Sono passati ormai tre mesi dall’inizio della pandemia e dai primi DPCM che hanno limitato le libertà di ogni persona che vive in Italia riguardo gli spostamenti personali. Quali prime considerazioni possono essere tracciate alla luce dei tragici fatti vissuti?


Di fatto mentre la maggior parte degli italiani si è fermata e con grande orgoglio promuoveva e condivideva l’hashtag #iorestoacasa, un’altra parte di popolazione veniva obbligata a recarsi a lavoro esponendo la propria persona al rischio di contrarre il virus. È ovvio che alcuni servizi sono effettivamente necessari e non possono essere interrotti, primi fra tutti gli operatori della sanità pubblica, che si sono ritrovati ad affrontare una situazione catastrofica, senza avere effettivamente né un numero adeguato di medici, infermieri e oss né strutture adeguate ad affrontare una simile emergenza. In riferimento proprio alla scarsità di personale medico, si è pensato bene di richiamare al rapporto medici ormai in pensione da anni, alcuni con grande senso del dovere e amore per la propria professione hanno accettato di tornare al lavoro, mettendo però a rischio la propria di vita, ed alcuni infatti la vita l’hanno persa.

In questo periodo è sempre stato in voga l’appellativo di eroi riferito al personale medico, ma questo appellativo lusinghiero non ha di certo soddisfatto le richieste di questi lavoratori: più sicurezza per sé stessi e i dispositivi necessari per poter svolgere il proprio lavoro senza paura di contagiarsi. Questi “eroi” sono stati spremuti come limoni ed è successo anche che alcuni non abbiano retto a tutto questo forte stress mentale e fisico e, come nel caso di Mary Monteleone, infermiera in un reparto covid di Milano si sia arrivati alla decisione di porre fine a tutto questo togliendosi la vita, caso non isolato, visto che precedentemente già altri tre casi di suicidio si erano verificati.

Tanti altri lavoratori sono stati definiti essenziali, così succede che moriva di covid un 35 enne romano, Emanuele Renzi, lavoratore in un call center che conta centinaia di dipendenti. L’azienda in questione pur essendo a conoscenza della situazione, non ha reso noto il fatto ai suoi colleghi, mettendo a rischio la salute di questi lavoratori e arrivando a minacciare il mancato rinnovo del contratto per tutti quei lavoratori che avessero usufruito del congedo per malattia, obbligando di fatto a scegliere tra il lavoro, o il rischio di ammalarsi.

Situazione analoga presso la Coop di Giove, dove ad ammalarsi di covid è stato il direttore del punto vendita, fatta presente la situazione, l’azienda ha deciso bene di non chiudere, ma anzi di richiedere il trasferimento momentanei di alcuni lavoratori residenti in comuni limitrofi, per coprire i turni di quei lavoratori che nel frattempo si erano ammalati. Per chiudere il punto vendita è stato necessario l’intervento della ASL.

Anche nella fabbriche metalmeccaniche e nella logistica ci sono stati numerosi casi di contagio e decessi soprattutto in nord Italia, tanti da rendere difficile fare una lista esaustiva. I lavoratori più volte e a gran voce hanno chiesto di chiudere tutti quei posti che non producono beni necessari ma gli imprenditori ovviamente non erano d’accordo a rinunciare alla produzione frenetica di ciò che li rende ricchi e potenti. Dulcis in fundo molti dei lavoratori che hanno lavorato nel periodo più intenso di diffusione del virus sono stati premiati con 100 miseri euro in busta paga: tanto valeva per i padroni mettere a repentaglio la propria salute e quella della propria famiglia.

I riconoscimenti verbali non servono a niente, quello di cui ha realmente avrebbe (e ha) bisogno ogni lavoratore è una sanità pubblica efficiente dove per fare una visita non bisogna aspettare mesi e mesi, una casa, formazione scolastica totalmente gratuita e che dia opportunità eguali a tutti gli studenti di rendersi utili nella società. È probabile che in un futuro molto prossimo la situazione peggiorerà ulteriormente per tutti, spetterà a chi ha pagato il prezzo più alto finora decidere se lottare uniti per i diritti che gli spettano o se farsi dividere ulteriormente dalla miseria, addittando il più povero come nemico. In questo caso si farà il gioco delle classi dominanti, che vogliono gli oppressi divisi tra loro, perché tutti insieme ed uniti in una lotta per il bene comune è chiaro che fanno paura. La crisi dovrebbe averlo insegnato, questa lotta per il bene comune oggi è più necessaria che mai.

 

Sveva Tristan

Giornale militante online fondato nell'aprile 2017.
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