Pubblichiamo un brano che chiarisce la dinamica politica che ha portato a importanti scontri di piazza a Buenos Aires negli ultimi due giorni, con l’ottenimento, da parte di lavoratori e pensionati, del ritiro della nuova controriforma che avrebbe tagliato le pensioni di milioni di argentini.


È luogo comune che la storia si ripeta prima come tragedia e poi come farsa. Il detto fu coniato da Karl Marx e si trova in un importante testo che spiegava l’ascesa al potere di Luigi Bonaparte in Francia: si era a metà del diciottesimo secolo. Nell’Argentina contemporanea, anche se la storia si ripete, a volte risulta difficile distinguere la tragedia dalla farsa.

Una ex ministra della Alianza [Alianza para el Trabajo, la Justicia y la Educación, “Alleanza per il Lavoro, la Giustizia e l’Educazione”, coalizione di centrosinistra che governò fra il 1999 e il 2001] che ridusse l’importo delle pensioni del 13% quasi vent’anni fa è ora Ministro della Sicurezza. È la responsabile della militarizzazione sproporzionata della Città metropolitana di Buenos Aires, così come la promotrice dell’impunità per le forze dell’ordine. Il ruolo che Patricia Bullrich occupa nella storia della morte di Santiago Maldonado e Rafael Nahuel illustra tutto ciò.

Mercoledì la Gendarmeria ha impedito l’arrivo nella Piazza dei Congressi delle organizzazioni di disoccupati, utilizzando barricate, cani e una camionetta dotata di idrante. I disoccupati marciavano per denunciare la riforma reazionaria delle pensioni, che attacca le entrate di milioni di lavoratori. Martedì scorso erano stati repressi manifestanti contestualmente al vertice dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Al chiudersi di questa edizione, a più di 24 ore dei fatti, tre persone continuavano a essere detenute senza essere indagate, sotto la responsabilità del giudice Claudio Bonadio, senza spiegazioni.

 

 

Il clima repressivo nazionale alimentato dal governo non è nato nell’ultima settimana. Al contrario, da mesi è possibile vederlo nel sud del paese, dove la questione agraria si affianca a quella degli investimenti petroliferi; grandi imprenditori e latifondisti reclamano uno Stato che imponga il suo ordine a costo del sangue dei Mapuche.

In queste ore, la repressione e la militarizzazione a Buenos Aires non possono essere separate dall’intenzione di imporre nuove condizioni di sfruttamento della classe lavoratrice e nuovi sacrifici alla popolazione povera. L’altra parte è la garanzia di tutti i tipi di benefici per il grande capitale.

La triplice controriforma incentrata sui progetti di riforma del lavoro, delle pensioni e della fiscalità sono i volti attuali di questa politica. Martedì, in un altro remake dell’Alianza, il deputato Eduardo Amadeo, ex menemista ed ex portavoce di Duhalde [premier durante la stagione dell’Argentinazo 2001, ndt], si è comportato come uno dei più strenui difensori della riforma che diminuisce le entrate di 17 milioni di pensionati.

Ieri, a Córdoba, Macri ha difeso quelle che ha definito leggi che “danno stabilità”. Ciò vale solo per le grandi imprese. I milioni di persone che dovranno “scegliere” se andare in pensione a 70 anni possono solo sentire instabilità. Nel governo della CEOcracia [il CEO è l’amministratore delegato dell’azienda, ndt], solo il disprezzo per la gente comune è equiparato alla forte difesa degli interessi capitalisti.

Peronismo della governabilità

Ancora una volta, il vantaggio strategico per il piano di aggiustamento del CEOcracy di Cambiemos è al di fuori dei suoi ranghi. Nessuno sano di mente può negare il ruolo della grandi corporazioni dei media e di gran parte della casta giudiziaria.

Ma i progressi del macrismo nel Congresso sarebbero impossibili senza la collaborazione attiva di una parte significativa del peronismo [il peronismo prende il nome dal generale Peron, che ebbe ruoli nel governo argentino e poi come presidente tra gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso; promotore di una politica corporatica “amica dei lavoratori”, ndt]. Una frazione che si estende territorialmente e socialmente dai vari livelli di potere che quella forza occupa.

Gli ultimi due anni e le ultime due settimane hanno finito per dimostrare la funzionalità del peronismo. Cambiemos fa passare leggi di ajuste (“austerità”) anche se è una minoranza nelle camere legislative. I Pichetto e i Bossio [leader peronisti, ndt] sono i garanti legislativi dell’offensiva di Cambiemos.

Il sindacato peronista aggiunge una collaborazione attiva a questa governabilità. La “creatività burocratica” sorprende. Quando si pensava di aver visto tutte le possibili forme di resa, la CGT ha inventato lo “sciopero post-facto”. Un atto di forza chiamata a condizione che… il saccheggio delle tasche dei pensionati sia già stato votato.

 


Malcontento, strade e resistenza

La svolta repressiva del governo mostra gli enormi limiti della sua vera politica. I discorsi infiocchettati della campagna elettorale sono già un ricordo del passato, lontano anni luce. Il malcontento, che questo giovedì è stato evidente nelle strade, permette di ricordare che il risultato elettorale non era un assegno in bianco nei confronti del partito al governo.

Ribadisce, inoltre, quella definizione che pone forti limiti alla cosiddetta “egemonia Cambiemos”. Conquistarla significherebbe superare con un certo successo gli ostacoli sociali alla politica di ajuste.


Proprio quello di cui si tratta è mettere in moto quell’enorme scontento sociale che attraversa il paese. Quel malcontento che costringe persino la CGT a lasciare parte del cono d’ombra nel quale si era stabilita da mesi. Quella rabbia che si vede in ogni angolo di ogni quartiere di ogni città.

Martedì, durante l’animata riunione delle commissioni nella Camera bassa, Nicolás del Caño, il deputato del PTS-Frente de Izquierda, ha lanciato un appello perché si circondasse il Parlamento per impedire l’approvazione della riforma reazionaria. Se c’è qualcosa che è evidente a questo punto, è che la rabbia e la volontà di farlo sono troppe. La responsabilità dei leader delle grandi aziende è innegabile.

di Eduardo Castilla (con aggiornamenti)da La Izquierda Diario

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.