Il 12 maggio si sono tenute le celebrazioni della giornata internazionale dell’infermiere: la ricorrenza, istituita nel 1974, ricade nell’anniversario della nascita di Florence Nightingale, pioniera della professione infermieristica e teorica del nursing. Ma gli ipocriti festeggiamenti messi in atto dalle istituzioni e dai sindacati di categoria continuano a non tenere conto delle richieste di tutele degli operatori sanitari.

Nei confronti dei lavoratori-eroi della sanità, le istituzioni, conniventi con le burocrazie sindacali che tacciono servilmente, continuano a mantenere una politica omicida. Oltre i più di 12 mila infetti tra il personale infermieristico, i morti per covid-19 in questo settore sono stati 39 a cui si devono aggiungere 4 suicidi, causati, molto probabilmente, dalle condizioni psicofisiche massacranti a cui gli operatori sono stati sottoposti nel corso dell’emergenza.

In maniera del tutto opportunistica, lo Stato continua ad eroicizzare questa figura professionale lavandosi le mani del sangue degli infermieri morti per le conseguenze di decenni di privatizzazioni della sanità, delle politiche di taglio ai fondi per le assunzioni e di un totale disinteresse delle istituzioni pubbliche e private nella tutela della salute dei lavoratori. Nonostante la crisi abbia evidentemente messo in luce una carenza enorme di personale nel settore della sanità, le misure messe in campo dal governo per superare la crisi sanitaria prevedono assunzioni a tempo determinato e investimenti reali relativi alla sola emergenza.

Una denuncia esemplare è quella che viene dal neonato Movimento Permanente infermieri che proprio nella giornata del 12 maggio ha manifestato in Piazza Montecitorio per rivendicare lo scorrimento della graduatoria concorsuale dell’ospedale Sant’Andrea( poi acquisita dalla Regione Lazio) e generalmente di tutte le graduatorie bloccate, con l’assunzione di tutti gli idonei a tempo indeterminato. Anche in questo caso, la preferenza sulle assunzioni è stata rivolta al settore privato prediligendo l’intermediazione di cooperative che, chiaramente, speculano enormemente sui lavoratori non garantendo né tutele né retribuzioni adeguate.

Il filo conduttore delle politiche attuate per la sanità pubblica negli ultimi decenni, dunque, non è stato altro che un concatenarsi di misure precarizzanti e demolitrici che, da un lato, costringono al lavoro professionisti ormai anziani allontanandoli sempre di più dalla pensione, ma dall’altro obbligano generazioni di giovani neolaureati ad impieghi precari, senza tutele contrattuali e, troppo spesso, senza neanche tutele sanitarie.

È evidente che se questo tipo di gestione non è cambiato durante la crisi sanitaria, di fronte alle necessità di sopravvivenza di decine di migliaia di utenti e del personale sanitario stesso, allora non cambierà nemmeno quando le cose torneranno alla “normalità”. Un sistema che tende ad arricchire e agevolare i privati a scapito della collettività non solo è un sistema ingiusto, ma è un sistema che non può far fronte a nessuna emergenza, fosse anche disastrosa come una pandemia. I meccanismi fallimentari e tragici che hanno abbandonato al massacro centinaia di lavoratori e lavoratrici, infermieri e medici, e non sono riusciti ad arginare gli effetti del covid 19 (anzi, li hanno resi devastanti per la popolazione) vanno denunciati e distrutti, per una sanità che sia realmente al servizio della collettività, per una società non più basata sul profitto di una esigua minoranza ma sul benessere della grande maggioranza.

 

Ilaria Canale

Nata a Napoli nel 1993. Laureata in infermieristica all'Università "La Sapienza" di Roma, lavora nella sanità nella capitale.. È tra le fondatrici della corrente femminista rivoluzionaria "Il pane e le rose".