Questa settimana tutti i quotidiani sono stati scossi da uno scandalo senza precedenti: per la prima volta una caserma dei Carabinieri, a Piacenza, è stata posta sotto sequestro. Sei militari sono stati arrestati, tre hanno l’obbligo di presentazione alla polizia e uno l’obbligo di dimora, ventitré il totale delle persone che hanno subito provvedimenti, di queste dieci sono carabinieri.
Le accuse sono le più disparate: traffico di droga, estorsioni, arresti arbitrari per sembrare una questura “virtuosa” e violenze di ogni genere. Ironico che la maggior parte di questi illeciti si sia consumato durante il periodo di lockdown, ovvero durante il periodo di maggior potere concesso alle forze dell’ordine e militari nelle strade delle città.
Una parte dell’apparato statale, come da copione in questi casi, ha preso le distanze e giurato che si andrà fino in fondo con le indagini, si è parlato di reati “impressionanti””, di difficoltà nel parlare di questi fatti associati all’arma dei Carabinieri e via dicendo e ovviamente la solita storia ormai trita e ritrita riguardo le “mele marce” che rovinano un cesto di frutta altrimenti impeccabile, sempre ligio al dovere e al servizio della comunità.
A prescindere dalla vicenda particolare che è riuscita a sdegnare chiunque per il livello di squallore raggiunto, risulta ipocrita, anche se ampiamente prevedibile, lo sdegno. Appena quattro giorni fa si ricordava il G8 del 2001, le violenze efferate nella caserma di Bolzaneto, i pestaggi alla scuola Diaz, le prove falsate per accollare al movimento di quegli anni ogni tipo di nefandezza e, ovviamente, l’assassinio di Carlo Giuliani. Tutti conoscono le violenze, l’arbitrario e ingiustificato utilizzo della forza contro cittadini inermi, da Stefano Cucchi a Federico Aldrovandi, una lista lunga e ingiustificabile con la semplice frase di circostanza sulle mele marce.
Sarebbe ora, oggi più che mai, mentre nel mondo si sta scatenando uno tsunami di proteste contro la brutalità della polizia dagli Stati Uniti all’Europa, denunciare il fatto che non è una mela ad essere marcia, è un sistema basato sul privilegio di classe dei ricchi ad essere inaccettabile, è un sistema che deve difendersi dalla rabbia generata dalle sue stesse storture e che garantisce l’impunità totale o quasi dei propri corpi di difesa armata, che questa impunità porta i frutti marci delle violenze poliziesche, degli abusi, degli assassinii.
Solo lottando contro gli abusi in divisa, contro la brutalità poliziesca, contro l’impunità dei difensori dello Stato, non certo difensori della comunità, ma difensori del privilegio dei padroni contro i poveri, si potranno arginare tali storture.
CM