Riprendiamo, con questa stesura di appunti, la riflessione sul libro “Materialismo ed empiriocriticismo”, di cui abbiamo già pubblicato la prima, la seconda, la terza, la quarta, la quinta , la sesta, la settima, l‘ottava, la nona, la decima, l’undicesima, la dodicesima e la tredicesima parte.
In questa opera Lenin smaschera progressivamente il carattere idealista dell’empiriocriticismo, cioè del machismo (dal fondatore di questa dottrina, Ernst Mach).
Libertà e necessità
Lunaciarski (machista) definisce “ammirevole per chiarezza e precisione” la spiegazione che Engels dà di libertà e necessità nell’Antiduring, nonostante contrasti letteralmente contro i principi dell’empiriocriticismo: “Hegel fu il primo a rappresentare in modo giusto il rapporto di libertà e necessità. Per lui la libertà è il riconoscimento della necessità. ‘Cieca è la necessità solo nella misura in cui non viene compresa.’ La libertà non consiste nel sognare l’indipendenza dalle leggi della natura, ma nella conoscenza di queste leggi e nella possibilità, legata a questa conoscenza, di farle agire secondo un piano per un fine determinato. Ciò vale in riferimento tanto alle leggi della natura esterna, quanto a quelle che regolano l’esistenza fisica e spirituale dell’uomo stesso: due classi di leggi che possiamo separare l’una dall’altra tutt’al più nell’idea, ma non nella realtà. Libertà del volere non significa altro perciò che la capacità di poter decidere con cognizione di causa. Quindi quanto più libero è il giudizio dell’uomo per quel che concerne un determinato punto controverso, tanto maggiore sarà la necessità con cui sarà determinato il contenuto di questo giudizio; mentre l’incertezza poggiante sulla mancanza di conoscenza, che tra molte possibilità di decidere, diverse e contraddittorie, sceglie in modo apparentemente arbitrario, proprio perciò mostra la sua mancanza di libertà, il suo essere determinato da quell’oggetto che precisamente essa doveva dominare. La libertà consiste dunque nel dominio di noi stessi e della natura esterna fondato sulla conoscenza delle necessità naturali: essa è perciò necessariamente un prodotto dello sviluppo storico”.
-
Engels riconosce le leggi della natura, la necessità della natura: praticamente ciò che Mach Avenarius valutano essere “metafisica”. Quindi Lunaciarski definisce meravigliosi i ragionamenti che sono alla base della teoria materialistica della conoscenza, seppur ritenuti metafisici dai padri dell’empiriocriticismo.
-
Engels non si assegna definizioni della libertà e della necessità, occupazione preferita dei professori reazionari. Engels prende la conoscenza e la volontà dell’uomo da una parte e la necessità della natura dall’altra. La necessità della natura è primordiale e la coscienza dell’uomo e la volontà è secondaria.
-
Engels non dubita dell’esistenza della “necessità cieca”. Egli quindi riconosce l’esistenza di una necessità non conosciuta dall’uomo. Banale per i materialisti: come si potrebbe conoscere l’esistenza di una necessità sconosciuta? Diversamente sarebbe metafisica. Ad esempio: noi oggi non conosciamo la necessità della natura dei fenomeni atmosferici, nonostante ciò ne conosciamo l’esistenza. Da dove ci viene questa conoscenza? Dalla stessa fonte dalla quale sappiamo che le cose esistono fuori della nostra conoscenza e indipendentemente da essa. La non conoscenza è sostituita dalla conoscenza quando l’oggetto agisce sui nostri organi dei sensi. Pertanto lo sviluppo della conoscenza di ogni singolo individuo umano e lo sviluppo delle conoscenze collettive di tutto il genere umano ci mostrano ,a ogni passo, la trasformazione della sconosciuta cosa in sé nella cosa per noi.
-
Engels applica il metodo del salto vitale in filosofia, cioè fa un salto dalla teoria alla pratica. Per Engels tutta la pratica umana irrompe nella teoria stessa della conoscenza e dà il criterio obiettivo della verità: finché non conosciamo una legge della natura essa, esistendo al di fuori della nostra conoscenza, ci rende schiavi della necessità cieca. Dal momento che conosciamo questa legge diveniamo i dominatori della natura. Il dominio della natura è il risultato del riflesso (obiettivamente esatto) dei fenomeni della natura nella mente dell’uomo e dimostra che questo riflesso (nei limiti di ciò che ci indica la pratica) è una verità obiettiva, assoluta ed eterna.
Sirio Stivalegna
Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.