Il carattere epocale della pandemia del Coronavirus è misurabile anche nella mobilitazione di settori della classe operaia, in Italia e non solo, che non erano mai scesi nell’arena della lotta di classe, o che da lungo tempo non si mobilitavano con questa radicalità. Quella di oggi può e deve essere una grande palestra di lotta per non subire “in difesa” la crisi, ma per reclamare un grande protagonismo politico della classe operaia in risposta alla pandemia e alle politiche spietate degli industriali.


Siamo entrati nel mese di aprile con l’emergenza sanitaria tragicamente lontana dall’essere superata, le organizzazioni padronali Confetra, Confindustria e Confagricoltura in particolare sulle barricate riguardo l’utilizzo “spensierato” di manodopera e rilancio dell’economia e decine di migliaia di morti a livello europeo e internazionale, oltre che misure di sicurezza sempre più restrittive in ogni paese (il cui apice massimo in Europa è rappresentato dall’Ungheria con i pieni poteri a Viktor Orban).

Solo cattive notizie, dunque? Non proprio. Lo sconvolgimento che sta attraversando tutti i paesi sta attivando anche forze che non si vedevano da tempo (o che non si erano mai viste!) sul piano dello scontro tra classi. Una moltitudine di scioperi ha attraversato il mondo. Per la stessa natura di questa crisi sanitaria i lavoratori e le lavoratrici di ogni settore si sono trovati in prima linea ad affrontare le contraddizioni di un sistema che fatica, e molto, a nascondere le proprie debolezze e le proprie storture.

In Italia una quantità considerevole di fabbriche metalmeccaniche, meccaniche e chimiche sono scese in sciopero anche senza l’indicazione dei propri sindacati di riferimento (Cgil, Cisl e Uil, nella maggior parte dei casi), nella logistica si consuma ancora oggi uno scontro senza esclusione di colpi tra ADL Cobas e Si Cobas con le aziende raggruppate sotto la Fedit (la Federazione Italiana Trasportatori a cui aderiscono BRT, SDA, GLS, FedEx-TNT e altre grandi aziende di logistica) per le misure di sicurezza, il controllo di queste da parte dei lavoratori e il salario pieno. Dall’altra parte il gigante Amazon, scosso per la prima volta da una serie di scioperi nei suoi impianti più grandi in Italia, da Torino a Piacenza, da Firenze a Roma, questo un settore non interessato finora dalle agitazioni che hanno sconvolto la logistica negli ultimi 10 anni.

In questo scenario si connettono le richieste e gli scioperi delle organizzazioni operaie in tutta Europa e negli USA, anche questi interessati da numerose astensioni dal lavoro con rivendicazioni anche molto radicali e che, in alcuni casi, hanno ottenuto risultati molto parziali in tempi veramente brevissimi, un esempio abbastanza esemplificativo è la chiusura di alcuni impianti di FCA.

Considerando i risultati devastanti della crisi e il quadro complessivo potenzialmente drammatico che si sta spalancando di fronte ai lavoratori e le lavoratrici, e quindi i futuri compiti della classe operaia e dell’opposizione sociale ai padroni, c’è da sperare che questa ondata di scioperi insegni il più possibile soprattutto alla leva più “giovane” e storicamente “inesperta” sul piano della lotta. Ancor più interessante è il fatto che questi scioperi e proteste non rimangono sul piano rivendicativo sindacale ma, con molta facilità, tracimano in rivendicazioni politiche vere e proprie che lasciano pochissimo spazio alla contrattazione al ribasso delle burocrazie sindacali e depotenziano di molto la capacità dei padroni, quando le cose si fanno difficili, di elargire qualche briciola più o meno grassa per placare l’insofferenza dei propri lavoratori.

È ancora presto per saperlo, come è presto per prefigurarsi nei particolari quali ripercussioni economiche avrà la pandemia sulla vita di milioni di proletari nel prossimo futuro ma, mai come in questo momento, la speranza più viva per un futuro migliore è nelle mani di chi sta affrontando la tempesta in prima linea.

Per tutti questi motivi il compito fondamentale dei militanti e delle organizzazioni della sinistra di classe deve essere quelle di incoraggiare il controllo più vasto possibile degli operai sui luoghi di lavoro e stimolare la formazione di una vera autonomia dei lavoratori rispetto alle politiche dei partiti borghesi. In una frase: prepararsi alla battaglia.

In caso contrario, concluso il periodo più acuto della crisi, questa ricadrà, con tutto il proprio strascico di povertà, disoccupazione e restringimento delle libertà politiche e sindacali, sulle spalle degli strati più bassi della società.

La lotta per il futuro è appena iniziata!

CM