Il 20 giugno è sciopero generale indetto dai sindacati di base, a cui aderiscono i ferrovieri con una manifestazione a Roma. Lo stesso giorno scade la riserva per approvare o meno l’ipotesi di CCNL Attività Ferroviarie che le burocrazie sindacali confederali e autonome hanno firmato lo scorso 22 maggio. Ancora non è ufficiale una data per il referendum che sottoporrebbe il contratto al giudizio dei lavoratori, ma secondo indiscrezioni si svolgerà agli inizi di luglio. In questo scenario è nato il Comitato dei ferrovieri per il NO a questa ipotesi di contratto, un coordinamento unitario tra le assemblee autorganizzate dei ferrovieri di vari settori, i sindacati di base e le riviste militanti di settore che stanno sostenendo la mobilitazione dal basso dei lavoratori. Si tratta di un’esperienza importante, che vede per la prima volta uniti i lavoratori dei settori dell’esercizio ferroviario che si sono maggiormente mobilitati da un anno e mezzo a questa parte, contro una contrattazione a perdere e un peggioramento significativo delle condizioni di lavoro e di vita, che sta riguardando tutti i ferrovieri, così come i lavoratori dell’intero comparto trasporti (significativa la situazione simile di portuali e lavoratori del TPL). Nella stessa data si svolgerà uno sciopero di 8 ore indetto da FIOM-FIM e UILM per il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici, un altro settore strategico, come quello dei ferrovieri, nella lotta per forti aumenti salariali e riduzione dell’orario di lavoro, contro riarmo ed economia di guerra.


 

È di questi giorni, a quasi un mese di distanza dalla firma dell’ipotesi di rinnovo contrattuale, la richiesta dell’elenco dei lavoratori coperti dal CCNL Attività Ferroviarie, effettuata da FILT-CGIL, UIL, UGL e FAST verso AGENS e Ferrovie, ai fini dell’indizione del referendum. La data in cui questo si svolgerà non è ancora ufficiale, ma si parla di inizio luglio. Alla richiesta dell’elenco dei lavoratori non hanno aderito FIT-CISL e ORSA. Con la prima che dalla firma dell’ipotesi ad oggi non ha comunicato alcuna volontà di ascoltare l’opinione dei lavoratori, mentre ORSA ha indetto una consultazione per i soli iscritti, che si svolgerà tra il 24 e il 26 giugno.

Non meraviglia certo tale disinteresse da parte di un sindacato come la CISL, che ha visto uno dei suoi vertici storici, l’ex-segretario generale Luigi Sbarra, essere stato appena cooptato dal governo Meloni con la nomina a sottosegretario con delega per il Sud. Ma quanto è più rilevante è che la riluttanza che le burocrazie sindacali dei trasporti hanno dimostrato di avere verso lo strumento di consultazione dei lavoratori rappresenta soltanto la punta di un iceberg che le vede distanti dalla base, incapaci di uscire da un’autoreferenzialità che le sta impegnando strenuamente a convincere i lavoratori ad accettare le condizioni al ribasso, anziché accogliere le loro istanze e organizzarne l’agitazione.

È sufficiente partecipare a qualche assemblea – da poco tornate ad essere indette più regolarmente nelle ferrovie – per constatare in prima persona che la premessa implicita della linea di queste burocrazie sindacali sia quella di accettare passivamente le condizioni imposte dalle aziende. Così dovrebbe essere ben accolto un aumento salariale lordo che neanche recupera il netto dell’inflazione, oppure un mescolamento delle ore di riposo che non garantisce alcun reale miglioramento del rapporto vita-lavoro. Diventa “rischioso” non accettare le condizioni del nuovo contratto a perdere, perché le aziende potrebbero non essere più disposte a trattare o si potrebbero ottenere condizioni ancora peggiorative. Mentre diventa un “prezzo da pagare” la rimozione del secondo macchinista o il prolungamento orario della condotta. E non si fa invece parola di una delle principali rivendicazioni che ha accomunato tutte le categorie dei ferrovieri mobilitati, tra cui gli stessi iscritti alle organizzazioni sindacali confederali, ovvero la riduzione dell’orario di lavoro a 36 ore.

Emergono così i grandi assenti nelle agende delle burocrazie sindacali: il conflitto e la mobilitazione dei lavoratori. Il che le rende responsabili di instillare in loro la rassegnazione e la convinzione che non sia possibile fare altro che raschiare il fondo del barile, molto ricco invece per chi con le ferrovie (bene pubblico) firma contratti milionari. Nessuna iniziativa viene promossa in direzione dell’abolizione della legge anti-sciopero 146/90, che fiacca la possibilità di mobilitazione di tutti i lavoratori dei trasporti, e che proprio per questo dovrebbe essere attaccata direttamente, anziché assunta come indiscutibile.

