Il referendum del 1 ottobre in Catalogna si è realizzato. Nonostante le forti minacce del governo di Madrid e le politiche di concertazione per un referendum pattuito con la Spagna da parte del governo della Generalitat (governo catalano), milioni di persone si sono recate alle urne per esprimere la propria volontà a rendersi indipendenti dalla Corona di Spagna.

Nelle prossime 48 ore il governo catalano ha annunciato che avvierà le procedure per costituzione di uno Stato indipendente. Ma questo processo è tutt’altro che sicuro. La borghesia catalana non ha alcuna intenzione e nessuna possibilità di costruire questo processo in maniera indolore e per questo cerca il supporto dell’Unione Europea.

Per rafforzare il suo peso nella contesta mobilita al suo fianco l’intera popolazione, compresi i lavoratori. I capitalisti indipendentisti possono al massimo negoziare con Madrid un peso diverso e una minore fiscalità della regione catalana in cambio della propria permanenza nello Stato spagnolo, ma in nessun modo possono andare verso l’indipendenza. Questo richiederebbe uno scontro militare col governo di Madrid, che entrambe le borghesie vogliono assolutamente evitare.

Ciò che ha reso possibile lo svolgimento del Referendum è da ricercarsi nel protagonismo di settori di classe e popolari. Negli ultimi giorni le scuole sono state occupate dal movimento studentesco assieme a lavoratori e militanti di sinistra. Si sono costituiti comitati di difesa del referendum composti in larghissima parte di operai, giovani, donne, studenti e settori di popolazione povera, che hanno messo in campo una resistenza passiva dinanzi a un’azione militare delle forze di polizia in tutta la Catalogna.

Per tutta la giornata del 1 ottobre polizia nazionale, guardia civile e Mossos (polizia catalana) hanno saccheggiato i seggi portando via le schede, hanno provato a blindare le scuole, hanno sparato proiettili di gomma proibiti, ma si sono ben guardati dal mettere in campo un’azione repressiva che in gergo militare si definirebbe “pesante” per evitare una esplosione sociale senza controllo.

In alcuni casi i Mossos si sono “limitati” a portare via le schede senza compiere ulteriori azioni di repressione, ma se fossero stati parte di un corpo polizia di uno Stato a sé si sarebbero opposti militarmente alla polizia spagnola. Ciò non è avvenuto e dimostra ancor più chiaramente che la Catalogna ad oggi non è uno Stato (borghese che sia), perché non ha una propria forza militare.

Gli esponenti del Partito Democratico della Catalogna, partito che governa alla Generalitat, subito dopo il Referendum hanno chiarito che chiederanno all’Europa il riconoscimento del proprio Stato.
La commissione europea dal canto suo ha fatto sapere di voler trovare una soluzione “condivisa da tutte le parti”, manifestando la volontà di concertare un accordo per evitare una crisi di un suo Stato membro nel cuore dell’Unione Europea degli Stati-Nazione imperialisti e capitalisti.

Allo stesso modo Rajoy si è detto non disponibile a negoziare, mentre Unidos Podemos rivendica una ipocrita fine delle violenze, senza però chiamare alla mobilitazione contro le truppe dello Stato spagnolo.

La questione catalana è storica, ha un suo fondamento legato a territorio, linguaggio e tradizioni. La Catalogna esiste come nazione. Se la volontà della maggioranza della popolazione catalana è costruire un proprio Stato indipendente da quello spagnolo sosteniamo il loro diritto ad autodeterminarsi, nonostante l’indipendentismo non sia una nostra prospettiva politica. Sosteniamo ovunque le domande democratiche delle masse, ma senza accodarci alle direzioni dell’indipendentismo catalano. Non solo! Lo facciamo chiarendo innanzitutto che anche le richieste democratiche sono di possibile attuazione solo se alla testa della mobilitazione c’è la classe operaia con attorno a sé i settori progressisti delle altre classi sociali.

Per questo motivo reputiamo fondamentale lo sciopero convocato dai sindacati di base il 3 ottobre. A questa chiamata alla lotta hanno risposto anche i sindacati confederali. La discesa in campo del movimento operaio nella contesa può rappresentare una via di uscita non soltanto indipendentista, ma proletaria della questione catalana.

