Tra ieri, oggi e domani la città di Verona è sede del Congresso mondiale della famiglia, un incontro di organizzazioni antiabortiste e omofobe di tutto il mondo. Ma la città di Romeo e Giulietta vedrà allo stesso tempo una serie di attività di protesta: riunioni e manifestazioni convocate dal movimento Non Una di Meno, con attivisti e attiviste da tutta Italia.
Il Congresso mondiale della famiglia si propone l’obiettivo di “affermare, celebrare e difendere la famiglia naturale come l’unica unità stabile e fondamentale della società”. Sui propri siti web affermano che: “Dato che la famiglia è l’istituzione sociale originale che pone le basi di una società moralmente responsabile, con l’appoggio del Vicepremier, Ministro Matteo Salvini, e del Ministro della Famiglia e della Disabilità Lorenzo Fontana, del Governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, e del sindaco Federico Sboarina, la città di Verona è orgogliosa di ospitare, dopo Budapest e Chisinau, il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie!”.
E’ un incontro internazionale, questo, di gruppi i movimenti antiabortisti e militanti antiLGBT, che promuovono la famiglia eteropatriarcale come unica possibile. Il Congresso include attività come conferenze per parlare sulla “bellezza del matrimonio” e una manifestazione nel centro della città.
L’evento può contare sul patrocinio del Ministero della Famiglia (e, fino a pochi giorni fa, anche su quello della Presidenza del Consiglio dei Ministri), cosa che ha generato una presa di posizione sdegnata di molte organizzazioni sociali, e la pubblicazione di una petizione firmata da centinaia di intellettuali, che esigeva il ritiro di questo appoggio ufficiale.
Non Una Di Meno denuncia il carattere conservatore di questo Congresso e sostiene che “nella famiglia patriarcale eternormata si produce e riproduce un modello sociale gerarchico e sessista: è il luogo dove si verifica la maggior parte delle violenze di genere, ed è il dispositivo che riproduce la divisione sessuale del lavoro e l’oppressione […] La famiglia è un’infrastruttura ideologica che si utilizza per scopi razzisti per appoggiare la riproduzione dell’identià nazionale di pelle bianca. Per questa ragione, ribadiamo che la libertà di autodeterminazione delle donne e di tutte le soggettività LGBT*QI+ non può separarsi dalla libertà di movimento delle e dei migranti La violenza delle frontiere si articola nei territori e nei corpi delle persone che le attraversano”.
In un contesto politico mondiale di grandi polarizzazioni a destra e sinistra, con la crisi dei partiti dell’”estremo centro”, i populismi di destra mettono in campo un discorso xenofobo e razzista. Gran parte di queste formazioni si attestano pure su posizioni “antigender”, nella direzione di una reazione conservatrice di fronte all’ascesa del movimento delle donne.
In questa corrente si può includere differenti gruppi, da correnti della “Alt Right” negli USA con mezzi digitali come Breitbart – il cui ex-presidente esecutivo è stato il destro Steve Bannon, il quale attualmente risiede in Italia, da dove coordina gruppi di estrema destra di tutto il continente -, Donald Trump, Bolsonaro, Salvini, l’estrema destra conservatrice di Jobbik in Ungheria, o di Vox in Spagna. Questi settori esprimono posizioni apertamente reazionaria nei confronti delle libertà democratiche e dei diritti conquistati dalle donne negli ultimi decenni, promuovendo la causa del ritorno a un modello di “famiglia tradizionale” e battendosi per l’abolizione delle leggi per l’eguaglianza della coppia nel matrimonio, di quelle che garantiscono il diritto all’aborto e che riguardano la violenza di genere. Pretendono di restaurare oggi le relazioni patriarcali più conservatrici, così che le donne tornino ad essere gli “angeli del focolare”, schiave relegate in casa
Il marxismo e la famiglia
Nel suo libro L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Friedrich Engels spiega la relazione tra la nascita della proprietà privata, la divisione classista della società e la cristallizzazione dei di una istituzione familiare patriarcale. Engels afferma: “L’uomo prese nelle mani anche il timone della casa, la donna fu avvilita, asservita, resa schiava delle sue voglie e semplice strumento per produrre figli. […] Per assicurare la fedeltà della donna, e perciò la paternità dei figli, la donna viene sottoposta incondizionatamente al potere dell’uomo; uccidendola egli non fa che esercitare il suo diritto”.
