I manifestanti a Los Angeles si oppongono agli agenti dell’ICE e protestano contro le politiche di deportazione di massa di Trump. Per lottare in difesa degli immigrati, abbiamo bisogno di una risposta unitaria, di classe e indipendente.
Pubblichiamo un contributo di Julia Wallace, militante di Left Voice (organizzazione sorella statunitense della FIR-LVdL) in California e attivista sindacale della SEIU (Service Employees International Union), direttamente dalle proteste che stanno scuotendo la costa occidentale degli USA. La mobilitazione, nella sua fase attuale avviatasi nel fine settimana tra il sette e l’otto giugno, continua a crescere in portata, contaminando ogni angolo degli USA, in vista della mobilitazione nazionale del 14 giugno contro l’amministrazione Trump. Contestualmente, cresce il livello della repressione: per questo motivo, continuiamo a seguire con attenzione gli sviluppi delle proteste, in solidarietà internazionalista con le attiviste sociali, politiche e sindacali che si trovano in prima linea per contestare le politiche razziste del governo statunitense, così come le linee conciliatorie e cooptative portate avanti da burocrati politici e sindacali vincolati al Partito Democratico, che tentano di risolvere la crisi politica passando per un giudiziario che ha già mostrato la sua totale inefficacia.
Los Angeles è diventata una zona critica nella guerra sempre più accanita dell’amministrazione Trump contro gli immigrati. Venerdì 6 giugno, l’Immigration and Customs Enforcement (ICE) ha fatto una retata nel parcheggio di un negozio Home Depot [negozio di casalinghi, n.d.t.] nel quartiere Westlake della città, arrestando diversi lavoratori a giornata irregolari. Successivamente, gli agenti hanno fatto irruzione nel distretto dell’abbigliamento della città.
Tuttavia, l’ICE si sta scontrando con una forte opposizione da parte dei membri della comunità. Le retate hanno scatenato proteste, con cori e lanci di uova e pietre da parte dei manifestanti contro gli agenti e i poliziotti, che hanno risposto con spray al peperoncino e gas lacrimogeni. Quarantaquattro persone sono state arrestate, tra cui il presidente della SEIU [Service Employees International Union, ndt] della California David Huerta. Il leader sindacale è stato medicato per le ferite riportate, ma è ancora sotto custodia federale. (AGGIORNAMENTO: il leader sindacale è stato condannato per “ostruzione di giustizia”, un reato federale, e a pagare una multa di $50.000, il tutto per aver semplicemente assistito da osservatore ad un raid migratorio).
La mattina seguente, l’ICE ha preso di mira lo Home Depot a Paramount, una città nella zona di South Bay della contea di Los Angeles. Gli agenti hanno letteralmente inseguito le persone per strada, ma sono stati respinti dalla comunità. I giovani, in maggioranza latinoamericani e neri, hanno costruito barricate intorno al negozio e hanno risposto alle granate flash bang, ai proiettili di gomma e ai gas lacrimogeni degli agenti con pietre e bottiglie. Gridavano “Fuera!” (“Fuori!”) e “Fuori dalla nostra città! Gli agenti della polizia di frontiera in mimetica sono stati costretti ad arrendersi.
Con il passare delle ore, sono scoppiati scontri guidati da giovani latinoamericani e neri a Compton, Inglewood e Long Beach. Sono stati incendiati veicoli, tra cui un’auto della polizia di frontiera, e i giovani hanno ripreso il controllo delle strade, sfilando con bandiere messicane, indossando la kefiah e intimando all’ICE di andarsene dai loro quartieri.
Ribadendo l’interconnessione delle nostre lotte, i manifestanti hanno commentato che Los Angeles condivide un fronte comune con la Palestina: “Il nemico non siamo io o te, sono loro!”. La lotta per Gaza è anche legata alla lotta per i diritti degli immigrati: dopotutto, le armi e la sorveglianza utilizzate contro i palestinesi sono le stesse che vengono utilizzate per attaccare i nostri fratelli e sorelle migranti negli Stati Uniti.
