Una nuova stretta repressiva da parte della Commissione di Garanzia scioperi ha coinvolto i ferrovieri nelle scorse settimane: una delibera ha esteso unilateralmente ai giorni festivi l’obbligo di dover garantire il servizio minimo in alcune fasce orarie durante gli scioperi (precedentemente d’obbligo soltanto per i giorni feriali), indebolendone ulteriormente l’efficacia. L’ennesimo atto repressivo da parte degli organi governativi, che arriva proprio in un momento in cui i lavoratori di interi settori dell’economia sono in stato di agitazione, a causa di salari stagnanti e di condizioni di lavoro e di vita sempre più precarie, mentre i profitti delle industrie belliche schizzano e la riconversione ecologica sembra già acqua passata. Di fronte ai piani cinici e bellicisti di una burocrazia disinteressata dei bisogni sociali, in nome della competitività e di una crescita economica al servizio delle richieste padronali, è necessario organizzarsi per ribaltare i rapporti di forza. Le casse di resistenza, strettamente legate alla tradizione del mutualismo, sono un valido strumento in questa direzione.
Costruire dei fondi economici alimentati dai lavoratori e dalle realtà solidali per il supporto alle mobilitazioni, ha la duplice funzione di renderle più incisive e meno ricattabili, aumentando dunque il potere negoziale dei lavoratori all’interno delle vertenze. Ma permette anche loro di resistere al logoramento cercato dalle aziende e acuito da lunghi e costosi processi legali.
Ce lo ricordano i lavoratori della ex GKN di Campi Bisenzio che, con la Società operaia di mutuo soccorso “Insorgiamo” [1] partecipata da una pluralità di associazioni e di realtà sociali, da più di tre anni stanno combattendo contro il logoramento attuato dal fondo speculativo Melrose, che li avrebbe voluti finiti già molto tempo fa a colpi di stipendi non pagati e di licenziamenti illegittimi. Un’esperienza che si colloca in continuità con la cassa di resistenza che gli operai della GKN organizzarono già nel 2008 per difendersi dalla cassa integrazione, a cui parteciparono anche i lavoratori di altre aziende, tra cui i ferrovieri.
Gli stessi ferrovieri che qualche anno prima, nel 2006, fondarono la Cassa di solidarietà tra ferrovieri, per il sostegno e il reintegro di cinque lavoratori licenziati a causa delle loro lotte per la sicurezza sul lavoro. Dopo la vittoria, che vide la riassunzione dei cinque ferrovieri, la cassa diventò permanente, ed è tutt’ora attiva.
Le casse di resistenza dei lavoratori possono fornire supporto anche per le azioni di sciopero continuative. In alcuni paesi, per esempio, sono proprio i sindacati ad organizzare dei fondi indirizzati a questo scopo: i cosiddetti “strike funds”. Negli Stati Uniti, a settembre 2023, il sindacato UAW iniziò uno dei più impattanti scioperi nel settore automotive statunitense con un fondo di supporto allo sciopero di più di 800 milioni di dollari, che permise a quasi 50 mila lavoratori di scioperare a oltranza per 46 giorni e di ottenere importanti risultati.
Poter avere garanzia di un sostegno economico è determinante per i lavoratori in lotta per essere in grado di fronteggiare gli attacchi delle forze padronali anche sul piano legale o disciplinare, per non indebolire le mobilitazioni davanti al ricatto di sanzioni e licenziamenti, vincendo la disparità di forze e l’isolamento dei singoli lavoratori.