A fronte del crescente scollamento tra la base dei lavoratori e le burocrazie sindacali, si sta invece rafforzando il fronte dei ferrovieri mobilitati. Dopo la firma dell’ipotesi contrattuale è nato il Comitato dei ferrovieri per il NO al contratto, che unisce assemblee autorganizzate, i sindacati di base CUB-SGB-USB e le riviste militanti di settore Ancora In Marcia! e CUB Rail, per rivendicare lo svolgimento del referendum per il contratto. Nel comunicato di costituzione del Comitato vengono inoltre specificate le modalità con cui si vuole che vengano svolte le votazioni, ovvero su piattaforma online e con possibilità di verifica dei voti da parte del Comitato. Puntualizzazione rilevante, che mette in risalto la necessità di trasparenza delle votazioni, a fronte dei molti dubbi sorti in occasione delle passate votazioni referendarie, in cui ha sempre vinto il “sì”, anche in territori in cui era evidente la netta opposizione. Per questo il Comitato ha anche preparato un form di votazione parallela non ufficiale, con il quale poter confrontare i risultati dell’eventuale votazione referendaria indetta dalle sigle confederali.

Il 20 giugno, lo stesso giorno in cui dovrebbe essere sciolta la riserva sull’ipotesi di rinnovo contrattuale, si svolgerà lo sciopero generale dei sindacati di base CUB-SGB-USB, uniti per il miglioramento delle condizioni di lavoro, ma anche per rivendicare un modello di sviluppo sostenibile e alternativo a quello proposto dagli attuali governi UE, fatto di guerre genocide e miseria a danno della classe lavoratrice, a favore di multinazionali e grandi capitalisti che controllano l’economia mondiale.

Questa data di sciopero, durante la quale si svolgerà una manifestazione dei ferrovieri a Roma partecipata anche dalle assemblee autorganizzate, rilancia la lotta per un reale miglioramento delle condizioni di lavoro, dimostrando di non arenarsi di fronte a falsi risultati come quelli proposti dalle burocrazie confederali con l’ipotesi di rinnovo del 22 maggio. Se nelle ferrovie lo sciopero dovesse attestare alte adesioni dei lavoratori, al pari dei precedenti scioperi, proverebbe l’efficacia della sinergia tra sindacati e forme di autorganizzazione dei lavoratori, a prescindere dalla loro appartenenza sindacale.

Significativo il fatto che lo sciopero del 20 giugno dei sindacati di base avvenga lo stesso giorno dello sciopero FIOM, UILM e FIM, per rivendicare la ripresa della trattativa sul CCNL dei metalmeccanici interrotta a novembre dello scorso anno, davanti a una “contropiattaforma” padronale che rifiuta ogni istanza dei lavoratori, tra cui forti aumenti a recupero dell’inflazione e la riduzione dell’orario di lavoro.

Nonostante le piattaforme degli scioperi del sindacalismo di base e dei metalmeccanici non abbiano solidarizzato, sarebbe importante incoraggiare azioni che uniscono settori strategici della classe lavoratrice, come i trasporti e il metalmeccanico, che lottano per gli stessi motivi. Se è chiara, infatti, la tendenza delle burocrazie sindacali all’autoreferenzialità anche al costo della sterilizzazione delle proteste, questo non vale per la base dei lavoratori, che è in grado, come si vede, di superare le inerzie e di stimolare il miglioramento dei rapporti di forza. La stessa mobilitazione nelle ferrovie mostra che molti lavoratori, anche se rimangono iscritti ai grandi sindacati per un motivo o per un altro, sono disposti a mobilitarsi per una piattaforma radicale promossa da forme assembleari che non mettono paletti di appartenenza sindacale.

Per questo vanno sostenute le forme di autorganizzazione attraverso cui i ferrovieri si stanno riappropriando della mobilitazione, vincendo la passivizzazione indotta dalle burocrazie sindacali. Bene si stanno muovendo i sindacati di base nel sostenere dialetticamente le assemblee del personale viaggiante e della circolazione, senza per questo sostituirsi ad esse.

Per avviare la mobilitazione dei ferrovieri verso una nuova fase a partire da questo 20 giugno, è necessario rafforzare il coordinamento dei settori di ferrovieri in agitazione, sottolineando le parole d’ordine comuni, senza sacrificare le specificità di ogni categoria (come la deleteria riorganizzazione della manutenzione, che non viene minimamente scalfita dall’ipotesi di rinnovo contrattuale).

A partire da questo, si deve dare alla mobilitazione una dimensione anche territoriale, favorendo assemblee e iniziative in presenza nelle città maggiormente partecipate. Questo fornirebbe al movimento la possibilità di dare vita a più nuclei di ragionamento, oltre che di entrare in contatto con altri settori della classe lavoratrice mobilitati, come i metalmeccanici, maggiormente impiegati nei consorzi industriali sul territorio.

È importante continuare a supportare le forme di sostegno economico di cui si sono dotati i lavoratori, come la cassa di solidarietà dei ferrovieri, per resistere a forzature, scioperi e cause legali, a fronte della crescente repressione che sta riguardando i lavoratori dei trasporti e della logistica, strategici nelle catene del riarmo.

Roberto Marchese

Roberto Marchese

Nato a Prato nel 1996, ferroviere e studente di filosofia all'università di Firenze. Collabora con La Voce Delle Lotte approfondendo sul campo le dinamiche sindacali e le lotte dei lavoratori