi e denaro. L’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (i due giornalisti di Rai 3) dimostra che chi mette a rischio il commercio di armi, droga e rifiuti tossici ha già deciso il suo destino e, di questo omicidio, non potevano non sapere le aziende che su questi affari hanno costruito le loro fortune. Questo dà il senso dell’aiuto a casa loro che i governi borghesi porgono ai paesi del Terzo Mondo.

Il Petrolio, i diamanti, l’oro, il Coltan (utilizzato per far funzionare gli smartphone) fanno sì che l’Africa sia ancora un continente appetibile dal punto di vista predatorio e criminale delle potenze imperialistiche. Nelle miniere del Congo lavorano insieme agli adulti anche dei bambini che provvedono all’estrazione del Coltan e dove le condizioni di vita, se vita si può chiamare quell’esistenza, sono disastrose.

“Alla base di questo conflitto a bassa intensità (ma ad altissima sofferenza umana) non c’è solo l’odio etnico. Anzi, questo è spesso poco più che un alibi per destabilizzare l’area, alimentando il lucroso traffico di minerali. È per il coltan che, da vent’anni, qui si combatte: la miscela di columbite e tantalite utilizzata nella realizzazione di cellulari, tablet e computer. Il 50 per cento si trova proprio nel Congo orientale, in una striscia che va da nord a sud.

Le bande di guerriglieri hanno un metodo semplice per far soldi: mettono il pizzo sui minatori. Ogni chilo di minerale estratto, questi sono obbligati a pagare una quota agli uomini armati. Solo dopo aver versato la tangente, possono andare fino a Rubaya o fino a Goma, una decina di chilometri più a sud, proprio al confine con il Ruanda. Lo fanno quasi sempre camminando per giorni e giorni, portando sacchi di 30 o 40 chili. Una volta giunti in città, possono vendere la loro merce. E di qui inizierà il percorso che porterà questi minerali nei device tecnologici. Con i proventi che ne traggono, le bande acquisteranno altre armi che garantiranno ulteriore potere.” (www.espresso.repubblica.it).

Queste politiche di rapina e di distruzione ambientale determinano guerre e povertà per la stragrande maggioranza delle popolazioni. Queste condizioni generano flussi migratori inarrestabili che faranno saltare la “pacifica” convivenza dei paesi capitalistici più industrializzati.

L’imperialismo italiano ha provveduto negli ultimi anni ad intrecciare affari con il governo egiziano assicurandosi la gestione e lo sfruttamento del gas egiziano tramite l’Ente nazionale Idrocarburi (ENI), ma in cambio ha dovuto rimandare ogni ricerca della verità sul caso Regeni, il ricercatore italiano che studiava le lotte dei sindacati di base in Egitto, ucciso barbaramente dai servizi segreti di Al Sisi.

“Parigi val bene una messa” e così pure 850 miliardi di metri cubi di gas valgono molto di più della ricerca della verità sul caso Regeni.

Gli affari sono affari e non possono messi in discussione da pretese ricerche di verità e giustizia.

Il Governo di Al Sisi può far comodo anche nel tentativo di frenare i flussi migratori e di impedire ai proletari di spostarsi liberamente sul pianeta. Si può benissimo così seppellire verità e giustizia sotto le macerie della corruzione dell’affarismo.

Ma al di là delle leggi dei governi borghesi sui flussi migratori, va precisato che nessun filo spianto, nessuna barriera militare e nessun ostacolo naturale potrà fermare milioni di profughi in cerca di speranza e di un futuro migliore. Un proletariato nuovo ed internazionale sta man mano arrivando ed è pronto a riprendersi tutto quello che gli è stato da secoli tolto.

Tremino pure le potenze imperialistiche mondiali della comparsa sulla scena mondiale di una nuova classe operaia meticcia e multietnica, che realmente non ha, come affermava Marx, nulla da perdere all’infuori delle proprie catene.

Di Salvatore Cappuccio