Se la tattica serve a vincere le battaglie, la strategia è l’arte di vincere la guerra. Come può la classe lavoratrice vincere la lotta di classe nel suo complesso e conquistare il potere politico?

Pubblichiamo la seconda di due parti di uno scritto introduttivo alla questione della strategia per il movimento operaio e per il marxismo. Qui la prima parte.


I soviet non cadono dal cielo

Raramente faremo esperienza di momenti puramente rivoluzionari o puramente controrivoluzionari. In un’era di decadenza capitalista, è più probabile trovarsi in momenti di transizione con caratteri di entrambi i tipi, suscettibili di cambiamenti repentini. Non ha senso quindi impiegare una strategia per situazioni non rivoluzionarie e una strategia differente quando queste situazioni diventano rivoluzionarie, come invece sosteneva Karl Kautsky. La strategia è l’arte della vittoria e questo include servirsi di periodi di stabilità capitalista per prepararsi a fasi in cui quella stabilità viene meno.

I consigli non sorgono automaticamente nel momento in cui inizia una rivoluzione. I comportamenti dei lavoratori in un contesto di crisi rivoluzionaria dipendono enormemente dalle loro esperienze precedenti. Trotsky osservò che i lavoratori di Pietrogrado fondarono il loro soviet spontaneamente, senza alcun tipo di direttiva da parte dei capi dei partiti operai. Ma questa “spontaneità” fu il risultato di anni di addestramento politico da parte del partito bolscevico.

Alcuni socialisti mostrano una certa tendenza “oggettivista” nei confronti dei soviet; prendendo in esame una data situazione rivoluzionaria, si chiedono semplicemente: “in questa situazione sono apparse forme consiliari?”, come se l’azione politica dei rivoluzionari fosse del tutto ininfluente.

Un esempio di questa tendenza lo possiamo trovare nella rivoluzione spagnola. Andreu Nin, leader del POUM, ruppe la sua alleanza con Trotsky e si schierò col fronte popolare, una coalizione di partiti riformisti borghesi fondata sulla difesa della proprietà privata. Quando scoppiò la rivoluzione, il POUM entrò nella Generalitat della Catalogna, un governo borghese di cui Nin entrò a far parte nelle veci di ministro della giustizia.

Trockij sosteneva che entrare a far parte di un governo borghese fosse un tradimento; Nin rispose che non c’era alternativa, dal momento che la rivoluzione spagnola non aveva prodotto nulla di simile ai soviet. C’erano indubbiamente numerose forme di autogestione da parte degli operai e dei contadini della Catalogna rivoluzionaria, ma queste non riuscirono mai ad estendersi a tutto il paese, principalmente a causa dell’opposizione della corrente anarchica nei confronti di ogni tipo di centralizzazione.

La domanda da porsi però è: cosa fecero Nin e il POUM per unificare tutti gli organi autogestiti attraverso un congresso nazionale? Niente, anzi, molto peggio di niente. In quanto ministro della giustizia, Nin fu responsabile per la dissoluzione dei consigli in Catalogna in nome della standardizzazione dell’amministrazione. Non solo, Nin si incaricò personalmente di sciogliere i consigli rivoluzionari nelle roccaforti del POUM come Girona.

Il compito del rivoluzionario non si ferma al semplice diagnosticare, come un osservatore passivo, se la classe lavoratrice stia creando o meno forme di autogestione. Le forze rivoluzionarie devono essere in prima linea quando si tratta di istituire tali organi. Fu proprio questa questione a giocare un ruolo decisivo nella nascita della Frazione Trotskista – separatasi dalla corrente di Nahuel Moreno –, la Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale (LIT-CI dal suo nome spagnolo). Moreno sosteneva che i soviet, fenomeno tipico dei processi rivoluzionari dalla Grande Guerra in poi, non fossero riusciti a riapparire per tutto il resto del ventesimo secolo. Questa affermazione, tuttavia, è doppiamente sbagliata; da un lato, non tiene conto dei molti esempi già citati, dall’altro, ignora anche le frequenti repressioni dei soviet da parte dei socialdemocratici o degli stalinisti.

Nella visione di Moreno, slogan come “tutto il potere ai soviet” non avevano senso senza soviet. Egli proponeva, piuttosto, di favorire l’ascesa al potere delle organizzazioni degli operai e dei contadini. Ad esempio, in occasione della caduta della dittatura rivoluzionaria ad opera delle mobilitazioni di massa in Argentina, Moreno osservò correttamente la mancanza di organi di autogestione operaia. Tuttavia, la conclusione che egli trasse fu un invito rivolto alle forze rivoluzionarie ad appoggiare nella loro ascesa al potere i partiti borghesi o piccolo-borghesi opposti all’imperialismo. L’organizzazione di Moreno non aveva nessun tipo di programma per poter sviluppare organi simili ai soviet. Questo oggettivismo sulla questione dei consigli portò Moreno a piegarsi alle forze della democrazia borghese e a separare, sul piano della teoria, la fase della rivoluzione democratica dalla fase della rivoluzione socialista, discostandosi notevolmente dalla teoria della rivoluzione permanente di Trotsky. In sintesi, la centralità dei consigli operai è una parte importante del patrimonio della Frazione Trotskista e della sua rottura con Moreno [1].

