Metto subito in chiaro di appartenere alla classe lavoratrice, nel settore del commercio. Ho deciso di scrivere della forza della mia classe, delle ingiustizie a cui viene esposta, dei sacrifici che gli operai fanno per ottenere e mantenere il proprio lavoro e di una vendetta che ogni lavoratore cova dentro, contro il padrone ed ogni suo servo.

I lavoratori quando hanno la possibilità di esprimere i propri pensieri riguardo lo sfruttamento che subiscono, lo mettono in chiaro e sono convinti di essere sfruttati. Si mette a paragone il Maserati e l’Audi del capo, per comprendere la disuguaglianza sociale, che divide noi proletari e loro sfruttatori. Questo piccolo accenno che faccio, non è da sottovalutare, perché è risaputo che la strada del successo economico porta le persone a dire beato lui che può permetterselo, ne ha fatta di strada. Questo “beato lui”, riferito al possesso di una macchina di lusso, l’ho sentito chiaro nelle parole di tanti lavoratori. Questi operai, che sembra si congratulino col padroncino, non hanno ancora sviluppato una coscienza di classe che gli permetta di vedere lo sfruttamento che c’è dietro ogni villa lussuosa e dietro ogni macchina con più cavalli e più costose, ma riescono comunque a cogliere la differenza di stato sociale che li separa da essi.

Altri miei compagni di lavoro capiscono lo sfruttamento, sono solo in parte assuefatti all’ideologia dominante, che ci suggerisce che per avere una cosa devi “meritarla”. Con l’esempio che ho fatto prima della macchina costosa, si ritorna a una realtà materiale che ci pone davanti l’inevitabile prova che loro hanno i soldi e noi i debiti. Parlo di quello che vedo fra i compagni di lavoro della mia azienda, dico la “mia” azienda perché siamo noi, io con i miei colleghi, che ci lavoriamo dentro dalle 7 alle 10 ore al giorno, su turni troppo lunghi, con straordinari non pagati, con un sistema di turnazione che non rispetta la nostra vita privata -perché sappiamo di sabato che turni avremo la settimana successiva- ed il giorno di riposo che varia senza regole dal lunedi alla domenica. Invece il padrone non muove un dito, non trascina, non solleva, non si concentra per non farsi male e quando vuole parte per il mare o la montagna, impartisce ordini e direttive ai nostri capetti per aumentare la produzione, per sfiancare e demoralizzare la classe operaia che viene trattata da miserabile, ma che io so essere la leva del mondo.

Dove lavoro hanno incrementato i profitti e questo per noi significa che i pesi da spostare e le cose da sistemare sono raddoppiate, il padrone non assume e noi siamo sobbarcati di un doppio lavoro, che va ad accumularsi a ore non recuperate, tutto ciò ci rende sempre più stanchi e demotivati. Per non parlare delle ferie che a noi sembrano un miraggio. A qualche mio collega risultano in busta paga quasi mille ore di ferie che mai riusciranno a recuperare e che il padrone, probabilmente, non pagherà mai. Il sistema capitalistico è impregnato di contraddizioni come questa. Se vuoi emergere dalla palude devi annaspare più forte, molto spesso trascinando anche i tuoi colleghi per riuscire a respirare. È una continua competizione e i lavoratori ne soffrono tanto che a volte c’é chi in nome della competizione o a causa dello stress lavorativo ci rimette la salute e a volte, purtroppo, anche la vita. Di fronte a tutto ciò solo a volte succede che il singolo operaio mostri coraggio nel far valere le proprie ragioni ed alcune volte gli vengano fatte recuperare ore lavorate e mai recuperate.

È ora di dire basta a tutta questa competizione e di produrre ciò che serve alla collettività. Fino a quando la proprietà dei mezzi di produzione sarà in possesso degli sfruttatori, la produzione sarà gestita per il profitto. Dobbiamo invertire tutto ciò, i mezzi di produzione sono i nostri perché li usiamo, una volta espropriati gli sfruttatori potremo gestire la produzione e produrre ciò che serve, non per il profitto di pochi, ma per la necessità di ognuno.

Vanja