The Hours di Stephen Daldry (2002) è tratto dall’omonimo romanzo di Michael Cunningham vincitore del Premio Pulitzer, ed è considerabile come una delle maggiori avventure “intellettuali” del cinema contemporaneo. La trama è incentrata su tre personaggi femminili, uno dei quali molto noto: la scrittrice inglese Virginia Woolf. Oltre alla difficoltà nel trattare un personaggio delicato e fondamentale nella storia della letteratura mondiale, il regista Stephen Daldry ha dovuto soprattutto mettere insieme i pezzi di ben tre piani narrativi differenti, il cui unico punto di contatto è l’animo femminile. Niente di più difficile!
Il primo personaggio presentato al pubblico è la Woolf (Nicole Kidman). Lo spettatore la conosce nel suo tragico finale: il momento del suicidio avvenuto nel 1941. Immediatamente la narrazione fa un passo indietro. La pellicola torna nel 1923 a Richmond, un quartiere nel sud–ovest londinese, dove Virginia Woolf sta iniziando a scrivere “Mrs Dalloway” e, contemporaneamente, combatte con depressione e disturbo bipolare.
Il secondo personaggio ad entrare in scena è Laura Brown (Julianne Moore). La signora Brown vive nella Los Angeles del 1951 ed incarna lo stereotipo della buona e devota donna di casa, felice di accudire il figlio (o i figli) e di amare il proprio marito. Laura, incinta del secondo bambino e decisamente infelice della propria vita, inizia a leggere “Mrs Dalloway”.
Il terzo ed ultimo personaggio è Clarissa (Meryl Streep) editrice in una New York di inizio 2000, che deve preparare una festa in onore di Richard (Ed Harris) un suo amico ed ex amante, vincitore di un prestigioso premio letterario. Clarissa (una Clarissa Dalloway contemporanea) si è presa cura dell’amico scrittore per ben 10 anni,
perché malato di AIDS.

Il montaggio alternato permette allo spettatore di scoprire ogni piccolo dettaglio della vita di queste donne, fino a scovare il filo conduttore che, improvvisamente, le legherà rendendo la narrazione cinematografica definitivamente uniforme. Le tre eroine cercano quello che tutti noi cerchiamo: la felicità ed una parvenza di equilibrio.
Non si può trovare la pace sfuggendo alla vita” dice Virginia al marito Leonard. Con questa frase si può definire il messaggio del film e del libro. Le tre protagoniste (e indirettamente anche Richard) vivono la menzogna e l’illusione di un’esistenza apparentemente felice e stabile, perchè basata su parametri sociali ben definiti che sembrano funzionare per il sano equilibrio di questa società occidentale. Purtroppo la felicità è un concetto prettamente soggettivo ed astratto; ciò che rende felice Kitty (l’amica da cui Laura sembra essere attratta) non rende felice la signora Brown. Ciò che rende felice “i dottori” non rende felice Virginia. Per quanto riguarda il personaggio di Clarissa, invece, la situazione è differente. Lei la felicità potrebbe averla (forse già la possiede) ma rimane incastrata in un passato ormai perso. Continua a contare le ore della propria gioventù passata con Richard. Il poeta sarà il punto di svolta della pellicola, come nel romanzo della Woolf.
La morte di qualcuno dà agli altri la possibilità di apprezzare la vita. E’ il contrasto” afferma Virginia Woolf quando il marito le chiede perchè la scrittrice voglia a tutti i costi la morte di uno dei suoi protagonisti. La morte di Richard sarà la vita per Clarissa e anche per Laura Brown, che si scopre essere la mamma del malinconico poeta. Una mamma che abbandonò la famiglia e i figli ancora bambini. L’incontro tra le due donne riannoda i fili della narrazione, la quale sembra scorrere tra le parole di Virginia Woolf e le ore che scandiscono il passare del tempo.

In conclusione, “The hours” è un immenso inno alla vita. Un inno che regala speranza ad ognuno di noi, ricordandoci che l’ambiente dove cresciamo e viviamo, dove si evolvono le nostre relazioni, non è eterno e immutabile: abbiamo la possibilità di agire e di scegliere, cambiando le cose, anche in maniera sconvolgente per la nostra stessa esistenza e di quella di chi ci sta vicino.

Lì c’era la morte. Io ho scelto la vita”.

 

Sabrina Monno

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.