Dopo 125 anni dalla sua nascita, il cinema è costretto a fermare le bobine a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19. Non è la prima volta che la cinematografia decide di fermare la propria produzione; ciò avvenne anche nell’ottobre del 1918 a causa dell’influenza spagnola e della conclusione del primo conflitto mondiale. Tuttavia, dal 1918 al 2020, la figura del cinema è cambiata drasticamente. Se alla fine degli anni Dieci del ‘900 le case di produzione erano solo “baracche” su una collina, oggi gli uffici e i set hanno reso il cinema una vera e propria industria che impiega milioni di lavoratori. A cosa va incontro questo complesso industriale, al tempo della pandemia?
I cinema rimangono chiusi e… anche i ricchi piangono
Nell’immaginario comune, il settore cinema è un universo utopico immerso nel lusso e nel glamour. Attori strapagati, produttori che costruiscono imperi investendo capitali e registi che, oltre a guadagnare, diventano autori da dover studiare nei licei o nelle università. Non stupisce, quindi, che gran parte della popolazione sia rimasta inorridita quando alcuni lavoratori del mondo dello spettacolo hanno alzato la voce contestando il totale disinteresse del governo nei confronti del cinema e del teatro. Bisogna, quindi, far luce su cosa davvero sia il lavoro in una casa di produzione o in un teatro. Secondo una ricerca effettuata dall’Anica (Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive) nell’aprile del 2019, in Italia i lavoratori nel mondo del cinema sarebbero ben 173mila da dividere in: posti di lavoro diretti (61.000 lavoratori) e posti di lavoro indiretti (112.000 lavoratori). In sintesi, l’industria cinematografica è la seconda con più dipendenti dopo l’edilizia. Il cinema non è fatto solo dagli attori, ma da molteplici altre figure che, nella gerarchia della settima arte, risiedono sullo sfondo. L’attore non diventa magicamente bello, ma è reso tale da make-up artisti qualificati che lavorano ore e ore. Il regista non afferra la macchina da presa da solo, ma è seguito da tecnici, direttori della fotografia, addetti alle luci, addetti al suono, scenografi e sceneggiatori. Il film non si compone da solo, ma assume la sua forma definitiva grazie ai montatori e agli esperti di effetti speciali, anche loro lavoratori che, letteralmente, agiscono nell’ombra. Le musiche, diegetiche ed extradiegetiche, di una pellicola sono composte da maestri ed eseguite da altrettanti musicisti. Le case di produzione continuano ad avere un ruolo di rilievo non solo grazie al produttore, ma anche grazie ai mille assistenti, ai dirigenti delle pubbliche relazioni, ai fattorini e ai fiscalisti e commercialisti che si occupano della gestione del denaro. Queste appena citate, sono poche rispetto a tutte le figure che quotidianamente permettono ai film di arrivare nelle sale. E le sale cinematografiche? Le case di distribuzione sono, ovviamente, ferme dato che le sale sono chiuse fino a nuovo ordine. Osservando il panorama italiano, possiamo immediatamente notare che, già in una consona stagione cinematografica, le sale d’essai risultano perdenti di fronte all’incasso ottenuto dai multisala. Dunque: cosa ne sarà del cinema d’essai dopo il Covid-19? Questa crisi sanitaria vedrà nuovamente vincitore il multisala e perdente il cinema d’essai che, a fatica, ha sempre cercato di introdurre nel circuito italiano i film premiati dalla critica.
And the Oscar goes to…
Il festival di Cannes è stato il primo evento cinematografico a dover arrendersi davanti all’impatto del Covid-19. Il festival di Venezia, invece, si terrà regolarmente dal 2 al 13 settembre 2020 e molti giornalisti ipotizzano una possibile collaborazione tra Venezia e Cannes. Oggi non possiamo stabilire una data di fine dell’emergenza sanitaria, di conseguenza non possiamo nemmeno ipotizzare se e quali altri festival non avranno luogo quest’anno. Qual è l’importanza del festival? Come già analizzato in un mio precedente articolo in merito alla catena di montaggio degli Oscar, la stagione dei premi cinematografici ha il compito di fare una cernita tra i tanti titoli che vorrebbero arrivare in sala. Il venire meno di questa operazione, oltre a togliere lavoro ai creatori e collaboratori dei festival, butterebbe la futura programmazione nel caos.
