Abbiamo intervistato un operaio chimico, delegato di una fabbrica chimica e militante sindacale del SI Cobas: anche nella sua fabbrica, si continua a lavorare e in condizioni non sicure!


Come è cambiato il tuo lavoro alla luce della nuova emergenza sanitaria?

Dopo il decreto emanato dal governo, in fabbrica le cose sono cambiate, però non in meglio: hanno aumentato la produzione, abbiamo in lavorazione un prodotto nuovo, un disinfettante; ci sono compagni di lavoro che stanno facendo dodici ore di fila, con turni notturni e pure di sabato.

Siete stati dotati di sistemi di protezione individuali per evitare il contagio sul posto di lavoro?

Prima del decreto, non si curavano neanche di darci i guanti, ci dicevano che i prodotti non erano dannosi: “se volete guanti, comprateli”. Ora con questo virus, il Covid-19, ci hanno distribuito inizialmente solo dei guanti. All’inizio della crisi ci dicevano che dovevamo rimediarci da soli le mascherine, ora ti consegnano una mascherina che non è a norma: già dopo due ore è tutta inumidita.

Sono stati attivate delle disposizioni speciali per i lavoratori più deboli? Ad esempio: madri con figli e/o anziani malati a carico, lavoratori con patologie pregresse che sono più esposti al rischio di contagio…

No. Non se ne parla nemmeno di una disposizione del genere. Al contrario, anche se sei in malattia ti chiamano e devi andare, se non vuoi ripercussioni. Solo gli iscritti al SI Cobas, che hanno opposto resistenza, non vengono ricattati.

Quale è la tua valutazione sulla gestione dell’emergenza nella tua fabbrica, dunque?

Le politiche di sicurezza sono scarse senza dubbio. È necessario disinfettare tutta la fabbrica, come minimo. In questo momento, bisognerebbe chiudere la fabbrica per mancanza delle condizioni di sicurezza per i lavoratori.

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