L’Istat ha reso noti i dati del primo quarto dell’anno corrente riguardo l’occupazione e, come era ampiamente nelle previsioni, la disoccupazione registra dati preoccupanti legati alla crisi sanitaria: 100000 disoccupati in più.


Le ore lavorate in Italia rispetto all’anno scorso sono diminuite di quasi l’8%, diminuzione dovuta all’impatto del coronavirus sulla produzione. Ovviamente fra tutti i dati quello degli occupati precari (a tempo determinato) ha subito il crollo più consistente, come prevedibile dato la politica di tagli che tutte le aziende grandi e piccole hanno effettuato appena hanno intravisto il calo dei profitti quindi già dall’ultima settimana di febbraio. A tutto ciò, in controtendenza rispetto allo scorso anno, tornano a salire i numeri di chi non studia e non cerca lavoro, giustificato per via del lockdown.

Nonostante i miliardi di euro versati nelle casse dei padroni, il taglio dell’IRAP, le casse integrazioni per le ore di lavoro non effettuate da centinaia di migliaia di lavoratori, le grandi aziende soprattutto hanno iniziato a tagliare massicciamente proprio da quei contratti interinali, a progetto, determinati, precari che nel corso degli ultimi anni hanno preso il sopravvento, spesso ignorando o aggirando le regolamentazioni governative che, sulla carta, avrebbero dovuto difendere l’occupazione.

Nelle ultime settimane si è andata intensificando una china che diventerà sempre più opprimente per tutti i lavoratori e le lavoratrici, da che parte sia lo Stato in questa guerra sporca che vede contrapposti i profitti di pochi ai salari e quindi alle vite di moltissimi, è plasticamente rappresentato dalle manganellate e alle intimidazioni poliziesche ai lavoratori in sciopero per difendere il proprio posto in aziende come Zara e FedEx.

È ai cancelli delle fabbriche, davanti ai negozi del lusso, nei centri di produzione e smistamento delle merci che si svilupperà nel corso dei prossimi mesi un vero e proprio scontro all’arma bianca. La necessità di costruire un vero fronte di lotta dei lavoratori e le lavoratrici è divenuta ineludibile, anche al di fuori dei confini nazionali, spinta da condizioni oggettive eccezionali.

La borghesia internazionale (i dati in Francia, USA e nel resto del mondo non sono meno preoccupanti di quelli italiani) ha imboccato il sentiero di guerra, sta ai lavoratori, alla gioventù, alla classe operaia sbarrare loro la strada, organizzarsi, spingere le proprie organizzazioni sindacali e politiche su un piano di scontro a cui non siamo più abituati ma che torna ad essere necessario, non solo per difendere la miseria di oggi, ma per conquistare un mondo migliore domani.

 

CM