Il salvatore del “coal country”?

Il West Virginia è uno stato dove, nel 2016, Trump ha vinto con quasi il 70% dei consensi, prevalentemente sulla base delle promesse di un rilancio dell’industria carbonifera locale. È un fatto risaputo che la parabola discendente dell’estrazione di carbone, spinta dall’ascesa della produzione di gas naturale, ha creato decine di migliaia di disoccupati e uno stato generale di povertà e disperazione in questo Stato.

I segni di questa disperazione sono palpabili. Fenomeni come l’abuso di oppiacei e suicidi di massa sono diventati all’ordine del giorno negli ultimi vent’anni. La maggioranza dei cittadini del West Virginia conosce almeno una persona dipendente da medicinali oppiacei o eroina. Lo Stato ha la “medaglia d’oro” nel paese per il tasso più alto di morti per overdose, e il tasso di suicidi più alto di tutti gli stati dell’Est. Si tratta anche dello Stato con la seconda più bassa aspettativa di vita di tutti gli USA.

Non c’è da stupirsi, dunque, che le promesse di Trump abbiano avuto forti consensi in questa zona. Lo Stato ha il più basso tasso di partecipazione alla forza-lavoro in tutto il paese, soprattutto per colpa della scomparsa di posti di lavoro legati all’industria del carbone – oggi, soltanto il 53% degli adulti non disabili è al lavoro. Trump è apparso come un salvatore di fronte alla tragedia del costante declino di impiego e salari. “La nostra economia sta fiorendo come non mai, e i nostri minatori sono tornati a lavorare.” Ha affermato, lo scorso settembre, a un comizio, proprio in West Virginia. Il più quotato politico Dem dello stato, il Senatore Joe Manchin, è stato in grado di salvare la propria carriera politica riciclando grosso modo la retorica di Trump sulla protezione dei “coal jobs”. Come il presidente, Manchin si è sempre opposto alla regolamentazione dell’estrazione di carbone, opponendosi anche a leggi federali che proibivano il cosiddetto “mountaintop removal mining” [cioè l’estrazione di carbone da vene portate in superificie a seguito della rimozione con cariche esplosive della cima di un monte, ndt].

Tuttavia, nonostante la demagogia di bassa lega, né Trump né Manchin si sono mai realmente preoccupati delle condizioni dei minatori, quanto piuttosto dei profitti degli industriali. A dimostrazione di ciò, durante la loro battaglia per proseguire l’estrazione del carbone, sia Repubblicani sia Democratici si sono girati dall’altra parte di fronte a una delle più gravi crisi di emergenza sanitaria degli ultimi decenni, causata proprio dall’industria carbonifera.

 

Un’emergenza per la salute dei minatori

Stando a un’investigazione a cura di NPR e Frontline [la National Public Radio e il programma documentaristico e di giornalismo d’inchiesta della CBS, ndt], resa pubblica questa settimana, più di 2000 minatori in West Virginia, Kentucky, e nei dintorni dell’Appalachia soffrono di polmone nero. Il polmone nero, o antracosi, strappa e oscura il tessuto muscolare del polmone. La malattia lascia le proprie vittime costantemente col fiato corto e le porta infine al soffocamento. Non c’è alcuna cura per il polmone nero. La maggioranza assoluta di coloro che soffrono della malattia nei suoi stadi più avanzati finiscono per morire.

Il polmone nero è causato dall’inalazione della polvere di silicio, che riempie l’aria quando i minatori trivellano nella roccia per trovare nuove vene di carbone. Con lo scarseggiare delle riserve sotterranee di carbone, aumentano le ore spese a trivellare per trovare le (poche) vene rimaste. Questo vuol dire che sempre più minatori sono esposti alla polvere di silicio, con il consumarsi progressivo delle miniere.

Il governo federale aveva riscontrato 99 casi di polmone nero tra il 2011 e il 2016. Ciononostante, i risultati della ricerca NPR/Frontline dimostrano che il numero reale dei casi corrispondeva ad una cifra pari a venti volte tanto. Le agenzie di controllo governative, sotto le amministrazioni Clinton, Bush II, Obama e Trump, hanno ripetutamente chiuso gli occhi di fronte alle prove concrete dei danni posti dalla polvere di silicio alla salute dei minatori. Le imprese del settore hanno avuto il lasciapassare dai vari governi per “auto-regolarsi”, o avvantaggiarsi delle scorciatoie legali lasciate appositamente per evitare sanzioni e monitoraggio. In molti casi, dato che la polvere veniva prodotta dalla fase “esplorativa”, e non quella prettamente “estrattiva”, non era richiesto alcun tipo di monitoraggio federale.

Storicamente, sono sempre stati i più anziani, i veterani della miniera ad essere esposti alla malattia. In alcuni regioni dell’Appalachia, a quasi un minatore su cinque di quelli che hanno lavorato per 25 anni o più è stato diagnosticato il polmone nero. Tuttavia, la malattia si è diffusa più capillarmente negli ultimi anni. La ricerca ha trovato casi di malattia in stato avanzato anche in minatori trentenni, alcuni dei quali avevano lavorato in miniera per solo 12 anni.