Il fattore streaming
Nel 2013 la piattaforma streaming Netflix ha dato il via ad una produzione cinematografica e televisiva distribuita, inizialmente, online. Oggi abbiamo un numero indefinito di piattaforme streaming (il numero cambia da nazione a nazione) che permettono allo spettatore di vedere prodotti multimediali direttamente dai propri dispositivi multimediali. Tra fine febbraio e aprile 2020 i distributori sono stati costretti a rendere disponibili i film acquistati su diverse piattaforme streaming a pagamento. Il prezzo, ovviamente, è ridotto rispetto al prezzo pieno di un biglietto acquistato in sala. La scelta di adoperare lo streaming ha permesso a varie produzioni di poter mettere una piccola toppa su una ferita gigantesca. La domanda che dobbiamo porci è: quale sarà il ruolo dello streaming finita la pandemia? La contesa schermo “portatile” contro grande schermo è presente già da anni e le risposte ottenute da questi battibecchi sono sempre le stesse. Nel 2020 ci tocca fare il punto della situazione, le opzioni che abbiamo sono due:
1 – lo spettatore prova troppa nostalgia per il grande schermo e, finita la pandemia, si riversa in sala;
2 – lo spettatore è vinto dalla paura del contagio e si adatta al fatto di poter vedere le nuove uscite restando in casa.
Il primo caso, ovviamente, gioverebbe a mille e mille direttori di sale cinematografiche che, pandemia o non pandemia, negli ultimi anni hanno sempre portato avanti le sale a fatica.
L’opzione 2 ci porterebbe ad un’ennesima rivoluzione tecnologica che, però, farebbe scomparire tante altre figure lavorative a favore della “comodità”.
Il cinema, inteso come luogo, è stato spesso paragonato ad una chiesa laica. La sala ci ha fatto scoprire film che credevamo perduti, ci ha fatto incontrare i nostri mentori, ci ha accolto quando ci sentivamo soli e volevamo fuggire. Molti film, alcuni dei quali prodotti da Netflix stesso, sono stati girati per il grande schermo perché, esteticamente parlando, sono destinati alla maestosità. Il senso del bello verrà spesso penalizzato per alcuni film che brillerebbero su grande schermo.
In conclusione, ora abbiamo molto tempo per riflettere su quali saranno le nostre scelte in futuro, valutando i pro e i contro di una situazione estrema che, ironicamente, ci sembrava di aver visto solo al cinema.
Per far sentire la loro voce, il 18 maggio alle ore 18.00 avverrà uno spettacolo dal titolo “Messa in scena” partito dal laboratorio teatrale Spin-Off che ha ottenuto ben 700 adesioni in una sola notte. Lo spettacolo avverrà davanti alla Basilica di San Giovanni a Roma e servirà a contestare la scelta del governo di riaprire le Chiese, in quanto luoghi di culto, lasciando marcire cinema e teatri. Come abbiamo scritto, la sala buia è per molti italiani una chiesa laica e, da un paese che si professa altrettanto “laico” – anche se il caso del rimpatrio di Silvia Romano ha squarciato questa facciata – ci si aspetterebbe un comportamento coerente a tale definizione.
Sabrina Monno
Nata a Bari nel febbraio del 1996, laureata presso la facoltà DAMS di Bologna e studentessa presso Accademia Nazionale del Cinema, corso regia-sceneggiatura. Lavora prevalentemente in teatro, curando reading di lettura e sceneggiature.