Grande successo a Venezia 2018, 10 candidature agli Oscar e attrici protagoniste sempre più ricoperte di premi. Si parla dell’ultima fatica del regista greco Yorgos Lanthimos, dal titolo “La favorita”. La trama appare abbastanza banale, soprattutto perché raramente film su eventi o personaggi storici realmente accaduti possiedono veri colpi di scena.
Ci troviamo agli inizi del ‘700 (esattamente nel 1706), L’Inghilterra sta affrontando una costosissima guerra contro la Francia che i Tory vorrebbero far cessare per ridurre le ingenti tasse che il popolo deve sostenere. La regina Anne (Olivia Colman), è la persona che possiede l’ultima parola in merito; a causa di una salute troppo fragile ed un carattere troppo debole e malleabile, lascia che a governare il regno sia la sua dama di compagnia, Sarah Churchill (Rachel Weisz), che appoggia la posizione dei Whig, il partito opposto ai Tory. Una mattina fa il suo ingresso a corte una giovane dall’aspetto regale, ma senza più un soldo o un titolo nobiliare: Abigail Hill (Emma Stone). Abigail si scopre essere la cugina di Sarah, la quale tenta di aiutarla a corte, rendendola il suo braccio destro. Lo scontro tra queste tre donne fa base per lo sviluppo ulteriore della trama.
La figura di Anne, ripresa sempre nei suoi abiti barocchi che le coprono il corpo grasso, è resa da subito innocua. Lo spettatore resta infastidito dalla sua indecisione ma, alla fine, la pietà prende il sopravvento: Anne, pur essendo regina, è l’anello debole di un’intera gerarchia basata sul volersi arricchire. Sarah intrattiene rapporti sessuali con la regina, dicendo più volte di amarla. Ovviamente il ruolo interpretato da Sarah è ben studiato: l’andare a letto con la regina le porta prestigio, privilegi e potere. Sarah è l’unica donna a parlare in parlamento, mentre Anne finge di svenire o non si presenta.
Abigail, che viene introdotta come un personaggio dolce e amorevole, rivela durante tutto il corso della pellicola la sua vera natura. Scoperta la relazione sessuale tra Sarah e Anne, decide di scavalcare Sarah, andando a letto con la regina, pronta a subire le peggiori umiliazioni pur di riacquisire il titolo nobiliare perduto. Entrambe le dame di compagnia si prendono gioco della debolezza e del bisogno di amore di questa monarca, l‘intera pellicola si snoda tramite i giochi di potere e le strategie attuate dalle protagoniste per ottenerlo: l‘estetica esagerate ed esasperata è solo un riflesso della protagoniste stesse. L’uso del grandangolo è simbolico: oltre a riprodurre immagini che paiono tratte da quadri fiamminghi, simboleggia la natura portata all’esasperazione nell’ottica di questa spasmodica ricerca del potere.
Per quanto Lanthimos paia lontano dal suo periodo ellenico, paradossalmente “La favorita” pare esserne un tassello mancante. La sceneggiatura curata da Deborah Davis e Tony McNamara è così compiuta da sfiorare la “perfezione”, inserendo nell’impianto hollywoodiano, con cui ora collabora il regista greco, tutto quel cinismo e nichilismo tipico della sua meno sfarzosa trilogia greca (My best friend, Kynodontas e Alps). Ogni personaggio è solamente negativo: anche il futuro Primo Ministro, supporter dei Tory (Nicholas Hoult) che tanto pretende la diminuzione delle tasse, si rivelerà essere solo l’ennesimo opportunista a cui interessano prima di tutto il ruolo di Primo Ministro e la gestione dei rapporti con la Francia.
Quell’andare oltre ogni limite è rappresentato anche dal periodo storico in cui prende luogo la vicenda: il Barocco fu un intermezzo, nella nostra Storia, estremo sotto ogni aspetto: politico, culturale, artistico. I costumi indossati dagli attori, i maschi che ritengono virile e seducente indossare parrucche e ciglia finte e le ampie e colorate gonne delle donne, si scontrano con la debolezza dell’illuminazione usata da Lanthimos. Non è presente nessuna luce di scena, l’intero film è stato girato utilizzando la luce naturale, non usando altro che candele per le scene notturne.
Il finale, tuttavia, fa crollare la gerarchia costruita a fatica, che vede Sarah esiliata e Abigail dama di compagnia, sposata ad un politico. La regina Anne, ormai vittima della gotta, osserva i suoi 17 coniglietti, ognuno dei quali rappresenta un suo bambino nato morto. Abigail poggia la schiena su una poltrona, presa dalla lettura di un libro. Un coniglietto si avvicina alla dama di compagnia, la quale decide di schiacciarlo lentamente con il piede. Anne, accortasi di questo gesto e capendo di essere stata ingannata, tenta di alzarsi dal letto, finendo con l’aggrapparsi alla maniglia della porta. Abigail le si avvicina per sostenerla. In quell’istante, la regina la obbliga ad inginocchiarsi per massaggiarle la gamba malata. La dama obbedisce, con un viso che esprime disgusto. Anne allunga una mano e spinge verso il basso la testa di Abigail, portandola ad inchinarsi. L’espressione sul viso di Abigail cambia radicalmente: la sconfitta è lei e lo capisce in quel momento. Abigail perde perché si rende conto di essere sprofondata nel nulla assoluto, nella più stretta sottomissione, luogo che ha voluto tanto conquistare da sola.
Il messaggio nichilistico di Lanthimos arriva forte e chiaro: non c’è una libertà al di sopra della schiavitù, una volta arrivati al potere; la conquista e il mantenimento del potere su una massa di asserviti, il “dover opprimere” gli altri, chiedono una sottomissione totale al potere per il potere. Il nulla vince.
Sabrina Monno
Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.