La società italiana stava già affrontando da tempo una crisi sociale, organica, prima che fosse colpita dall’infezione del coronavirus. La crisi sanitaria odierna accelera diversi fattori di crisi sociale, e apre potenziali scenari reazionari in continuità con quelli legati all’ascesa del populismo reazionario.


La crisi sanitaria che solo due mesi fa è scoppiata la Cina ha tempestivamente colpito anche l’Italia, con una velocità che ha confuso tutti: dal governo alla popolazione ai lavoratori.
Il Covid-19
ha da subito allarmato l’Italia per via dei suoi stretti legami commerciali con la Cina ma, finché si parlava di Cina, ci sembrava così lontano che gli stessi rappresentanti politici ci invitavano a “sottovalutare” il problema e a condurre una vita normale, quando dopo pochi giorni non solo si è arrivati a misure contenitive estreme per tutta l’Italia, ma addirittura è stata dichiarata la pandemia.

 

In che stato era l’Italia prima del Covid-19?

L’Italia si affaccia a questa crisi sanitaria con un’economia già particolarmente indebolita, come testimoniato dall’Istat:

L’economia italiana si affaccia a questa fase di forte instabilità con livelli di attività che, nell’ultimo trimestre del 2019, hanno mostrato diffusi segni di flessione. Nel quarto trimestre, il Prodotto interno lordo ha registrato una variazione congiunturale negativa pari allo 0,3%. A gennaio, inoltre, c’è stata una diminuzione degli occupati e un aumento dei disoccupati e degli inattivi rispetto a dicembre, mentre a febbraio l’inflazione complessiva ha manifestato un nuovo rallentamento. In questo mese gli indici di fiducia, non incorporando ancora le reazioni alla piena manifestazione del contagio di Covid-19 in Italia, hanno registrato per i consumatori un peggioramento diffuso a tutte le componenti con una flessione marcata del clima futuro. – continua l’istituto di statistica- Lo scenario a breve termine della nostra economia rimane caratterizzato da prospettive di persistente debolezza dei livelli di attività economica. Anche questo indicatore non riesce ancora a stimare gli effetti legati all’emergenza sanitaria in corso.

A ciò si aggiungeva il proseguimento della crisi organica, sociale, che ha caratterizzato gli ultimi anni delle dinamiche politiche, sociali in Italia, con un tendenziale peggioramento delle condizioni di lavoro che apre a limitati scenari di lotta, come nella logistica. Un quadro che presupponeva l’avvento di una nuova crisi economica- ma in realtà su più sfere sociali – per l’Italia in cui il covid-19 agisce da catalizzatore.

 

Come può evolvere la crisi italiana?

Le manovre restrittive messe in atto non solo hanno causato la chiusura di moltissimi posti di lavoro, delle scuole, gli asili nido, o l’utilizzo delle ferie forzate, il licenziamento di tutti quei lavoratori in nero che purtroppo in Italia, soprattutto nel Sud, compongono una significativa parte della forza-lavoro, ma che hanno anche palesato la devastante situazione della sanità pubblica ridotta a brandelli dai continui tagli e speculazioni degli ultimi governi a favore di un industrializzazione e della privatizzazione della sanità; facendo sì che tutta la crisi sanitaria in realtà ricada sui pazienti comuni e sui lavoratori della sanità, costretti non solo al rischio di ammalarsi perché non forniti delle adeguate prevenzioni, come mascherine, occhialini, tute, ma anche a sopportare carichi di lavoro massacranti a fronte di salari bassi.

Questi elementi rendono facile la previsione per cui le risoluzioni prese dal governo e dalla borghesia significheranno un massacro socio-economico per i lavoratori, che si troveranno forzatamente senza stipendio durante la quarantena, e che – per chi avrà ancora lo stesso posto di lavoro di prima – troveranno ad accoglierli le stesse misere condizioni sindacali e di tutela dei loro diritti presenti all’inizio della crisi sanitaria – oppure peggiori, se il governo e i padroni vorranno girare il coltello nella piaga.

Una situazione preoccupante che già oggi però vede delle reazioni da parte dei lavoratori che in vari settori si stanno facendo forza per richiedere i diritti sanitari dovuti, riuscendo a bloccare i posti di lavoro per via dell’assenza delle minime condizioni di sicurezza, o addirittura lanciando scioperi.


Che ruolo possiamo avere noi?
Non è contestabile in sé la necessità di dover applicare manovre straordinarie per mettere in sicurezza la salute di tutti di fronte al dilagare di una pandemia: ciò che mettiamo in questione è che le misure di salute pubblica siano veramente applicate a tutti e che i lavoratori non svolgano il ruolo di vittime sacrificali.

Mettere in sicurezza la salute della popolazione non può alla giustificazione di una tendenza repressiva, di un abuso di potere che lo stato sta mettendo in atto attraverso le forze di polizia, scatenate dai decreti di Conte.
Riteniamo assolutamente necessario autorganizzarsi e denunciare attraverso video, immagini, commenti non solo la situazione che vivono tutti i lavoratori a rischio, ma anche qualsiasi violenza, abuso e denuncia affinché anche in queste condizioni controbilanciamo l’affondo del capitale nelle nostre vite. Mostriamo che non siamo individui isolati e indociliti dal governo, informiamoci e rendiamo chiaro il disagio sociale diffuso a causa della crisi e della sua gestione; sosteniamo in ogni forma possibile i lavoratori che già sono scesi in lotta reclamando il diritto alla salute!

 

Scilla Di Pietro

Nata a Napoli il 1997, già militante del movimento studentesco napoletano con il CSNE-CSR. Vive lavora a Roma. È tra le fondatrici della corrente femminisa rivoluzionaria "Il Pane e Le Rose. Milita nella Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) ed è redattrice della Voce delle Lotte.