Mentre continuano le mobilitazioni contro il governo, in Cile emergono notizie di violenze e abusi sessuali contro le donne coinvolte nelle proteste.


In Cile, negli ultimi giorni, sono state sollevate molteplici accuse da parte di organizzazioni femministe e per i diritti umani riguardo a percosse, abusi e minacce di stupro contro le donne che partecipano alle proteste e ai cacerolazos (dimostrazioni in cui i manifestanti sbattono pentole e padelle).

A seguito degli arresti e degli attacchi ai manifestanti, le donne denunciano casi di abusi sessuali da parte delle forze speciali cilene, della polizia nazionale cilena e dell’esercito. Poiché il Cile rimane sotto stato di emergenza con coprifuoco in diverse città, tali segnalazioni sono in aumento. C’è una lunga storia di violenza politico-sessuale in Cile e in America Latina nei momenti di scontro di classe aperto, come quello che sta vivendo il Cile ora.

Ha detto uno psicologo di Santiago del Cile, parlando con la garanzia del proprio anonimato:

Tutte le donne arrestate sono state spogliate nude di fronte agli uomini, non di fronte alle donne, come dice la legge. Tutte sono state toccate nei genitali, sui seni; molte hanno avuto la punta o il calcio di un fucile inserito nella loro vagina e sono state minacciate di stupro anale, di “essere trattate come puttane”, di violenza ed infine di essere uccise. Molte di queste ragazze non sono ancora tornate a casa.

L’incerto destino di molti di coloro che sono stati arrestati – 2.000 persone secondo i vari resoconti di cronaca – è un’arma per infondere paura nella gente.

Una donna arrestata ha descritto di essere stata messa a faccia in giù sulla spazzatura mentre un membro dell’esercito ha minacciato di spararle se si fosse mossa, toccandola con il suo fucile, dicendo che l’avrebbe “penetrata con l’arma”. L’accusa è stata raccolta dall’Istituto Nazionale dei Diritti Umani (INDH), che ha portato questo e molti altri casi in tribunale per denunciare la violenza contro le donne nelle proteste.

Pamela Maldonado, arrestata con suo padre a Santiago, ha riferito che, mentre si recava alla stazione di polizia, un agente della polizia nazionale ha minacciato di aggredirla sessualmente. “Vediamo se ti piace su per il culo”, ha detto mentre veniva trasportata.

Non è la prima volta che le forze della repressione in Cile sono state coinvolte in violenze e abusi sessuali. Durante le proteste studentesche degli ultimi anni, sono state presentate molte denunce contro le forze speciali della polizia nazionale cilena per aver sollevato le gonne delle studentesse delle scuole superiori. Le studentesse arrestate durante le proteste hanno anche confermato che la polizia ha toccato loro genitali, le ha spogliate nude e le ha insultate – chiamandole, tra gli altri nomi, “puttane del cazzo” e “dighe” (epiteto omofobo per indicare il lesbismo).

La violenza sessuale come arma del terrorismo di Stato

In America Latina, le torture commesse dalle forze armate contro le donne hanno una lunga storia. Gli abusi e gli stupri erano comuni sotto le dittature militari latinoamericane; la “disciplina di genere” era una parte importante della violenza di stato contro le donne. Durante il processo contro il genocida Miguel Osvaldo Etchecolatz in Argentina, l’avvocatessa Myriam Bregman (querelante in questo e altri casi di crimini contro l’umanità, nonché membro del Congresso per il Fronte di Sinistra e dei Lavoratori) ha sostenuto che “la violenza sessuale come forma di terrorismo di Stato” dovrebbe essere riconosciuta come parte fondamentale delle azioni che le Forze Armate hanno intrapreso per mantenere il controllo sulla popolazione.

Anche sotto regimi “democratici”, gli stupri e gli abusi sono stati uno strumento delle forze repressive in America Latina. Uno dei casi ben noti negli ultimi decenni si è verificato a San Salvador Atenco, in Messico, nel 2006, durante le mobilitazioni per proteggere i venditori di fiori contro lo sfratto e l’invasione dello Stato sui terreni comunitari. L’ex presidente e poi governatore dello Stato del Messico, Enrique Peña Nieto, ha ordinato un’intensa repressione che ha coinvolto 3.000 truppe federali contro la popolazione di San Salvador Atenco. Nell’ambito di tale repressione, decine di donne sono state sistematicamente torturate e stuprate da agenti di polizia.

Le violazioni commesse dai membri delle forze repressive, sia allora che oggi, trasmettono un chiaro messaggio di punizione e disciplina, sia fisica che politica. La violenza non si esaurisce con lo stupro. Persiste nel successivo mettere a tacere le donne che si fanno avanti.

In un altro esempio, le truppe della Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (MINUSTAH) sono state costantemente accusate di stupro, abusi e prostituzione di donne e ragazze. Molte branche delle forze repressive in Cile, così come quelle in Brasile, Uruguay, Argentina, Bolivia, Ecuador, Guatemala, Paraguay e Perù, sono state addestrate da MINUSTAH.

Ad Haiti, le forze di pace delle Nazioni Unite sono state indentificate come responsabili da 225 donne per le accuse di sfruttamento e abuso sessuale; un terzo delle vittime era di età inferiore ai 18 anni. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, tra il 2008 e il 2013, sono state denunciate 480 accuse di sfruttamento sessuale e abusi da parte delle forze di pace dell’ONU, un terzo delle quali riguardava bambini. Il maggior numero di casi si concentra nella Repubblica Democratica del Congo, in Liberia, ad Haiti e nel Sudan meridionale. Nel 2014, sono state segnalate altre 51 accuse di abusi sessuali contro le forze di pace dell’ONU. Quasi la metà delle accuse contro i soldati erano legate ad attività sessuale minorile e il 15% riguardava stupri e aggressioni sessuali.

I continui abusi da parte delle forze militari e della polizia confermano che la violenza sessuale rimane un’arma contro le donne nei momenti di intensa repressione. Lo Stato è necessariamente complice nella riproduzione di una lunga catena di violenza patriarcale. Gli ultimi esempi di abusi in Cile e la negazione dei diritti confermano ancora una volta la responsabilità dello Stato per la continua violenza contro le donne.

Celeste Murillo

Traduzione da Left Voice

Nata a Buenos Aires nel 1977. È traduttrice e studiosa di storia. È militante del Partito Socialista dei Lavoratori (PTS) e del gruppo Pan y Rosas. Come  giornalista si occupa di cultura e genere nel programma radiofonico El Círculo Rojo. È stata responsabile dell’edizione in castellano de La mujer, el Estado y la Revoluciónde Wendy Z. Goldman e ha contribuito a Luchadoras. Historias de mujeres que hicieron historia (2006, reedición 2018).