di Michele Sisto

Da una recente inchiesta condotta dal periodico indipendente Russo “Novaya Gazeta”, la vita nella Repubblica Cecena, una Repubblica Federale Russa, è degenerata a tal punto che non risulta affatto difficile paragonare questa società a quella Nazista.
Veri e propri campi di concentramento -tra cui uno ad Argun, paese a circa 15 km ad est della capitale Groznyj- sono situati nella regione, e i prigionieri, oltre alcuni ex combattenti siriani, sono prevalentemente omosessuali, o accusati di esserlo.
In un paese dove la Sharia è stata reintrodotta dal dittatore Ramzan Kadyrov – un fascista islamico che fa parte del partito di Putin “Russia Unita”-, l’essere gay, o meglio, essere liberi di essere se stessi, è un crimine, va’ contro le tradizioni.
L’inchiesta parla di circa 100 persone rinchiuse con questa assurda accusa, torturate finanche con l’elettroshock, percosse fino alla morte. Circa 3 persone, infatti, sono state uccise.

Ramzan Kadyrov, dittatore Ceceno, Repubblica Cecena, Repubblica Federale Russa

Ramzan Kadyrov, dittatore Ceceno, Repubblica Cecena, Repubblica Federale Russa

Sconvolgono ancor più delle dichiarazioni del dittatore ceceno, quelle di Kheda Saratova, (un nazista) capo del Consiglio per i Diritti Umani, circa la società cecena:
«Nella nostra società cecena, chiunque rispetti le nostre tradizioni e cultura darà la caccia a questo tipo di persone senza bisogno di aiuto da parte delle autorità, e farà di tutto perché questo tipo di persone non esista nella nostra società».

Il fascista islamico, posto a capo della Repubblica Cecena, rincalcando la dose del suo burattino nazista, ha affermato poi :«Se ci fosse gente simile in Cecenia, le forze dell’ordine non avrebbero bisogno di avere a che fare con loro, perché i loro parenti li manderebbero in un luogo da cui non c’è più ritorno».
Ciò da’ chiaramente ad intendere che questa “rieducazione” è affidata alle famiglie cecene, mere pattuglie di esecuzione del dittatore, sue più spietate alleate, in grado di uccidere i propri membri nel momento in cui siano “accusati” di essere omosessuali.

«Ci hanno fatto l’elettroshock. Era molto doloroso. Ho resistito finché non ho perso i sensi e sono caduto a terra – dichiara un sopravvissuto-. Ci picchiavano con dei tubi. Sempre sotto la vita. Ci dicevano che siamo “cani che non meritano di vivere»

Oggi questa situazione rappresenta l’assurdo epilogo delle lotte malcondotte della comunità LGBTI, slegate dalla classe, sempre più d’elité.
In Italia, ad esempio, per quanto progressista possa essere la legge sulle Unioni Civili (lottare per il raggiungimento dei diritti, che siano o meno di categoria, ci vede sempre in prima linea, soprattutto delle comunità da sempre oppresse e represse), sarebbe del tutto contrastante con la richiesta radicale rivoluzionaria di quello che fu il F.U.O.R.I. (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), contro la concezione stessa della Famiglia, mero tassello dello sfruttamento e della disuguaglianza che questa società applica ai propri componenti.

Ritorniamo alla radicale lotta rivoluzionaria ed anticapitalista del FUORI!
Quella lotta contro le oppressioni, al fianco dell’unica classe sociale che quando si mobilita mina le fondamenta stesse di questa società.

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.