Un Trump in difficoltà schiera la Guardia Nazionale
L’amministrazione Trump ha risposto alle mobilitazioni di Los Angeles schierando 2.000 membri della Guardia Nazionale, ed è la prima volta che un presidente ricorre a questi poteri dai disordini di Los Angeles del 1992. Addirittura domenica un elicottero Blackhawk ha portato munizioni e rifornimenti [alle forze di polizia, n.d.t]. Altri membri dell’amministrazione, come Stephen Miller e il vicepresidente JD Vance, hanno alzato il tono, definendo le manifestazioni di questo fine settimana una “insurrezione”.
Gli scontri a Los Angeles sono solo l’ultimo episodio della crescente resistenza alle politiche anti-immigrazione di Trump. In tutto il Paese, persone di ogni estrazione sociale, compresi studenti delle scuole superiori, protestano contro l’ICE e lottano per proteggere i membri delle loro comunità. È chiaro che la guerra di Trump agli immigrati sta incontrando difficoltà e che la dimostrazione di forza del presidente è volta a ingraziarsi la sua base sciovinista e ostile agli immigrati. Trump spera che, giocando le sue carte vincenti, possa rinsaldare il proprio consenso in un momento in cui la sua popolarità è in caduta libera e i fallimenti politici si accumulano, come il blocco del Big Beautiful Bill [proposta di legge di bilancio dell’amm. Trump che prevede riduzioni della spesa pubblica e tagli alle tasse, n.d.t.] e la mancata conclusione degli accordi sui dazi.
Nel frattempo, il governatore della California Gavin Newsom e il sindaco di Los Angeles Karen Bass hanno minacciato di non versare le tasse federali, e definito la mobilitazione della Guardia Nazionale una provocazione. Poiché Los Angeles è una città santuario [cioè con una giurisdizione parzialmente indipendente dalle autorità nazionali per l’immigrazione, ndt], le forze dell’ordine locali, ovvero il Dipartimento di Polizia di Los Angeles, non hanno collaborato alle retate. Gli sceriffi della contea di Los Angeles, tuttavia, sono intervenuti sul posto e hanno aiutato gli agenti dell’ICE.
Abbiamo bisogno di una lotta indipendente e di classe contro le espulsioni
Mentre i democratici, in California come altrove, si schierano contro Trump, dobbiamo essere chiari: queste retate e la guerra agli immigrati non sarebbero possibili senza le infrastrutture sviluppate sia dall’amministrazione democratica che da quella repubblicana, dal governo di George W. Bush a quello di Barack Obama (il “Deporter-in-Chief”), fino a quello di Joe Biden. Nonostante tutte le loro prese di posizione retoriche contro le politiche dell’attuale amministrazione, i democratici sono complici fino in fondo, e non ci si può fidare di loro nella lotta per i diritti degli immigrati.
Abbiamo invece bisogno di un grande movimento indipendente e di classe contro le espulsioni, che porti questa lotta nelle strade e nei nostri luoghi di lavoro. Dobbiamo chiedere con forza il rilascio di David Huerta e di tutti coloro che sono stati arrestati dall’ICE, evitando di separare i movimenti di lavoratori dai movimenti sociali e dai giovani neri e latinoamericani precari che si stanno mobilitando contro queste forze reazionarie. In sostanza, sconfiggere l’ICE e la guerra agli immigrati, e proteggere i nostri diritti democratici richiederà la massima unità possibile. Quando lottiamo uniti, possiamo vincere, come quando Trump è stato costretto a reintegrare migliaia di visti per studenti.
Alla fine di aprile, 55.000 membri del sindacato SEIU Local 721 hanno scioperato, dimostrando con forza come i lavoratori possono lottare per i propri diritti. Lo stesso sindacato dovrebbe mobilitarsi insieme al resto della classe lavoratrice e degli oppressi per lottare per gli immigrati, contro la repressione dello Stato. Solo attraverso un’organizzazione indipendente di classe possiamo cacciare l’ICE dalle nostre comunità e abbattere i confini che servono a dividerci come classe.
Da Gaza al Messico, i confini devono sparire!
Julia Wallace
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