L’8 marzo 2018 il presidente statunitense Donald Trump ha firmato i decreti per l’introduzione di nuovi dazi sull’acciaio e sull’alluminio che entreranno in vigore il prossimo 23 marzo,dichiarando così apertamente guerra commerciale all’Europa,al Brasile, alla Russia, alla Corea del Sud ed alla Cina, riservandosi di aprire accordi commerciali bilaterali con Canada e Messico.

L’obiettivo della politica americana è quello di ridiscutere tutti gli accordi sganciandosi dalle regole del WTO per preferire rapporti bilaterali con i singoli paesi, per ottenere sia vantaggi economici da una nuova regolamentazione dell’export, sia il controllo delle scelte politiche dei singoli Stati attraverso il ricatto economico operato su questi ultimi.

Il Presidente degli USA ha introdotto le sanzioni commerciali senza timore di ripercussioni da parte de WTO perché intende far scattare l’articolo 21 dell’Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio comunemente chiamato GATT e cioè la National Security Exception, che prevede che in situazioni economiche gravi tali da mettere a rischio la sicurezza nazionale, un qualunque Stato può introdurre dazi senza autorizzazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.

A spingere il governo statunitense verso politiche protezionistiche è anche il disequilibrio della bilancia commerciale, in passivo ormai da anni.

Nelle relazioni economiche tra gli Stati Uniti e la UE e, rispetto all’export complessivo di acciaio, l’Europa occupa uno dei primi posti con il 15% di esportazioni.

I dazi contro l’Europa colpirebbero in particolare le industrie metalmeccaniche della Germania e dell’Olanda che nell’ambito della UE risultano i maggiori esportatori di acciaio verso gli USA. Il danno economico per l’insieme degli Stati Europei ammonterebbe a circa 5 miliardi di euro, mentre l’Italia sarebbe coinvolta per circa 236 milioni di euro.

Un ulteriore colpo economico lo subirebbe anche La Russia di Putin, tra l’altro già colpita da diverse sanzioni economiche da parte della UE e degli USA, che si ritroverebbe a dover immettere il proprio acciaio su altri mercati già di per se saturi.

Una probabile ritorsione dell’Europa ai dazi commerciali Usa per un importo di circa 2,8 miliardi di euro contro alcuni prodotti importati dagli USA (Jeans, Harley Davidson, bourbon del Kentucky ecc.) darebbe corso ad una contro risposta da parte del Presidente Trump e produrrebbe una guerra commerciale ancora più ampia, coinvolgendo l’export di automobili, quello agroalimentare e quello tecnologico, con danni enormi e difficili da quantificare che aprirebbero una nuova crisi economica mondiale.

Solo per quanto riguarda l’Italia sarebbero a rischio circa 40 miliardi di export complessivo verso gli USA (https://quifinanza.it/soldi/i-dazi-di-trump-danneggiano-Italia-cosa-rischiamo/176468).

Nei confronti della Cina, che possiede gran parte del debito pubblico statunitense, il presidente americano Donald Trump sta studiando tutta una serie di dazi fino a circa 60 miliardi di dollari, che colpiranno i settori della tecnologia, dell’informazione, dell’elettronica e delle telecomunicazioni.

Le politiche protezionistiche di Trump, per quel che riguarda l’acciaio e l’alluminio,otterrebbero il risultato di veder riversare in Europa l’acciaio russo, turco, cinese e brasiliano non venduto negli USA, con una riduzione drastica del costo del prodotto dovuto all’aumento dell’offerta, con una perdita enorme di profitti e chiusura di interi stabilimenti in vari paesi in primis in Germania che è il produttore principale di acciaio in Europa a meno di non introdurre a sua volta dazi verso altri paesi.

I prodotti non venduti negli USA, sia quelli tecnologici che agroalimentari – l’Italia è uno dei primi esportatori in quest’ultimo settore verso gli USA – dovrebbero cercare nuovi potenziali acquirenti creando di conseguenza nuove convulsioni sul mercato mondiale, nuova concorrenza e nuovi conflitti commerciali, coinvolgendo così anche paesi lontani ed apparentemente estranei al conflitto.L’interconnessione delle nazioni, l’interdipendenza dei mercati e le scelte operate in una nazione producono catastrofi in zone del mondo anche lontane centinaia di migliaia di chilometri.

Il ronzio di un moscone alla Casa Bianca può benissimo produrre una tempesta a Berlino oppure a Pechino.

Quando le nazioni capitalistiche vengono colpite per un export di migliaia di miliardi di euro e quando le aggressioni economiche mettono a rischio la loro stessa esistenza, la guerra economica può benissimo trasformarsi in guerra militare perché da sempre i conflitti commerciali sono propedeutici a scontri armati tra gli Stati e tra gli Imperialismi.

La politica di Trump verso l’Europa potrebbe favorire, inoltre, l’avvicinamento della UE alla Russia con la cancellazione delle attuali sanzioni economiche al fine di rilanciare l’economia e l’export di entrambe.

Una guerra commerciale di questa portata porta con se la distruzione di intere settori industriali con migliaia di licenziamenti e rivolte di vasti settori di popolazione.

Uno dei primi risultati che si produrranno per le scelte dell’amministrazione americana, dovuta all’introduzione dei dazi, sarà un aumento negli USA delle tariffe dei prodotti realizzati con l’acciaio, in quanto il materiale proveniente dall’Europa e dal Brasile è enormemente più conveniente rispetto a quello del mercato interno, mentre dall’altro si otterrà una sovrapproduzione di tale prodotto principalmente in Europa e Brasile, con perdita repentina e catastrofica di profitti.

L’America di Trump ha scelto di sviluppare una politica protezionistica ed aggressiva per il dominio dei mercati per “fare di nuovo grande l’America”, come più volte affermato dallo stesso Trump nei suoi comizi in campagna elettorale e, terminando con la stupida e consueta frase “Dio salvi l’America”. Una politica di guerre commerciali che non esclude la possibilità di un nuovo conflitto militare mondiale,che se vedrebbe, per volontà divina ”l’America salva”, la vedrebbe però regnare su un enorme ed immenso cimitero.

Salvatore Cappuccio