Se le relazioni patriarcali di oppressione della donna nella famiglia sono largamente anteriori al capitalismo, lo sviluppo di questo sistema sociale stabilisce una nuova divisione tra l’ambito “pubblico” e l’ambito “privato”, nel quale sono relegate le donne. La famiglia si trasforma in un luogo fondamentale per gran parte dei compiti di riproduzione della forza-lavoro, tramite il lavoro gratuito delle mogli che assolutamente non viene riconosciuto come tale, perché appare come un’attività “naturale” femminile all’interno della famiglia.
Nel fuoco della rivoluzione russa, i marxisti rivoluzionari approfondirono la loro visione sulla funzione sociale della famiglia, così come sulle trasformazioni dell’istituzione familiare nella storia. I bolscevichi analizzarono come l’entrata nel mercato del lavoro gettava le basi per l’emancipazione delle donne, ma allo stesso tempo si rinforzava l’oppressione su di esse, dato che su di esse ricadeva così un doppio peso, quello del lavoro “ufficiale” e quello del lavoro domestico. Per questo, difesero tutta una serie di politiche per garantire l’uguaglianza delle donne di fronte alla legge, l’uguaglianza all’accesso del mercato del lavoro, ma anche misure per liberare le donne dal carico del lavoro domestico, socializzando questi compiti mediante la diffusione di mense, lavanderie e asili comunitari.
Contro le loro politiche reazionarie: mobilitazione e auto-organizzazione
Non è casuale che questo Congresso della famiglia si svolga quest’anno in Italia, in una fase di crisi, quando il governo Salvini-Di Maio si serve del discorso sovranista per risollevare l’Italia come potenza in Europa. La politica di relegare le donne al “focolare domestico” e di “riscoprire” e rafforzare la famiglia “tradizionale” patriarcale, per costringere le donne ad accollarsi gratuitamente gran parte del lavoro di cura, è una via per diminuire la spesa statale in questo settore. Perciò, questa lotta non va combattuta solo sul piano ideologico, su quale “modello di famiglia” si preferisce, quando è in gioco la vita di milioni di persone, tanto delle donne alle quali si vogliono negare i diritti fondamentali, come degli uomini e delle donne della classe lavoratrice ai quali si vogliono imporre condizioni di sfruttamento ancora peggiori. Per questo, la lotta per l’uguaglianza dei diritti per tutte le persone va aldilà delle loro scelte sessuali e dei diritti delle donne: è una lotta contro il sistema capitalista.
Per questi motivi non possiamo che ripudiare il congresso di Verona e mobilitarci per le iniziative indette da NUDM. Affinché si costruisca un movimento transfemminista internazionale che sia indipendente, perché né l’estrema destra né le “progressiste liberali” rappresentano i nostri interessi. Un movimento che sia anche antirazzista, perché le donne migranti e razzializzate sono soffocate da doppie, triple catene di oppressione e sfruttamento. Un movimento allo stesso tempo anticapitalista e revoluzionario: perché non ci conformiamo a lottare soltanto per “migliori condizioni” dentro questo sistema, ma vogliamo farla finita col patriarcato sin dalle sue radici, e questo non si può dare senza farla finita col capitalismo. Per questo rivendichiamo il coordinamento delle lotte del movimento delle donne, dei lavoratori e degli studenti que si organizzano. Questa è l’unica risposta possibile alla profonda crisi organica presente in Italia, l’unica se vogliamo che le donne abbiano veramente il diritto alla vita: non a una vita destinata alla maternità e alla cura dei figli né allo sfruttamento, ma a una vita degna d’essere vissuta.
Josefina L. Martínez
Scilla Di Pietro
Nata a Napoli il 1997, già militante del movimento studentesco napoletano con il CSNE-CSR. Vive lavora a Roma. È tra le fondatrici della corrente femminisa rivoluzionaria "Il Pane e Le Rose. Milita nella Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) ed è redattrice della Voce delle Lotte.