I pericoli del polmone nero non sono una scoperta recente; da almeno un secolo, gli esperti conoscono e comprendono che le polveri rilasciate dal carbone e dal silicio possono causare conseguenze anche fatali. Nel 1969, proprio nel West Virginia, i minatori scioperarono per quasi un mese, sotto la rivendicazione che il governo si attivasse per offrire una ricompensa alle vittime. E, come gli insegnanti del West Virginia l’anno scorso, i minatori scioperarono nonostante il loro sindacato di riferimento avesse raccomandato di non farlo. Il loro sforzo militante diede vita al “Federal Coal Mine Health and Safety Act” [Decreto Federale sulla Sicurezza e la Salute per l’Estrazione del Carbone, ndt] dello stesso anno, dopo il quale i decessi legati a malattie come il polmone nero precipitarono per decenni, fino ai primi anni 2000, quando i tassi ricominciarono a salire. Stando a quanto dice il Guardian, le percentuali di operai affetti da polmone nero sono più alte oggi di quando ebbe luogo lo sciopero, nel ’69.

 

I posti di lavoro calano, i profitti del carbone aumentano

D’altro canto, mentre i minatori continuano a soffrire queste condizioni precarie e strazianti, la situazione è decisamente diversa per gli imprenditori. Quest’anno, Trump ha spianato la strada per l’espansione delle miniere, rimuovendo quelle poche barriere erette dall’amministrazione Obama. I prezzi del carbone sono i più alti dal 2001 grazie alla crescita costante del mercato d’importazione cinese, indiano, e asiatico in generale. I posti di lavoro continuano a scendere, ma la produzione carbonifera è aumentata durante il corso di tutto il 2017, e dovrebbe risultare aumentata anche per il 2018.

Trump non è l’unico presidente USA che l’industria del carbone dovrebbe ringraziare. Nonostante le modeste restrizioni imposte da Obama sulle emissioni, non possiamo dimenticarci delle occasioni sprecate dal predecessore di Trump nel chiudere le industrie di carbone e nel sostituirle con fonti energetiche rinnovabili. Infatti, durante le sue due campagne elettorali, Obama alzò la bandiera dello sfruttamento del cosiddetto “carbone pulito” – una forma criminale di marketing. L’amministrazione Obama, inoltre, investì miliardi di dollari di fondi pubblici per stimolare lo sviluppo di cosiddette “infrastrutture verdi” per l’estrazione di carbone. Ma i miglioramenti ecologici a seguito di questi provvedimenti sono discutibili. L’industria è ancora la fonte energetica più inquinante di tutte, ed è responsabile per gran parte del mercurio tossico presente nell’aria e nell’acqua – senza considerare la quantità di CO2 che produce annualmente.

 

Le conseguenze mortali del carbone a livello globale

Non sono solamente i minatori appalachi a soffrire degli effetti devastanti del carbone. Quest’anno, abbiamo avuto modo di vedere i devastanti incendi in California, le inondazioni nelle Carolina [Carolina del Nord e del SUD, ndt], e le ondate di calore nel mondo, ognuno dei quali fenomeni è stato quantomeno potenziato e sospinto dal riscaldamento globale. L’industria carbonifera, insieme alle altre industrie di estrazione dei combustibili fossili, continua a beneficiare di gustificazioni e seconde opportunità, nonostante il suo ruolo fondamentale nell’innalzamento delle temperature del globo, non soltanto provenienti dai negazionisti della teoria del riscaldamento globale, ma anche da politici Democratici che rifiutano di compiere atti significativi per porre fine ai suoi danni.

Mettere fine all’industria non vuol dire necessariamente lasciare per strada i minatori. Il carbone potrebbe essere sostituito da industrie statali, gestite da lavoratori e consumatori, incentrate sullo sfruttamento di energie rinnovabili, mantenendo i posti di lavoro e tagliando al contempo le emissioni di anidride carbonica.

Lo storico movimento operaio del West Virginia potrebbe essere fondamentale nel salvaguardare la salute degli operai, e al tempo stesso nel contribuire alla fine della produzione di carbone e alla creazione di posti di lavoro legati all’energia rinnovabile. Questa prospettiva può sembrare remota, dato lo stato disastrato del mercato del lavoro nell’area. Tuttavia, nonostante il movimento operaio sia assopito, non è di certo morto. Quasi un anno fa, i coraggiosi insegnanti del West Virginia hanno scioperato per un mese, senza autorizzazione sindacale, per ottenere migliore assicurazione sanitaria e un aumento generale dei salari, accendendo la miccia di un movimento nazionale di mobilitazione e organizzazione di migliaia di insegnati. Questi scioperi indicano la via per i lavoratori del West Virginia, anche se i leader sindacali continuano ad essere passivi.

Oggi, i lavoratori del West Virginia vedono Trump come un salvatore. Ma la rinascita del movimento operaio che rivendicasse lavoro per tutti, welfare sanitario, e una netta alternativa al carbone potrebbe dimostrare che Trump e tutti quelli, che in teoria stanno dalla parte dei minatori, non condividono gli interessi di questi ultimi.

Quando verrà il momento di scegliere con chi schierarsi – se con i manager dell’industria del carbone o con i lavoratori e la popolazione povera dell’Appalachia – sarà chiaro da che parte sta Trump.

 

Robert Belano

Traduzione di Luca Gieri da Left Voice

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