 

Cosa vuol dire strategia sovietica oggi

Una strategia rivoluzionaria non può cominciare con l’assalto al Palazzo d’Inverno. Al contrario, strategia significa raccogliere le forze per intervenire con decisione qualora una situazione rivoluzionaria dovesse presentarsi. Se siamo convinti che una rivoluzione socialista richieda consigli operai e un partito proletario, allora dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per preparare il terreno qui ed ora. Questo comporta fondamentalmente due cose:

  1. La classe lavoratrice deve formare organizzazioni con programmi rivoluzionari e privi di compromessi. Tenacità abbinata a infinita flessibilità sono entrambe necessarie se si vogliono mettere radici nella classe lavoratrice. Bisognerà anche opporsi ai “socialisti democratici” che operano in partiti imperialisti.
  2. Dobbiamo sviluppare forme di autogestione in ogni conflitto. Vogliamo che lavoratori, giovani, donne, membri della comunità LGBTQ+ si riuniscano in assemblee ogniqualvolta possibile. In quanto socialisti, noi dovremmo essere i più ferventi sostenitori delle assemblee come organi decisionali.

Grazie alla nostra preparazione come socialisti organizzati, ci troveremo infatti nella posizione di poter assumere la direzione di un nuovo movimento pur non avendo una maggioranza a sostegno del nostro programma. Questo tuttavia ci darebbe, nel migliore dei casi, un vantaggio tattico. Al contrario, è meglio vedere la nostra mozione rifiutata da un’assemblea piuttosto che imporre la nostra tattica con un colpo di mano, dal momento che è nel nostro interesse, dal punto di vista strategico, che i lavoratori acquisiscano esperienza all’interno delle assemblee.

Strategia sovietica significa spingere in favore dell’autogestione in ogni conflitto. I consigli operai non cadranno dal cielo non appena emergerà il momento rivoluzionario, essi sono un salto qualitativo, maturato da esperienze precedenti con comitati di sciopero, assemblee e altre forme simili.

In ogni conflitto, noi lottiamo per quegli elementi di un programma rivoluzionario che sono i più importanti in quanto parti di una più ampia richiesta di transizione. Il programma comunista, ad esempio, invoca la dissoluzione dell’apparato repressivo-militare borghese e la sua sostituzione con milizie di lavoratori. In una lotta concreta nel 2019, questo può significare autodifesa organizzata nei picchetti come passo iniziale verso una forma più generale di autodifesa. In momenti di lotta più avanzata, come nel caso dei gilet gialli in Francia, potrebbe invece trattarsi di autodifesa sistematica coordinata da assemblee nazionali contro la violenza statale.

I gilet gialli, che sono riusciti a scuotere il regime di una delle principali potenze imperialiste, hanno mostrato forte propensione per l’autogestione. Le “assemblee di assemblee” a Commercy e Saint-Nazaire hanno riunito delegati da tutto il paese e si sono servite di un voto a maggioranza per decidere le richieste e le mosse del movimento. Tuttavia, i gilet gialli, nonostante la loro composizione principalmente proletaria, mancano di collegamenti organici a vasti settori della classe lavoratrice. I dirigenti dei sindacati sono riusciti ad impedire che i lavoratori prendessero parte alla lotta in maniera organizzata. Quindi, pur riuscendo varie volte a bloccare il centro di Parigi, i gilet gialli non sono mai riusciti a bloccare l’economia francese. È proprio su questo punto che un partito rivoluzionario avrebbe fatto la differenza, ovvero nel combattimento all’interno dei sindacati con l’obiettivo di mobilitare i lavoratori e di espandere le assemblee fino ad includere tutta la classe lavoratrice [2].

Questa strategia sovietica è nettamente opposta a quella dei “socialisti democratici” (o dei socialdemocratici) che vogliono gestire lo Stato capitalista in un modo differente, a loro avviso migliore. Il nostro obiettivo è programmaticamente opposto al loro. Noi non rinneghiamo il lavoro elettorale, pensiamo anzi che i socialisti dovrebbero fare uso delle campagne elettorali (e, qualora possibile, anche di eventuali posti in parlamento) per far comprendere il bisogno di un’organizzazione indipendente dalla classe dominante e dalle sue istituzioni. Per questo motivo siamo assolutamente contrari a campagne “socialiste” in favore di candidati del Partito Democratico [riferito agli USA, ma il ragionamento è valido ovunque, ndt]. Tutte le iniziative in favore dell’organizzazione socialista indipendente negli Stati Uniti riceveranno il nostro appoggio. Quello che noi vogliamo fare è unirle in un potente partito rivoluzionario.

La strategia sovietica si spinge molto più in là del base building, che tenta di costruire nuove organizzazioni della classe lavoratrice sotto una direzione socialista. Noi pensiamo che i socialisti debbano operare come frazioni all’interno di organi più ampi che raccolgano tutte le varie tendenze presenti nella classe. Tali forme di autogestione sono il presupposto che permetterà ai socialisti di guadagnare il supporto delle masse nei confronti di un programma rivoluzionario dotato di una chiara strategia.

 

Nathaniel Flakin

Traduzione di Marco Duò da Left Voice

 

Note

 

1. Questo argomento è affrontato in un articolo in lingua spagnola: Emilio Albamonte e Fredy Lizzarague, La estrategia soviética en lucha por la Repùblica obrera, Estrategia Internacional, no. 4-5 (1993).

2. A proposito, si veda l’articolo (in inglese) Inside the Yellow Vests Rebellion: interview with Daniela Cobet, Left Voice, no. 4, primavera 2019.

 

Nathaniel è un giornalista e storico freelance che vive a Berlino. Fa parte della redazione del giornale online Left Voice. Nathaniel, noto anche con il soprannome Wladek, ha scritto una biografia di Martin Monath, un trotskista combattente nella resistenza in Francia durante la seconda guerra mondiale, pubblicata in tedesco e in inglese. È nello spettro autistico.