Come in tutti i movimenti storici ogni gruppo politico delle classi prova a dirigere i processi nel corso del loro svolgimento. È così per ogni fenomeno politico, comprese le contraddittorie mobilitazioni sulle questioni nazionali e durante le rivoluzioni.

Siamo fermamente convinti che l’atteggiamento dei marxisti non sia portare “il vangelo secondo Marx” porta a porta.
Le masse, la Storia insegna, imparano per diretta esperienza pratica. Per questo lo sciopero generale del 3 ottobre può rappresentare un salto qualitativo in questo processo e aprire contraddizioni che in prospettiva potrebbero portare alla dissoluzione dello Stato spagnolo fino ad oggi conosciuto; innescare un effetto domino in Europa, ma soprattutto spingere le masse, con alla testa il movimento operaio, sul terreno dello scontro politico e dell’autorganizzazione.

La costruzione dei comitati di difesa del referendum, infatti, non sono qualcosa di avulso dallo scontro in atto. È il processo fisiologico, seppur contraddittorio, della necessità dei lavoratori di autorganizzarsi per difendersi quando lo scontro si acuisce.
È in questo processo di massa che il movimento operaio prende coscienza del proprio ruolo storico.

È per questo motivo che appoggiamo questa lotta. Siamo consapevoli che alla direzione di questo processo vi sia la borghesia catalana. Il punto è che questa stessa ha bisogno di gettare nella royal rumble dello scontro con Madrid anche il proletariato catalano per poter imporre il proprio volere.

Il suo obiettivo è utilizzare i lavoratori come pedine in una partita a scacchi. Ma questo “gioco” è pericoloso, perché storicamente quando si fanno scendere sul terreno del conflitto masse di proletari non è poi detto che queste seguano i dettami delle proprie direzioni. È in situazioni tanto esplosive che gioca un ruolo fondamentale l’intervento dei rivoluzionari. Questo la Storia c’insegna.

In Catalogna esistono organizzazioni di sinistra radicale e anticapitalista. Come Frazione Internazionalista Rivoluzionaria siamo legati alla Corriente Revolucionaria de Trabajadores y Trabajadoras (CRT), che ha lanciato il giornale La Izquierda Diario, che organizza i lavoratori di alcuni settori sindacali e che ha fondato il movimento femminista combattivo Pan y Rosas in Spagna. Questa organizzazione è la sezione locale della Frazione Trotskista – Quarta Internazionale.

Seguendo una linea politica coerentemente di lotta e senza settarismi, questi compagni stanno intervenendo in questo magmatico processo, stanno proponendo che le maggiori e più importanti organizzazioni della sinistra anticapitalista catalana, in particolar modo la CUP, costruiscano un piano di lotta coerente contro il Governo di Madrid e contro la borghesia catalana, denunciando l’intenzione di quest’ultima di voler costruire uno Stato capitalista. Allo steso modo propongono nella lotta l’unità dei lavoratori catalani con quelli del resto della Spagna, contribuendo alla costruzione delle mobilitazioni che da diverse settimane stanno attraversando l’intera Spagna. La proposta è partire dalle domande economiche, sociali e democratiche e unirle a quella di una costituente libera e sovrana, costruita sulla base di organismi di autorganizzazione di massa dei lavoratori.

Una parola d’ordine che non è calata in astratto, ma che empiricamente è dimostrata dalla costituzione di primi comitati di difesa del referendum. Una politica che ci sembra corretta e coerente con la migliore tradizione rivoluzionaria del movimento operaio.

Lasciare le masse catalane “sole”, senza provare a costruire una direzione rivoluzionaria, dinanzi a questa battaglia sarebbe completamente sbagliato e nasconderebbe soltanto l’inadeguatezza dei rivoluzionari rispetto ai bisogni e alle richieste delle masse.
Per parte nostra sosterremo con la militanza i compagni in Spagna in questa battaglia storica.

Douglas Mortimer

 

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.