I vari partiti parlamentari hanno approfittato della quarantena per celebrare un primo maggio all’insegna di un amore caritatevole, del tutto ipocrita, verso i lavoratori della “prima linea”, eroi che sono tali solo se ubbidienti alla dittatura degli industriali.
Il primo maggio scorso è stato tutto uno sperticarsi di auguri ai tanti medici, infermieri e operatori sanitari per l’eroico lavoro negli ospedali durante la fase più acuta del contagio da coronavirus. Auguri e pensieri provenienti prevalentemente da tutte le forze politiche che hanno fatto a gara a pubblicare gli auguri più “sinceri” e “affettuosi”, usando le fotografie di infermieri e medici letteralmente collassati durante i tripli turni ai quali erano sottoposti per oggettiva mancanza di personale. Ovviamente anche i “tifosi” dei vari partiti di riferimento hanno fatto a gara nel rilanciare i post dei loro leader politici, rimarcando l’importanza del grande contributo offerto dai lavoratori “in prima linea” nella “guerra” di questi ultimi due mesi. Praticamente, dicevano, siamo in guerra e i medici e gli infermieri sono in prima linea a combattere per noi. Sono i nostri eroi.
Questa finta retorica patriottica nazional-popolare, nauseante come tutte le retoriche fascio-sovraniste, cozza maledettamente, però, con la reale considerazione che la politica ha nei confronti dei lavoratori. Gli stessi politici che di giorno in televisione elogiavano il lavoro e l’enorme sacrificio degli operatori sanitari, di notte protocollavano proposte di legge di scudi penali per privare i lavoratori della sanità delle più elementari norme del diritto del lavoro, ovvero la possibilità di denunciare il datore di lavoro e chiedere azioni risarcitorie per il mancato rispetto delle norme di sicurezza sui luoghi di lavoro nella fase dell’emergenza sanitaria. L’hanno chiamato scudo penale e in realtà è un’iniziativa di legge che inibisce qualsiasi possibilità dei lavoratori di far valere i loro diritti. Uno scudo penale per i Presidenti di Regione, Dirigenti Regionali, Direttori Generali e Manager di cliniche private che li metterebbe al riparo da qualsiasi responsabilità penale e civile per la mancanza di adozione di protocolli sanitari, mancanza di dispositivi di protezione individuali e deroga alle norme che disciplinano la sicurezza sui luoghi di lavoro. Insomma una legge che, se fosse stata approvata, avrebbe garantito l’impunità ai “padroni” della sanità.
Quella che agli occhi del “telespettatore” può sembrare una semplice boutade, è in realtà la prassi che si vuole adottare da oggi ai prossimi anni. Prassi che non riguarderà soltanto il settore sanitario, ma coinvolgerà anche la grande industria e il lavoro privato in generale. Se è vero che la proposta dello scudo penale è stata respinta (proposta dal centrodestra, ma sostenuta anche Italia Viva e ampi settori del PD) è anche vero che il segnale resta. E il segnale è quello di tollerare, “visto il momento”, tutte quelle azioni padronali che “incidentalmente” potrebbero mettere a rischio la salute e l’incolumità dei lavoratori.
Lo scudo penale contro i lavoratori, tuttavia, è arrivato lo stesso. L’ultimo accordo tra Confindustria, Governo e sindacati confederali è una enorme supposta per i lavoratori. L’accordo sindacale, scritto direttamente da Confindustria, prevede che i datori di lavori debbano sanificare gli ambienti, distanziare i lavoratori di almeno un metro, dotarli di tutti i dispositivi di protezione previsti dai protocolli, ma …. non vi è traccia di alcuna sanzione nel caso in cui il datore di lavoro non ottemperi a quanto sottoscritto nell’accordo. Si dice, ad esempio, che il datore di lavoro è obbligato a fornire i dispositivi di sicurezza contro il contagio, ma non è prevista alcuna sanzione nel caso in cui il datore di lavoro non ottemperi a questa prescrizione. Ecco allora che l’accordo sindacale per la riapertura delle fabbriche diventa una mera sequenza di raccomandazioni, anzi di consigli, che gli industriali dovrebbero seguire. Ma anche se non li seguono, fa niente.
In questo caso, tuttavia, lo scudo penale e civile per i datori di lavoro è garantito da CGIL, CISL e UIL, da Landini & C., che con la loro firma sull’accordo hanno legittimato la volontà dei lavoratori di sottostare alle “raccomandazioni da seguire”, ai “consigli del buon padre di famiglia”, “ai buoni propositi” e alla totale assenza di obblighi e prescrizioni formali che tutelerebbero i lavoratori stessi dagli industriali senza scrupoli. Per dirla terra terra, si confiderà sul “buon cuore” del padrone. E abbiamo detto tutto!
La cosiddetta FASE DUE sarà caratterizzata, quindi, dal totale depotenziamento delle eventuali pressioni che i lavoratori potrebbero accidentalmente esercitare contro il datore di lavoro per vedere rispettati i propri diritti. Oltre alla mascherina ci verrà chiesto di indossare anche il bavaglio, ovvero ringraziare il padrone con il cappello in mano, baciargli le mani e sperare che ci faccia lavorare il più possibile.
Al rientro troveremo un clima decisamente peggiore dell’11 marzo. Il fatto stesso che una settimana fa un operaio dell’ex ILVA sia stato licenziato per aver resa pubblica la mancanza di DPI in fabbrica, è il segnale che tutto sarà peggio di prima.
Gli operai che avranno contezza di quanto scritto in questo articolo, rientreranno in fabbrica con la giusta predisposizione d’animo e il giusto atteggiamento per affrontare la cosiddetta FASE DUE.
Delio Fantasia
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