Tell it to the bees è una pellicola indipendente, diretta da Annabel Jankel, presentata ufficialmente durante la scorsa edizione del Toronto Film Festival. Il film, nonostante le critiche positive, non ha trovato da subito una distribuzione, di fatti sarà disponibile nelle sale europee solo dopo il 26 luglio 2019. Nonostante la semplicità della storia ed una regia molto lineare, Tell it to the bees è una piccola produzione che merita attenzione, non per la relazione omosessuale rappresentata, ma per l’impianto sociale in cui sboccia questa storia d’amore.

 

La Scozia del secondo Dopoguerra

Il film inizia con la voce narrante di un adulto Charlie, che ricorda una parte della propria infanzia trascorsa in Scozia nel 1952. Ci troviamo catapultati in una cittadina rurale, abitata da poca gente, la cui principale fonte di guadagno è una fabbrica tessile. Charlie vive solo con sua mamma, una donna inglese di nome Lydia, un’operaia, come la maggior parte delle donne del paese. La situazione familiare di Charlie risulta atipica per l’epoca in quanto il bambino viene cresciuto dalla sola madre, senza alcuna figura paterna. Per via di questa sua diversità Charlie è vittima di bullismo. Lo stesso accade a Lydia, la quale si trova costretta a fare turni sfiancanti in fabbrica, ovviamente sottopagati, dopo essere stata abbandonata dal padre di Charlie. Robert, il papà del piccolo protagonista, decide di rompere la relazione con Lydia per inseguire prima la libertà, poi un’altra donna, venendo così meno anche, se non soprattutto, ai propri doveri di padre. Purtroppo il punto di vista della città è differente e colei che dovrebbe essere la vittima, viene accusata di essere la colpevole. La sorella di Robert incolpa Lydia della fuga del fratello, non essendo stata capace lei di tenersi un uomo. L’unico personaggio che supporta Lydia, è la cugina di nome Annie, una giovane donna innamorata di un uomo di colore.

Il fattore dirompente

A rompere questo tipo di equilibrio, in cui le donne tacciono e gli uomini sono liberi di agire come meglio credono, arriva la dottoressa Jean Markahm, figlia del precedente dottore del paese. Charlie e la dottoressa si incontrano dopo pochi minuti dall’inizio del film. Jean si prende cura del bambino, il quale ha subito l’ennesima violenza da un bulletto. I due personaggi scoprono di avere un interesse comune: le api. Jean decide di invitare Charlie a casa sua per insegnargli le basi dell’apicoltura. Il bambino accetta con entusiasmo e scopre di poter trovare nelle api degli amici sinceri, poiché, come detto da Jean, bisogna sempre dire i propri segreti alle api perché loro sapranno custodirli.
Il personaggio di Jean si distingue per una magnifica dualità che lo spettatore percepisce da subito. Il voler esercitare la professione di medico in una cittadina retrograda, risulta essere una forte presa di posizione, incrementata dalla lotta continua che Jean deve portare avanti per far sì che le proprie prescrizioni mediche vengano eseguite. Tuttavia questa forza di volontà dirompente viene meno quando il personaggio è osservato nella sua sfera privata-emozionale: sotto questa lente infatti Jean appare nervosa, con lo sguardo basso e intimorito.

 

L’incontro e lo scandalo

Lydia scopre che Charlie è stato più volte a casa del medico del paese. Infuriata, decide di affrontare il dottore, con la convinzione di dover fronteggiare un uomo. Sconcertata e poi divertita, Lydia scopre subito che non si tratta di un dottore, ma di una dottoressa. Le due donne si incontrano ufficialmente e nasce un tenero legame tra le due, sancito dall’essere entrambe emarginate dalla gerarchia sociale del paese. Dopo varie peripezie, Lydia si vedrà sfrattata di casa per poi essere accolta da Jean, che la assume come governante. Lydia e Charlie si trasferiscono definitivamente, dando inizio alla loro nuova vita. Il paese, tuttavia, non vede di buon occhio questa novità. Per il paese si diffondono voci riguardante l’omosessualità di Jean, che arrivano presto alle orecchie di Lydia. La donna, fortunatamente, non fugge dopo aver appreso la notizia e decide di mostrare quello che realmente prova nei confronti di Jean: amore. Le due protagoniste, finalmente, decidono di iniziare una relazione d’amore insieme.

A questo punto della pellicola, in cui la storyline principale del film ha raggiunto il suo apice, bisogna spostare l’attenzione sui personaggi secondari di Tell it to the bees. Inevitabilmente le voci su una relazione tra le due protagoniste fanno allarmare la città, fino alla conferma definitiva della relazione, avvenuta dopo la fuga di Charlie da casa per nascondersi dal padre. La città grida allo scandalo e Robert vuole la custodia di Charlie, ma dove sarà il vero scandalo? Improvvisamente la regia si concentra sempre meno su Jean e Lydia e la loro vicenda ci interessa sempre meno, perché la macchina da presa è completamente incentrata su Annie. Anche la relazione di Annie con George (il ragazzo di colore) è stata scoperta, come è stato scoperto che Annie aspetta un bambino da lui. Dopo aver visto la mamma di Annie dare soldi di nascosto ad una signora, la notte dell’epilogo del film, scopriamo la vera identità di questa donna. La signora è un’infermiera che pratica aborti illegalmente. Charlie viene chiuso in una stanza con la musica ad alto volume, mentre nella stanza adiacente Robert tiene ferma la nipote spalancandole le gambe. Qual è il vero scandalo? La regia di Annabel Jankel ci dà la risposta dimenticandosi completamente delle due protagoniste. Il tempo scenico è tutto per l’aborto, per il lavoro in fabbrica, per le dicerie e per la mortalità infantile causata da contagio o infezioni. Lydia e Jean sono solo due persone che si innamorano e decidono di unire le proprie vite, nulla di più. I segreti da consegnare alle api sono bel altri e la regia, come un’ape regina, diventa giustiziere e critico dei propri sudditi. I segreti esplodono e l’unica che potrà creare un nuovo equilibrio è proprio Jean, le cui conoscenze mediche salveranno Annie e, successivamente, l’intera città.

 

Il futuro e la speranza

Il film, ovviamente, non può avere un lieto fine. Le due protagoniste accettano di separarsi, perché Jean ha il compito di restare in città ed aiutare tutte le donne, mentre Lydia deve fuggire per impedire a Robert di impossessarsi di Charlie. La pellicola si conclude così, ma anche con un barlume di speranza che risiede nelle generazioni future. La voce narrante di Charlie adulto, lascia intendere che un vento differente sarebbe arrivato, magari non subito, ma nel tempo. Lydia e Jean sono due esempi di emancipazione differente che hanno avuto l’occasione di incontrarsi. Lydia continua ad essere il modello di donna indipendente che non vede nel partner una figura di salvezza, ma un proprio pari con il quale costruire qualcosa o, semplicemente, una persona da amare. Jean, invece, possiede una forza differente che si riversa nella figura professionale che esercita e che ha la priorità assoluta.

Sebbene rimangono entrambi modelli di emancipazione “borghesi”, risultano passaggi necessari come pre-condizione per una emancipazione più profonda e per questa ragione, e per tutte le altre sopra menzionate,  Tell it to the bees si conferma l’ennesimo piccolo film indipendente che, con il suo piccolo budget e la sua minima distribuzione, risulta essere più determinante e sincero di tanti altri film hollywoodiani.

Sabrina Monno

 

Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.