Diciamolo subito: “Wir sind die Welle“ è un prodotto Netflix e, pertanto, è fatto per essere piaciuto e consumato da clienti che, prima di tutto, devono essere intrattenuti. Questa caratteristica endogena della produzione, però, non elimina la sua capacità di sollevare temi sensibili e addirittura di risvegliare la coscienza di classe. Il caso di questa serie tedesca fa venire in mente un altro dibattito, quello sul controverso Joker: Joker reazionario nichilista vs Joker tribuno anti-capitalista. Nel caso dell’ultimo film su Joker gli elementi a favore della tesi “Joker tribuno rivoluzionario“ sono almeno due: egli non individua i suoi nemici in altri proletari o sottoproletari (per esempio di altre etnie o orientamenti sessuali) e sembra al contrario mostrare una certa intuizione per il fatto che in fondo sono tutti “sulla stessa barca” in quanto tutti appartenenti alla classe degli sfruttati (pensiamo alla sua inazione sia fisica ma soprattutto verbale di fronte ad alcuni ragazzi di periferia, poveri cristi come lui, che lo malmenano per puro diletto). Nella scena-chiave, quella che lo renderà famoso agli occhi dei proletari della città, reagisce invece a una provocazione uccidendo dei bulli che lo avevano aggredito, tre bianchi rampolli annoiati dell’alta borghesia cittadina. Il suo successo comincia proprio da questa reazione di auto-difesa che lo farà diventare un modello di antagonismo contro i ricchi politici borghesi che governano la città. L’altro elemento per riabilitare Joker tra noi rivoluzionari è la sua opposizione a Batman. Chiediamoci: l’avevamo mai visto un film così? Un film cioè dove per la prima volta quello che per decenni è stato il cattivo di Batman (cioè di un ricchissimo bianco borghese) da antagonista diventa protagonista e, sebbene rimanga una figura controversa, viene quanto meno presentata come una figura da comprendere, che ispira a masse di sfruttati e diseredati un sentimento di rivalsa e ribellione. Ci sarebbe forse da chiedersi se si sia formata una sensibilità nuova nel grande pubblico, o almeno in una fetta di esso, una sensibilità che consente che certe tematiche politicamente scomode riescano a emergere nel mainstream. Se questo è il caso, bisogna certo rimanere allerta rispetto al come e al perché la grande industria culturale “investa” su queste tematiche, ma anche cercare di sfruttare la visibilità che queste produzioni hanno per far valere le nostre parole d’ordine rispetto ad esse.


Analogamente a “Joker”, “Wir Sind die Well“ (titolo italiano: Noi siamo l’onda) è un prodotto politicamente controverso per il circuito mainstream. La serie tv è ispirata all’omonimo romanzo di Todd Strasser e al precedente film del 2008, con una differenza sostanziale rispetto ai primi due: se la storia originale mirava a mostrare come nascono le strutture autoritarie (un ragazzo carismatico diventa il leader di un’associazione cameratesca fondata su disciplina e fedeltà), il punto di questa versione Netflix 2019 sembra essere un altro: sebbene Tristan, uno studente appena arrivato, giochi, soprattutto all’inizio, la parte del leader, col procedere degli episodi si comprende che ciò che è centrale è la rabbia sociale, spontanea, orizzontale e partecipativa dei ragazzi e delle ragazze contro il sistema. L’obiettivo delle loro azioni, peraltro, è lo stesso di Joker: la borghesia, ma anche più in generale il lusso e i privilegi. Nello specifico, li vedrete mettere in scena trovate più o meno goliardiche, giocose e sicuramente radicali contro speculatori edilizi, aziende inquinanti, eccetera, e postare tutto su internet per attirare l’attenzione e fomentare l’odio verso il lusso e le corporations. Dal punto di vista psicologico, il nodo centrale sembra essere una costante tensione tra il sacrificio per il bene comune e la preservazione individuale.
Questi giovani studenti tedeschi, però, parlano raramente di ciò che vogliono davvero e pronunciano la parola “anticapitalismo“ una volta sola. Nonostante ciò,
è palese che siano ispirati in qualche modo a valori marcatamente di sinistra, se si pensa ai loro contrasti con i nazisti, al loro ambientalismo, alla messa in discussione del capitalismo o anche solo alla t-shirt „S.Pauli“ indossata dal protagonista, in omaggio alla storica squadra di calcio amburghese, tra i simboli della cultura popolare e di sinistra tedesca contemporanea.

I limiti di “Wir sind die Welle“ rimangono gli stessi di Joker e cioè, per così dire, la mancanza di uno spessore politico “superiore“, di un discorso politico esplicito, che non rimuova la questione della rivoluzione sociale, spesso semplificata, amputata in riot plebeo. Entrambe le produzioni sono infatti paragonabili alla messa in scena di un” voto di protesta“ e, proprio come per la rabbia “cieca” delle masse fuori dagli schermi, esiste in principio la possibilità di armare di teoria rivoluzionaria sia il malessere psichico di Joker, sia il malcontento per le ingiustizie individuali e collettive dei teenager di Wir sind die Welle, cioè il malessere e il malcontento dei loro spettatori e “fan”.

Qui, il link al trailer di Wir sind die Welle

Matteo Iammarrone

Nato a Torremaggiore, in Puglia, nel 1995, si è laureato in filosofia all'Università di Bologna. Dopo un master all'Università di Gothenburg (in Svezia), ha ottenuto un dottorato nella stessa città dove tuttora vive, fa ricerca e scrive come corrispondente de La Voce delle lotte.