Il 7 aprile è stato dato il via libera definitivo agli otto decreti attuativi che vanno a concludere la legge 107, la cosiddetta “Buona Scuola”.
Una riforma calata dall’alto, senza alcun confronto  tra la base scolastica e il ministero dell’istruzione, checché ne dicano la ministra Fedeli e i sindacati confederali. Tanto meno il dissenso manifestato negli ultimi mesi in particolare con le mobilitazioni dell’8 e 17 Marzo, chiamati da diverse sigle tra sindacati di base, corporativi e confederali (con l’adesione, più formale che sostanziale, della FLC CGIL) è stato ascoltato dal Governo.

Ricordiamo un attimo i punti salienti della 107, per poi arrivare a quelli delle otto deleghe ad essa aggiunte, appena approvate.
Il governo Renzi, con il ministro dell’istruzione Giannini si vanta di aver posto rimedio, con questa riforma, al problema del precariato nel mondo della scuola, sbandierando l’assunzione di 100mila docenti a tempo indeterminato. La realtà è che si tratta della classica goccia nell’oceano: 36.627 docenti sarebbero già entrati di ruolo grazie alle leggi precedenti, per di più 100mila assunzioni restano un quantità insufficiente sia a fronte dei 170mila docenti già attivi negli anni scorsi e ancor di più se si considerano i 300mila abilitati all’insegnamento presenti già da anni nelle varie graduatorie.
Si potrebbe dire: vabbè, meglio che niente!
Se non fosse che le modalità di assunzione di questi precari fanno gridare allo scandalo. La maggior parte di loro viene deportata a centinaia di chilometri di distanza dalle proprie famiglie. Fenomeno che riguarda soprattutto il meridione, poiché  i vincitori di concorsi sono per la maggioranza del sud anche se i posti disponibili in quest’area sono nettamente inferiori a quelli del nord. Anche chi avrà la fortuna di essere assunto relativamente più vicino casa non otterrà la cattedra di ruolo come accadeva prima ma andrà a far parte del cosiddetto “organico di potenziamento”: sostanzialmente il docente dovrà spostarsi tra le varie scuole nella provincia di appartenenza per sopperire ad eventuali assenze dei colleghi.
Non vanno meglio le cose per gli studenti. Sono previste 200 ore di lavoro non retribuito ad alunno nei Licei e 400 negli istituti tecnici, da svolgere anche durante i periodi di festività.
Tutto questo si svolgerà sotto la stretta sorveglianza di un preside-manager libero di decidere chi cacciare e chi assumere (magari parenti o amici di), a chi elargire premi in denaro e a quale azienda locale regalare la fresca forza-lavoro degli studenti.
Oggi a tutto ciò, con l’approvazione delle deleghe, si aggiunge:
_L’aumento dei numeri di alunni diversamente abili per classe abbinata alla diminuzione degli insegnanti di sostegno;
_Si unificano, sotto il controllo degli Enti locali, gli asili-nido, le scuole materne comunali e dell’Infanzia statali, così, i “poli per l’infanzia” raccoglierebbero in un unico plesso o in edifici vicini bambini fino a sei anni di età  nel quadro di uno stesso percorso educativo. Portando non solo ad un abbassamento del livello di insegnamento ma mettendo anche a rischio i ruoli degli insegnanti, creando caos gestionale enorme;
_I docenti di ruolo della scuola pubblica dovranno superare un concorso pubblico (dicendo addio, così, alle supplenze per graduatorie). Dopo il conseguimento della laurea il docente dovrà parteciperà ad un concorso: se riuscirà a superarlo, per l’insegnante comincerà un percorso di formazione della durata di tre anni, due dei quali anche a scuola con lo svolgimento di un tirocinio. Il docente verrà comunque pagato, seppur con stipendio ridotto, e sarà affiancato da un docente tutor di ruolo;
_Gli studenti dovranno affrontare una maturità totalmente nuova in nome della “standardizzazione” e della “alternanza scuola-lavoro”. Infatti questa sarà composta da prove Invalsi ministeriali e una tesina incentrata sull’ esperienza di sfruttamento degli anni precedenti.

Con questa riforma è giunto al pieno compimento il processo di smantellamento della scuola pubblica iniziato con la riforma Gelmini. Le conseguenze non sono solo il devastante abbassamento del livello di istruzione a causa della logica di assunzione gestita dai presidi e degli enormi sacrifici che si richiedono ai docenti; ma anche alla formazione di una futura forza-lavoro già adattata alle leggi di precarizzazione perché sfruttata per anni gratuitamente.
A fronte di un attacco così forte diviene più che mai necessaria una risposta unitaria di tutto il mondo della scuola che veda scendere in campo compatti dai docenti di ruolo ai precari, dal personale ATA agli studenti in nome dell’abolizione della “Buona scuola”!

 

Scilla Di Pietro

Nata a Napoli il 1997, già militante del movimento studentesco napoletano con il CSNE-CSR. Vive lavora a Roma. È tra le fondatrici della corrente femminisa rivoluzionaria "Il Pane e Le Rose. Milita nella Frazione Internazionalista Rivoluzionaria (FIR) ed è redattrice della Voce delle Lotte.