La lotta contro la riforma del pre-ruolo Bernini, che minaccia di precarizzare ulteriormente la ricerca, ha bisogno del contributo di tutti i lavoratori dell’università. La mobilitazione auto-organizzata dei ricercator* precar*, è appoggiata dai sindacati di base e da uno sciopero indetto dalla CGIL-FLC, ma solo per il personale a tempo determinato. Si tratta di una chiamata utile per visibilizzare i precar*, ma non basta: serve un vero sciopero generale, da raggiungere tramite un maggiore coordinamento dal basso di giovan* ricercator*, lavorator* amministrativ* e di quell* dei servizi in subappalto. Nel complesso, la mobilitazione può vincere solo facendo leva sulla discesa in campo degl* student*; sono loro che realmente fanno vivere gli atenei e che subiscono le conseguenze peggiori di tagli e privatizzazione. Centrale, in questo senso, è fondere la lotta contro la Bernini con quella per la difesa dell’università pubblica e per il boicottaggio accademico di Israele e dei progetti dual use, dove la collaborazione student*-lavorator* è stata più avanzata negli scorsi mesi.


 

Questo lunedì 12 febbraio è sciopero dei precari della ricerca contro la riforma Bernini del pre-ruolo universitario. Il disegno di legge è ad oggi in realtà fermo, dopo la minaccia di sanzioni da parte della Commissione Europea, che lo scorso febbraio ha imposto al governo di sbloccare i contratti di ricerca istituiti a suo tempo da Draghi, ma mai adottati come strumento di assunzione nelle università. Si tratta di contratti che vanno a sostituire i vecchi assegni di ricerca e configurano condizioni di lavoro migliori per i cosiddetti ‘post-doc’, come tredicesima, ferie e malattie (gli assegni di ricerca non erano veri e propri contratti di lavoro, ma borse). 

 

Il problema è che questi contratti hanno costi più elevati degli assegni post-doc e il governo non ha nessuna intenzione di stanziare risorse significative per finanziarli. Al contrario, nell’ultimo anno Bernini ha approvato circa 500 milioni di tagli al fondo di finanziamento ordinario dell’università. In queste condizioni, il blocco della riforma si configura come una mossa per compattare le fila della CRUI, ovvero la conferenza nazionale dei rettori, i quali rischiano di non avere abbastanza precar* da sfruttare nei prossimi mesi. Al contempo, si cerca di spaccare il fronte della mobilitazione dei ricercator*, visto che le risorse attualmente disponibili non riescono a coprire più di 250 contratti di ricerca, minacciando migliaia di giovan* accademic* con l’arma della disoccupazione. Il piano è quindi quello di giustificare un’approvazione della riforma in estate, non solo al riparo da proteste e presidi, ma anche presentandola come una misura necessaria per salvare i posti di lavoro. 

 

Lo sciopero di questo lunedì è quindi importantissimo per rilanciare la protesta e non cedere alle manovre del governo, ma al contrario rivendicare uno stop ai tagli e alla riforma del pre-ruolo, insieme a un forte finanziamento dei contratti di ricerca. La mobilitazione, partita dalle assemblee precarie auto-organizzate in vari atenei in tutta Italia, ha visto anche l’adesione di vari sindacati di base e della FLC-CGIL (Federazione Lavoratori della Conoscenza). Quest’ultima adesione, in particolare, è significativa visto il peso del sindacato tra i lavoratori dell’università ed è stato un primo risultato importante delle pressioni dal basso esercitate da* precar* della ricerca. Tuttavia, la FLC ha dichiarato sciopero del solo personale a tempo determinato, insieme a 2 ore di assemblea sindacale per il resto de* lavorator*. 