Poco prima della delibera sulle fasce di garanzia nei giorni festivi, per esempio, la stessa Commissione di Garanzia ha aperto un procedimento contro i soggetti promotori dello sciopero dello scorso ottobre, per la presunta violazione della regola della “rarefazione oggettiva” (distanza tra gli scioperi) imposta dalla legge anti-sciopero 146/90. Tra i soggetti promotori, che rischiano una sanzione dai 2.500 a 50.000 euro, ci sono i sindacati di base CUB e SGB, ma anche l’Assemblea nazionale PdM-PdB del personale viaggiante, autorganizzata dai lavoratori e dunque senza un portafoglio vero e proprio. Poter contare sulla Cassa di solidarietà tra ferrovieri dà modo alla mobilitazione di non arretrare sotto i colpi delle eventuali spese legali.
Questo tipo di strumento materiale-economico di cui i lavoratori possono dotarsi, permette anche di mettere più concretamente in discussione la legittimità di alcune leggi come la anti-sciopero 146/90. Abituati a un discorso comune e istituzionale che considera la legge come il limite invalicabile, si rischia di dimenticare quanto questa dovrebbe essere espressione della volontà collettiva, e non dell’arbitrio della classe dominante. Di fronte a strette come quella della Commissione di Garanzia (i cui componenti sono nominati dal governo), la questione della legittimità della legge si pone chiaramente. Comprimere il diritto allo sciopero in nome dei “rilevanti mutamenti” intercorsi dagli anni 90 ad oggi, significa di fatto dichiarare obsoleto il diritto di sciopero stesso, sancendo una chiara rottura con la classe lavoratrice da parte istituzionale, che da una parte sostiene di dover difendere i lavoratori che si devono spostare nei fine settimana, dall’altra prende a schiaffi gli stessi lavoratori che stanno rivendicando migliori condizioni di lavoro e di vita.
È importante allora sostenere le casse di resistenza dei lavoratori in lotta, per aiutare l’avanzamento delle mobilitazioni e per favorire la costruzione di reti di solidarietà tra specifici settori produttivi, associazioni, organizzazioni politiche e sindacali, studenti e singoli cittadini.
I sindacati dovrebbero destinare parte del loro portafoglio nella costruzione di fondi per il sostegno agli scioperi, o per contribuire alle casse di resistenza organizzate direttamente dai lavoratori, come hanno fatto il sindacato di base USB e il giornale sindacale CUB Rail in supporto alla Cassa di solidarietà tra ferrovieri.
È fondamentale che i diversi settori della classe lavoratrice uniscano le forze, individuando parole d’ordine in comune a partire dalla necessità di aumenti stipendiali che stiano al passo con l’inflazione, e della riduzione dell’orario di lavoro. Opponendosi unitamente agli investimenti nell’industria bellica come piano di rilancio dell’economia europea, che sottrae risorse per i bisogni sociali e nasconde sotto il tappeto il collasso climatico. Contro la crescita repressiva, strettamente connessa alla corsa al riarmo.
Parole d’ordine in cui anche studenti e ricercatori si stanno sempre più identificando, assumendo un ruolo centrale con le mobilitazioni delle Assemblee precarie in tutta Italia. Contro il DDL1660 che impone alle università di fornire ai servizi segreti informazioni sugli studenti, e contro i tagli all’istruzione, che penalizzano la qualità della ricerca sottomettendola alla precarietà.
Un passo in questa direzione è sicuramente il sostegno alle forme mutualistiche di lotta di cui si sono dotati i lavoratori direttamente coinvolti nella catena dell’approvvigionamento bellico, come la Cassa di solidarietà tra ferrovieri, stretti dalla morsa repressiva della legge anti-sciopero 146/90.
Roberto Marchese
NOTE:
[1]: Qui una ricostruzione della nascita della SOMS Insorgiamo in occasione della Carovana dei mutualismi, un festival itinerante lungo tutt’Italia con tappa finale a Pinerolo, sede della più antica società operaia di mutuo soccorso italiana, risalente al 1848.

Roberto Marchese
Nato a Prato nel 1996, ferroviere e studente di filosofia all'università di Firenze. Collabora con La Voce Delle Lotte approfondendo sul campo le dinamiche sindacali e le lotte dei lavoratori