La sigla intersindacale che raggruppa SUD, CGT, CFE/CGC e CFDT ha espresso la propria preoccupazione per il futuro dello stabilimento Bosch di d’Onet-le-Château nel dipartimento di Aveyron, primo datore di lavoro privato del dipartimento con 1600 dipendenti. La direzione potrebbe licenziare fino a 800 lavoratori. I sindacati temono un “disastro economico”.

Col pretesto di soddisfare le esigenze ambientali della domanda, la Bosch ha deciso di modernizzare una delle due linee di produzione dello stabilimento di Onet-le-Château per realizzare dei dispositivi diesel di ultima generazione. “Entro il 2020/2021 l’ attuale tecnologia dovrà essere completamente sostituita” spiega Julien Rul di SUD sulle colonne del giornale Parisien. La modernizzazione della catena di produzione comporterà un esubero di 350-400 lavoratori.

Secondo i sindacalisti, se non ci sarà alcun investimento, saranno tra le 700 e le 800 persone a rischiare il posto di lavoro e questo metterà a rischio l’ apertura stessa del sito di produzione.

Pascal Raffanel, sindacalista di CFE-CGC, sottolinea sul Parisien l’ importanza di questo sito per l’ intera regione. Considerando l’ indotto, lo stabilimento di Onet-le-Château dà lavoro a 8500-10.000 persone e la chiusura dello stabilimento sarebbe paragonabile alla chiusura di Airbus per la regione di Tolosa o alla chiusura della Peugeot per la regione di Sochaux.

Diesel, una scusa per licenziamenti di massa.

Il sito di Onet-le-Château, vicino Rodez, è la prima fabbrica ad essere toccata direttamente dagli effetti del Dieselgate. In Francia, solo per la Bosch, lavorano nel settore dei motori diesel 50.000 mila persone, cui vanno aggiunti i lavoratori impegnati nel gruppo PSA e in Renault.

Come ha sottolineato il prefetto al sindacato, “c’ è una chiara volontà del governo di uscire dal diesel”. Sul quotidiano La Dépêche du Midi, il delegato sindacale CFE CGC ha dichiarato che “il messaggio è arrivato”. Non bisognerà aspettarsi la solidarietà del governo che a più riprese ha denunciato il diesel come causa di tutti i mali. “In più occasioni Bruno Le Maire e altri hanno affermato che il diesel sarebbe responsabile della morte di 50.000 persone ogni anno in Francia. Ma questo è falso, è l’ inquinamento dell’ aria nel suo complesso che provoca la morte di tante persone”, spiega il delegato sindacale. Nel 2016 l’ Agenzia per la salute pubblica ha stimato che in Francia le polveri sottili provocano il decesso di almeno 48.000 ogni anno ma il diesel, che pure ha la sua parte di responsabilità nell’ emissione di particelle sottili, non è il solo responsabile. Se il governo si lascia andare a simili generalizzazioni c’ è puzza di bruciato.

“Temiamo che il governo voglia approfittare dell’ affare diesel per delocalizzare la produzione. Per la Bosch la Francia rappresenta il secondo mercato europeo ma solo l’ 1% degli investimenti globali”. Non c’ è da dubitare delle intenzioni del governo e di Bosch. Le forze sindacali chiedono da 5 anni che la produzione del sito venga diversificata, ma questa richiesta non è stata accolta. Il dieselgate e l’ impatto che il diesel ha sull’ ambiente hanno fatto crollare in cinque anni le nuove immatricolazioni di veicoli diesel dal 73% al 47% del totale dei veicoli di nuova immatricolazione. E il dato è destinato a peggiorare a causa dell’ aumento del prezzo del gasolio.

Bruno Le Maire difensore dei lavoratori?

Invitato a Europe 1 lo scorso venerdì, Bruno Le Maire ha spiegato che avrebbe discusso col presidente della Bosch. “Discuterò a lungo con lui, e gli farò due richieste. La prima è di fare un nuovo investimento su una delle due linee di produzione che ci sono a Rodez.  Per il momento non è programmato nessun investimento ma vorrei che il presidente di Bosch prendesse una decisione chiara. La seconda questione che vorrei sollevare è la diversificazione della produzione di Rodez. Oggi si occupano di motori diesel, ma credo che questa produzione non sarà in grado di garantire la piena produttività dello stabilimento.”

Un discorso molto edulcorato che vuole solo spianare la strada ad una soluzione come quella adottata per l’ industria GM&S (azienda francese che produce pezzi per le auto di Renault, Citroën e Pegeout) piuttosto che fare pressione sulla dirigenza di Bosch. Come nel caso della GM&S industry, i dipendenti di Bosch non devono aspettarsi sulla dal governo.

GM&S e Bosch: due casi identici

Il confronto tra la situazione di Bosch e della GM&S industry è interessante perché le due vicende hanno parecchi punti in comune. GM&S era uno dei principali datori di lavoro privati in una regione ad alto tasso di disoccupazione. In entrambi i casi i sindacati hanno chiesto l’ intervento del governo. Ma l’ intervento del governo non ha portato risultati soddisfacenti per la situazione della GM&S e non si vede perché mai la situazione attuale della Bosch debba avere esito diverso. In quest’ ultimo caso i sindacati hanno chiesto al governo di fare pressioni sul gruppo PSA perché acquisti il 30% dei motori ad iniezione prodotti dallo stabilimento della Bosch. Nel csso della GM&S, in accordo col governo, il gruppo PSA e Renault avevano portato a 22 milioni gli ordinativi di motori diesel e questo aveva favorito la ripresa della produzione senza però salvare i posti di lavoro. Ciò significa che questa strategia è ormai inutile perché lascia il futuro dei lavoratori in mano ad un governo che non smette di favorire i licenziamenti.

I lavoratori di Bosch devono ricordare bene la visita che Macron fece presso lo stabilimento nel 2016, quando era ancora ministro dell’ economia. Accolto dai fischi, Macron aveva cercato di spiegare che il “diesel resta al centro della politica economica francese” e che l’ avvenire del diesel sarebbe passato per l’ innovazione.

Vediamo bene cosa rimane di quest’ impegno dopo un anno e mazzo.

Sadek Basnacki

Traduzione: Ylenia Gironella

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.