 

Siamo di fronte a un appello utile per visibilizzare un settore importante di chi fa funzionare la ricerca e la didattica universitaria, non solo come ricercator*, ma anche come personale di supporto. Tuttavia, uno sciopero del solo personale a tempo determinato non va nella direzione di costruire i rapporti di forza necessari per vincere. Sostenere i lavorator* precar* non significa solo visibilizzarl*: i precar* non sono una classe a sé. La precarietà è un modo per dividere chi lavora tra tutelati e meno tutelati, con l’effetto di peggiorare le condizioni di lavoro per tutti. L’obiettivo dovrebbe essere un grande sciopero di tutt* i lavorator* dell’università: dagl* amministrativ*, ai ricercatori* passando per quell* dei servizi esternalizzati.

Così, questo messaggio non è rivolto solo alla FLC, ma anche alla FILCAMS (federazione che organizza varie attività del terziario), spesso il sindacato di riferimento de* lavorator* attivi in questi servizi. Di contro, le assemblee precarie non possono certo aspettare passivamente le dirigenze sindacali, ma estendere il coordinamento con il personale amministrativo, delle mense e dei vari subappalti sulla base della quale la macchina universitaria si regge; personale che spesso vive condizioni di precarità, frammentazione e oppressione – di genere e su base etnica – anche peggiore di quella de* giovan* accademic*. 

 

L’unità de* lavorator* dell’università è del resto particolarmente importante contro la riforma Bernini visto che l* ricercator* precar*, pur necessar* per il funzionamento dell’accademia, in molti casi, non svolgono mansioni didattiche. Così, non avendo la capacità di bloccare gli atenei, ess* hanno poche armi di pressione ‘materiale’ sul governo. Un’osservazione del genere rimanda allora anche alla centralità dell’alleanza de* precar* della ricerca con l* student* per costruire un vero blocco della didattica: sono l* student* a far vivere realmente l’università, oltre a subire le conseguenze più deleterie della sua privatizzazione e sotto-finanziamento. Questo, in termini di tasse, costi di alloggi, trasporti ecc. ormai insostenibili e sotto forma di un sapere sempre più subalterno agli interessi dei privati, volto solo a formare futuri schiavi. Tale situazione non potrà che peggiorare con la riforma Bernini, rendendo chi produce ‘il sapere’ sempre più ricattabile da baroni e aziende. La lotta contro la riforma del pre-ruolo va quindi intesa come parte di una battaglia più generale per un’università pubblica, gratuita, realmente democratica e di qualità.


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Un asse importante che ha già visto negli scorsi mesi student* e ricercator* mobilitarsi unitariamente è stata la battaglia per il boicottaggio accademico nei confronti di Israele, delle aziende militari e in generale dei programmi dual-use. Correttamente le assemblee precarie hanno messo in evidenza il rapporto tra contro-riforme dell’università e militarizzazione. Come ha osservato la nostra compagna Laura, a nome dell’assemblea precaria di Firenze, in un intervento alla manifestazione del 1 maggio di Prato: 

 

nel contesto europeo vediamo il “Rearm EU”, e in Italia assistiamo a tagli ai finanziamenti per università, scuola e sanità, accompagnati da aumenti nella spesa militare. Il tema della militarizzazione colpisce particolarmente l’università: con la diminuzione dei finanziamenti statali aumenteranno i progetti finanziati dalle industrie delle armi – spesso nascosti dietro l’ipocrisia del “dual use” – e gli accordi di ricerca con enti militari o paesi come Israele.”

 

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In quest’ottica, vediamo molto positivamente come in varie città la mobilitazione contro la riforma Bernini stia diventando un’occasione di rilancio per quella pro-Palestina e anti-militarizzazione. La fusione di queste due mobilitazioni è inoltre centrale per chiarire ad altri settori della società e di lavorator* come la vertenza de* ricercator* precar* dell’università non sia solo settoriale, ma costituisca un passaggio importante per opporsi alla spirale di austerità e politiche belliciste in cui i nostri governanti, in primis Meloni e Von der Leyen, ci stanno trascinando.

Lorenzo Lodi

 

Nato a Brescia nel 1991, ha studiato Relazioni Internazionali a Milano e Bologna. Studioso di filosofia, economia politica e processi sociali in Africa e Medio Oriente.