Mercoledì 16 maggio Fiom e Fim della provincia di Mantova hanno indetto uno sciopero di quattro ore contro le morti sul lavoro, già oltre 300 dall’inizio dell’anno a livello nazionale, 5 delle quali solo nella zona attorno alla città ducale. L’iniziativa ha visto come momento principale il presidio di migliaia di metalmeccanici provenienti dalle più importanti fabbriche del mantovano (in primis Iveco e Marcegaglia) di fronte alla Belelli, colosso del settore energetico dove lo scorso anno un RLS (Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza) è stato sospeso per due giorni dopo aver segnalato un problema di sicurezza.

I lavoratori hanno individuato nel precariato, nei contratti che tolgono diritti, nei subappalti e nelle esternalizzazioni alcune delle cause più evidenti dell’aumento degli infortuni mortali avvenuto negli ultimi tempi. In particolare è stato segnalato da vari interventi che se viene chiesto ad un operaio con una settimana di contratto – ma anche ad uno assunto senza l’articolo 18 grazie al Jobs Act – di fare un’operazione pericolosa, la situazione di ricatto obiettivo a cui esso è costretto non lo mette certo nelle condizioni di far sentire la sua voce. Con la debole ripresa degli ultimi anni, inoltre, i padroni puntano sempre di più sugli straordinari e sull’incremento dei ritmi, invece di aumentare significativamente le assunzioni, con il risultato di aumentare le pressioni sulla forza lavoro e quindi il rischio di “tragici” episodi.

C’è poi da considerare come i capitalisti allochino sempre meno fondi per garantire la formazione adeguata ai lavoratori in tema di sicurezza o per prendere le necessarie contromisure in termini di manutenzione degli impianti etc., e per continuare a farlo, ovvero per continuare ad ingrossare i propri profitti letteralmente sulla pelle degli operai, essi si accaniscono contro gli attivisti sindacali preposti alla vigilanza sulle condizioni di lavoro. Emblematico, rimanendo alla Belelli, il recente caso di due RLS dapprima costretti dai caporeparto a svolgere sollevamenti non a norma… E in seguito sanzionati dall’azienda come “vendetta” per un recente intervento dell’ATS che aveva evidenziato forti criticità rispetto alle condizioni di sicurezza nell’azienda.

Iniziative come quelle della settimana scorsa nel mantovano dimostrano che quando i lavoratori sono chiamati all’appello la risposta è consistente (15.000 i metalmeccanici accorsi da tutta la provincia per partecipare alla manifestazione di fronte alla Belelli). Scioperi di poche ore e circoscritti a livello locale, come ce ne sono stati le scorse settimane anche in altre province, tuttavia non bastano, mentre il rifiuto mostrato dalle burocrazie sindacali a generalizzare e ad unificare attorno ad una piattaforma avanzata l’opposizione al vero e proprio stillicidio subito dai lavoratori negli ultimi mesi segnala la loro profonda inadeguatezza. Contro l’aumento delle “morti bianche” è necessario reagire con uno sciopero generale che metta al centro la sicurezza, collegando la questione anche all’abolizione delle controriforme che hanno generalizzato la precarietà negli ultimi decenni (solo da ultimo: il Jobs Act), alla rivendicazione della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e alla necessità che siano i salariati – e non i padroni – ad avere l’ultima parola sulle condizioni di lavoro e quindi di sicurezza.

Kenzo

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