L’Organizzazione Saeflow-Jacob-Bästlein.

Fu una delle più grandi organizzazioni di resistenza nella fase finale del regime nazista. Tra i suoi oltre 500 membri c’erano soprattutto operai e impiegati, ma anche medici, insegnanti, ingegneri, artisti e piccoli imprenditori autonomi. Circa 250 erano stati, prima del 1933, membri del KPD o di organizzazioni ad esso vicine; circa 220 non erano legati ad alcun partito, 50 appartenevano a formazioni socialdemocratiche; un quarto del totale erano donne. Il contributo delle donne merita particolare attenzione, perché per molto tempo venne trascurato o semplicemente subordinato a quello dei loro uomini: nascondevano e davano sostegno ai perseguitati, preparavano volantini e li distribuivano, facevano da staffette e mettevano a disposizione appartamenti per la cospirazione. Molte furono arrestate, tre di loro -Judith Auer, stretta confidente di Saefkow e Jacob, così come Elli Voigt e Auguste Haase- vennero condannate a morte dal Tribunale speciale nazista e giustiziate. Altre furono deportate senza processo nel campo di concentramento di Ravensbrück o recluse nel carcere femminile di Plötzensee a Berlino, o più a est nelle carceri di Cottbus e Lipsia. Particolare rilievo merita anche la costanza di molti uomini e donne che erano già stati in prigione per la loro attività contro il regime negli anni Trenta. Non si lasciarono demoralizzare o scoraggiare dalle esperienze con la Gestapo e la “giustizia” nazista; essi restarono fedeli alle proprie convinzioni e si impegnarono di nuovo contro l’odiato regime. Anche Anton Saefkow, Franz Jacob e Bernhard Bästlein furono tenuti in “fermo di sicurezza” condannati a pene detentive e dopo aver scontato le pene inflitte, internati in campi di concentramento. Solo tra il 1939 e il 1940 tornarono in libertà. Quando nel 1942, a Berlino e Amburgo i gruppi di resistenza comunisti come anche il circolo berlinese Rote Kappelle furono duramente repressi, Saefkow e Jacob iniziarono ad intensificare i loro sforzi per un nuovo inizio. Insieme a Bästlein, che si aggiunse più tardi, riuscirono a costruire una struttura ben ramificata; conquistarono nuovi compagni di lotta nelle fabbriche di Berlino, tra i soldati tedeschi, i prigionieri di guerra e i lavoratori coatti. S’impegnarono nella formazione di una grande rete che abbracciasse oppositori al regime di diverso orientamento politico e ideale. La notizia della fondazione del Comitato Nazionale Germania Libera (Nationalkomitees Freies Deutschland-NKFD) nel luglio del ‘43 a Mosca lì confermò in quella convizione. A cavallo degli anni 1943-44, l’Organizzazione cadde sotto l’attenzione dell’Ufficio centrale per la Sicurezza del Reich. Fu fondata una commissione speciale della Gestapo e, accanto ai metodi consueti, ingaggiarono nuovi informatori. Un ruolo importante nella scoperta e nell’annientamento della Saeflow-Jacob-Bästlein fu svolto da Ernst Rambow, un funzionario comunista che i nazisti utilizzavano dal 1942 come spia. Anton Saefkow non poteva saperlo e lo inserì nel gennaio del ‘44 nell’Organizzazione; conosceva Rambow da prima del 1933 e dal periodo di prigionia a Oslebshausen, si fidava di lui. L’arresto di Bernhard Bästlein avvenne il 30 maggio 1944, mentre Saeflow e Jacob vennero intercettati la sera del 4 luglio dello stesso anno durante un incontro con i socialdemocratici Adolf Reichwein e Julius Leber. Fra luglio e settembre vennero arrestate oltre 300 appartenenti all’Organizzazione, gli ulteriori arresti si protrassero fino al 1945. Gli interrogatori della commissione speciale ebbero luogo a Berlino e Potsdam, si ricorse all’estorsione e alla tortura, li chiamavano interrogatori rafforzati. Undici uomini ed una donna morirono durante la custodia preventiva, la drammaticità della situazione portava anche a suicidi come quello di un operaio, Willi Bonien, gettatosi dalla finestra presso il Comando della Gestapo di Berlin Alexanderplatz. Il primo processo ebbe luogo il 5 settembre 1944 per Saefkow, Jacob e Bästlein, punti centrali di accusa di questo e degli gli altri 75 processi contro gli arrestati erano: piani di tradimento, disfattismo militare, favoreggiamento del nemico, favoreggiamento degli ebrei e omessa denuncia di questi delitti. Furono condannati in 223, metà dei quali morirono giustiziati, nelle carceri e nei campi di concentramento. Il 18 settembre 1944, Anton Saefkow, Franz Jacob e Bernhard Bästlein vennero decapitati nel carcere di Brandeburg-Görden. Nonostante la terribile repressione, ci fu chi riuscì a sopravvivere sottraendosi (anche in modo spettacolare) alla custodia preventiva o alla prigionia in attesa dell’esecuzione. Fino alla primavera del ‘45, chi aveva fatto parte dell’Organizzazione dovette temere per la propria vita: almeno 200 uomini e donne sfuggirono alla cattura perché si erano nascosti o perché risultavano sconosciuti alla Gestapo. Parte di loro tornò attiva dopo una fase di forte incertezza e di attesa. Con volantini chiamarono il popolo berlinese a rifiutare la guerra e impegnarono la loro esistenza per impedire distruzioni da parte delle SS e della Wehrmacht negli ultimi giorni di guerra. Un’esperienza tragica e straordinaria allo stesso tempo che rappresenta una pagina fondamentale della storia del movimento operaio tedesco ed europeo, un contributo che rafforza quella prospettiva internazionalista, indispensabile oggi più che mai per le future ed impegnative lotte degli sfruttati. Anche nelle condizioni più proibitive, dove ogni azione sembra compromessa, la classe operaia sa distinguersi per coraggio e dedizione assoluta.

Volantino dell’aprile/maggio 1944 si rivolgeva ai lavoratori di Berlino e fu stampato con una tiratura di 2000 esemplari, ebbe grande diffusione e volantino distribuito nell’aprile del ’45 prima dell’arrivo dei sovietici

 

 

 

 

 

 

Manifesto del marzo/aprile 1945.

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