Come La Voce delle Lotte abbiamo intervistato Giovanni Savino, storico e ricercatore italiano che lavora all’Accademia Russa dell’Economia Nazionale e del Servizio Pubblico presso la Presidenza della Federazione Russa e all’Università Pedagogica della città di Mosca, sul quadro politico nella Russia di Putin.



In Italia si sà poco o nulla della politica interna alla Federazione Russa. Le informazioni maggiori arrivano dai mass media della borghesia e sono sempre viziate dagli interessi dell’imperialismo italiano in contesa con quelli del capitalismo russo.
In maniera speculare un’area di militanti di sinistra ha abbracciato teorie campiste e sovraniste addirittura sostenendo un ruolo progressivo di Putin.
Ci spieghi qual è la situazione in Russia e quali sono i principali aspetti delle politiche del governo di Putin?

La Russia si trova in crisi dal 2013, quando il rublo si è progressivamente indebolito a causa del crollo del prezzo di gas e petrolio. Questo è un aspetto fondamentale dell’economia russa: la dipendenza dalle esportazioni di idrocarburi, e l’assenza di uno sviluppo industriale in grado di fornire solidità al sistema.

Non esistono politiche “stataliste” di Putin, anzi: negli ultimi anni si è assistito alla vendita di quote di Rosneft, holding del petrolio russo (il 19,5% è in mano a un consorzio con il fondo d’investimenti del Qatar), e la visita degli scorsi giorni del re saudita e dei suoi cari (una delegazione di oltre mille persone) è servita a stringere importanti accordi finanziari. Quel che è interessante è il silenzio degli appassionati tifosi online di una Russia spesso spacciata per difensore della cristianità o baluardo contro l’Islam (quale? Nella Federazione Russa vivono circa 25 milioni di musulmani) – anche perché Arabia Saudita e Qatar hanno attivamente contribuito alla crescita del fondamentalismo religioso in Medio oriente. Dicevo delle politiche non stataliste: Rosstat, agenzia statale di statistiche, a luglio forniva un dato di un salario medio di poco più di 39000 rubli (39355, pari a 574,15 euro). Il calcolo però vede la presenza di Mosca, dove il salario medio è di 67899 rubli, cioè 990 euro: una realtà di gran lunga differente da quanto avviene nelle regioni dove la media è di 23200 rubli (338 euro). Nel settore “statale”, uno stipendio di un insegnante universitario in media è attorno ai 17-20000 rubli, di un medico tra i 28 e i 36000: parliamo di stipendi assolutamente inadeguati, visti i costi delle università statali, degli affitti a Mosca (nelle città più piccole in parte è diverso) e anche di come tale situazione distrugga, ad esempio, il servizio sanitario statale, visto che si aprono cliniche e laboratori privati ad ogni angolo. Non possiamo nemmeno parlare di keynesismo, ma di una continuità con il neoliberismo d’inizio anni 2000, con le politiche proposte dall’allora ministro delle Finanze Aleksej Kudrin (ancora oggi influente consigliere di Putin).
La svolta “conservatrice”, fatta di grandi proclami imperiali, di riferimenti all’ortodossia e di elogi (ricambiatissimi) alle destre europee, oggi appare in fase ormai calante; ma anche in quel periodo, in un paese dove le pensioni mediamente sono attorno ai 13700 rubli, c’è stato un peggioramento delle condizioni di vita. Il consenso verso il Cremlino si regge su una grande apatia politica, come testimoniato in parte anche dall’affluenza alle urne nelle tornate elettorali degli ultimi tre anni, dove nelle grandi città e in molte regioni non si raggiunge il 20% dei votanti.

Qual è il ruolo del partito stalinista PCFR?

Non sono d’accordo nel definire il Kprf come “stalinista”: all’interno troviamo deputati ultra-religiosi, imprenditori in cerca di celebrità e anche compagni di tutto rispetto, come ad esempio una delle bestie nere delle varie riforme della sanità e dell’istruzione, il deputato Оleg Smolin. Lo stalinismo di Ziuganov è un paravento per una accettazione, più di fatto che a parole, della situazione politica. E questo si avverte anche nei risultati elettorali: alle elezioni per le municipalità (Mosca è divisa in municipalità) su 1502 posti, il Kprf ha eletto 41 deputati. Segnali simili di peggioramento di avvertono nelle regioni, e a livello militante c’è un calo più che significativo di iscritti, con scissioni avvenute negli ultimi anni, e quindi una perdita anche di peso.

Quali sono le componenti sindacali combattive e le organizzazioni della sinistra rivoluzionaria che agiscono in queste contraddizioni? 

Ci sono settori sindacali molto combattivi, come nel comparto auto, dove l’MPRA (Sindacato interregionale dei lavoratori dell’automobile) è riuscito ad avere conquiste significative, ma la crisi ha creato una situazione di riflusso, dove le lotte ora son di natura difensiva. La Confederazione russa del lavoro, di orientamento socialdemocratico, negli ultimi mesi è riuscita ad ottenere alcuni successi ad esempio nella sanità, ottenendo nella città di Ufa importanti vittorie per i lavoratori del comparto, che avevano mesi di stipendi arretrati. A livello politico la situazione è ben più complessa, con regioni dove esistono gruppi di studenti e lavoratori orientati verso le idee del marxismo, che provano ad intervenire in quel che si muove nella società. La crescita delle diseguaglianze  (nelle ultime settimane lo studio di Thomas Piketty sulle diseguaglianze in Russia negli ultimi cent’anni ha suscitato un certo dibattito), le linee di frattura presenti nella società russa, aprono la strada a nuove possibilità. Vedremo come andrà.

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