Ieri oltre novecento deceduti in un singolo giorno, e un numero di infetti che si innalza a ondate di oltre quattromila ogni 24 ore nonostante tutte le cifre oramai siano evidentemente (per voce delle stesse istituzioni preposte) tarate al ribasso. Quante persone sono morte in seguito a complicazioni per covid-19 senza che venisse fatto loro il tampone? Quante sono morte per problemi curabili ma non hanno trovato posto negli ospedali per via della ormai evidente congestione del servizio pubblico sanitario? E quante famiglie saranno spinte alla disperazione dai guai economici che oramai nessuno nega più che ci saranno?
Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana solo qualche giorno fa si chiedeva, osservando l’andamento del contagio, se gli fosse magari sfuggito qualcosa. Forse nessuno ha notato che sì, qualcosa gli è sfuggito sicuramente a lui e ai suoi compari politicanti: sicuramente gli è sfuggito che le politiche di tagli alla sanità e alla ricerca operati da tutti i governi negli ultimi anni hanno depotenziato la sanità e preparato il terreno più fertile per la malattia.
Ma non è l’unico a cui è sfuggito qualche particolare: ai sindacati confederali è sfuggito che sul grande accordo stretto con il governo (schierato ormai, a prescindere da ogni dichiarazione di facciata, con i padroni e contro i lavoratori e la popolazione tutta) non si chiude il grosso delle aziende non essenziali oltre che ritardare in maniera criminale quel po’ che si poteva chiudere subito anche senza mettere in crisi la “macchina statale”, per dirla con le parole di Giuseppe Conte.

La pubblicità di Confcommercio nei primi giorni del contagio
Certo, il virus è un nemico invisibile, che può essere combattuto solo da medici, infermieri, ricercatori. Ma chi questo virus lo ha ignorato preparando il terreno per una tragedia ormai del tutto sproporzionata al pericolo oggettivo rappresentato dalla malattia non è affatto invisibile. Gli industriali per primi che hanno ritardato e continuano a resistere ad ogni reale ipotesi di chiusura delle attività non essenziali per primi sono i mandanti di questa tragedia, gli stessi che meno di un mese fa tranquillizzavano la popolazione incitando a recarsi nei luoghi di lavoro, passeggiare per le strade per acquistare la loro merce, aumentando i profitti, spingendoci verso un baratro che ora si spalanca con tutta la violenza possibile.
Senza retorica alcuna è evidente che questa tragedia assume i contorni di una strage con responsabili ben visibili. È inutile continuare a prenderci in giro, sull’altare del profitto e della stabilità economica si è deciso di sacrificare migliaia di persone.
Tutti i lavoratori e le lavoratrici, tutti i giovani, tutte le componenti dei settori più poveri della popolazione avranno il dovere di ricordare come sono andate veramente le cose: mentre lo Stato si limitava a incitare al nazionalismo dai balconi, riempire di militari le città e bastonare quelli che uscivano di casa per una passeggiata, i padroni di tutto il paese mantenevano aperte le attività produttive inutili, spesso negando ogni tipo di dispositivo di sicurezza adeguato e senza garantire nemmeno quelle misure minime che potevano fare la differenza.
Ora è il momento di stringere i denti e serrare le fila per gli sfruttati di tutto il mondo, domani sarà il momento di bussare alle porte di tutti quei soggetti che hanno preferito tenere in piedi un sistema marcio e ingiusto piuttosto che salvare vite umane, migliaia, probabilmente centinaia di migliaia di vite umane su scala internazionale.
Non è il momento di essere reticenti o attendisti, se un futuro meno cupo sarà possibile, questo andrà conquistato dalla classe lavoratrice internazionale organizzata, forgiata nel fuoco della realtà che si dispiega in maniera drammatica davanti a noi e che si può sintetizzare con le parole: la nostra vita vale più dei loro profitti!
CM