La parola chiave dell’atto di indirizzo approvato di recente dal comitato di settore delle funzioni locali è “semplificazione” dei fondi e delle categorie professionali, “facilitazioni” per l’organizzazione dei Piccoli Comuni e le gestioni associate e “valorizzazione” di professionalità specifiche: a dichiararlo è il presidente del Comitato di settore autonomie locali dell’ANCI, Umberto Di Primio, in occasione dell’approvazione da parte del comitato dell’atto di indirizzo all’ARAN per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale del comparto delle funzioni locali, avvenuta congiuntamente con il comitato di settore Regioni e Sanità. Tutto idilliaco se non fosse che alle parole “semplificazione e facilitazioni” corrisponde il reale significato di taglio della spesa e dei fondi pubblici, il taglio del personale con relativo aumento dei carichi di lavoro e (di contorno) della disoccupazione, mentre diverte molto la cosidetta “valorizzazione delle professionalità” che va invece intesa (e chi lavora negli Enti locali lo vive quotidianamente) come aumento di collusioni, corruzione, clientelismo e dell’esercito di raccomandati ed incapaci incrementati dalla parte datoriale i cui poteri e prerogative sono state gonfiate negli ultimi vent’anni dai governi di centro destra e centro sinistra, fino ad arrivare ad oggi alla Legge Madia che fa non a caso da cornice al rinnovo contrattuale stesso.

Difatti fino a questo momento, nonostante la sentenza della Consulta che impone di sbloccare i contratti pubblici sia in Gazzetta Ufficiale dal luglio del 2015, il riavvio della macchina dei rinnovi, bloccata dal 2010, è rimasto sullo sfondo, anche perché era necessario definire le nuove regole del pubblico impiego in attuazione della Riforma Madia, che di fatto peggiora le condizioni di lavoro nel pubblico impiego in termini di trasparenza, efficienza e soprattutto imparzialità. Ma il momento è giunto: la disciplina normativa è sistemata a favore degli amministratori e dirigenti, pertanto adesso e solo adesso la decisione della Consulta non può essere lasciata inattuata. Insomma il tutto è stato studiato e programmato per le scadenze della prossima primavera quando sarà tempo di elezioni politiche, oltre al rinnovo delle rappresentanze sindacali del pubblico impiego.

Emblematica è la semplificazione della disciplina dei fondi per il salario accessorio a cui si vuole mettere mano rafforzando la leva datoriale e vincolando la percezione delle indennità al meccanismo “meritocratico” fasullo e truccato delle performance e delle valutazioni del personale, meccanismo che la maggioranza dei dipendenti pubblici (e non solo) conoscono per esperienza ed ingiustizia diretta. Intanto veniamo a conoscenza che i soldi per gli enti locali non sono sufficienti, mancano ancora circa 700 milioni di euro, motivo per il quale si fa strada l’ipotesi nefasta che gli aumenti siano soggetti al famigerato meccanismo della performance. Ma si dimentica di dire che numerose indennità sono ferme a 15\20 anni fa e non puo’ esserci un reale adeguamento salariale senza rivedere e accrescere l’importo delle stesse. Ecco spiegata la demagogia degli 85 euro (lordi) dietro alla quale si cela il disegno di un rinnovo contrattuale pieno di insidie e di trappole, con pochissimi fondi a disposizione e irrisori aumenti , per altro diversificati, con i quali non si recupera il potere di acquisto perduto negli ultimi 8 anni.
Nel frattempo il 12 e 13 Ottobre c’è stato l’incontro tra il Ministro Fedeli e Padoan. Dalle indiscrezioni, nelle ultime notizie e ultimissime, sembra che sia possibile davvero l’aumento degli stipendi di 85 euro per i docenti, ma questo significherebbe un aumento dello stesso tenore per tutti dai vigili del fuoco, carabinieri, polizia, personale scuola Ata, medici, vigili, esercito. Il problema vero, però, è che dalle ultime novità sarebbero 85 lordi come avevamo già preannunciato in questi mesi e quindi 40-45 euro netti, molto lontani dalle richieste dei sindacati. E così diverse sigle sindacali sono pronte a fare nuovo ricorso alla Cassazione con una diffida perché il Governo Gentiloni attui realmente la sentenza che la stessa Cassazione aveva emesso per l’adeguamento degli stipendi reali con la perdita di valore reale di questi ultimi 7 anni diventati ormai 8 anni.

A fronte di quanto detto quindi il nuovo contratto per gli oltre 467mila dipendenti di Regioni ed enti locali avrà una parte normativa decisamente peggiorata con minori diritti per i lavoratori e le lavoratrici di città metropolitane, Comuni, Regioni e Province. Si parla di sfoltire le numerose indennità accessorie, e con la scusa di semplificare le regole del salario accessorio si corre il rischio di subire anche un danno economico. “Semplificare”, per la borghesia e per i suoi rappresentanti politici, negli anni ha sempre acquisito un significato preciso: perdere diritti e salari.

 

Paolo Prudente

 

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