Riceviamo e pubblichiamo volentieri un articolo di una giovanissima lavoratrice in un Outlet fuori Roma costretta ad andare a lavoro nonostante questo fosse vicino l’ECO-X, l’impianto di smaltimento rifiuti incendiatosi proprio in quei giorni, sprigionando sostanze altamente tossiche e pericolose per la salute.


Il 5 maggio del 2017, in provincia di Roma, verso le prime ore del mattino si incomincia a vedere dalle città di: Pomezia, Ardea e Aprilia un’enorme nuvola di fumo nero nel cielo.
L’ECO-X una fabbrica di raccolta e smaltimento di rifiuti industriali e speciali è stata incendiata. Per circa una settimana questo incendio continuerà ad essere acceso con grandi problemi da parte dei pompieri per spegnerlo. Viene comunicato attraverso i media alle città limitrofe di rimanere in casa, con le finestre chiuse e di uscire solo se strettamente necessario, questo perchè incombeva il rischio di inalare sostanze tossiche e dannose per la salute.

I primi tre giorni dopo l’ incendio l’ area era irrespirabile, le persone giravano con le mascherine e la città di Pomezia sembrava quasi deserta, un fitto fumo nero e un’odore acre invadeva la città, fino ad arrivare anche a quelle vicine. Il giorno 6 maggio 2017 dovevo recarmi a lavoro in un centro commerciale chiamato Outlet Castel Romano situato a pochi chilometri in linea d’aria dal punto dell’ incendio, nonostante tutta questa situazione il centro aprì comunque alle ore dieci e richiuse poco dopo a causa della nube nera che il vento portava verso Spinaceto.

Rimanemmo chiusi fino a mezzogiorno, poi si decise di riaprire il centro, poiché “non c’era rischio” per le persone che lavoravano all’ interno e per la gente che andava a fare shopping. Questo piccolo dettaglio però non era proprio vero, visto che già dal giorno prima molte commesse e commessi furono costretti ad andare in ospedale, infatti a causa di questi fumi tossici questi presentavano sintomi quali: mal di testa, nausea, perdita di conoscenza ma ovviamente per il centro era tutto apposto non c’ erano pericoli, così da mezzogiorno fino alle nove di sera il centro rimase aperto e io ovviamente fui costretta ad andare a lavoro.

Mi ricordo che ogni negozio stava con le porte chiuse e la maggior parte dei commessi teneva le mascherine dentro i negozi. Tutto questo ovviamente per non perdere soldi come se un giorno di lavoro in quel contesto gli avrebbe fatto guadagnare chissà quanto… La cosa che mi fece più arrabbiare è che solo alcuni negozi ebbero il coraggio di rimanere comunque chiusi per l’ incolumità dei loro lavoratori. L’Outlet continuava a dire di stare tranquilli, che gli era stato comunicato dall’ARPA, che nei fumi non erano presenti sostanze inquinanti, ma la realtà era molto diversa, infatti solo la sera del 6 maggio quando stavo per finire il mio turno di lavoro entrò nel mio negozio un membro della CGIL che ci comunicò che non era ancora presente alcun dato scritto dall’ ARPA che dichiarava l’ assenza di sostanze inquinanti, e che il giorno dopo, avrebbero indetto uno sciopero in tutto il centro.

Purtroppo io in primis fui in un certo senso costretta ad andare a lavoro e come me tanti altri lavoratori del centro, questo perché la maggior parte di noi magari aveva paura, paura di perdere il posto di lavoro o di essere preso in cattiva luce dal datore di lavoro. I giorni a seguire si scoprì che c’era presenza di diossine e di amianto e che tutti noi lavoratori proprio nei giorni con la più alta concentrazione di fumi nell’area eravamo stati esposti. Ovviamente molti di questi dati vennero infangati, nascosti, facendo credere a tutti che non c’erano problemi che l’ambiente in cui vivevamo era sicuro. Addirittura i media iniziarono a non prlare più di questo incendio e a far finta di nulla, io però li davanti ci passavo tutte le mattine e vedevo come a distanza di giorni e poi settimane il fumo continuava ad uscire e di conseguenza ad inquinare.

Ho scritto questo articolo, per informare le persone, che magari come me in futuro potrebbero commettere il mio stesso errore, ovvero quello di non informarsi abbastanza sui propri diritti di lavoratore, su ciò che ci spetta di diritto, e sopratutto di non avere paura di perdere un posto di lavoro mettendo al primo posto la nostra salute e di unirci, di fare gruppo, perché forse, se quella domenica del 7 maggio 2017 fossimo andati tutti a scioperare qualcosa sarebbe cambiato, forse saremmo riusciti a farci rispettare un pò di più e chissà magari ad ottenere qualcosa di diverso per il nostro futuro.

Di Klara