Come già anticipato lo scorso venerdì, oggi avremo la prima parte di due interviste, fatte a giovani proletari che hanno vissuto una situazione analoga al ventiquattrenne che ha avuto lo spiacevole inconveniente di affidarsi nelle mani di un sindacalista che si occupava della compravendita dei posti di lavoro.
Questo giovane proletario M.C. mi ha presentato una situazione che, unita al precedente caso, può realmente creare uno spunto di riflessione su cosa è il mondo del lavoro ma più in generale il mercato del lavoro, inteso come la ricerca di quest’ultimo.


Immagino tu abbia letto e capito cos’è accaduto al giovane M.M. che ha visto sfumare la sua opportunità di uscire dalla disoccupazione e di entrare in FCA. Prima di calarci nel dettaglio, vorrei sapere qual è la tua condizione, cosa fai attualmente e cosa pensi di fare nel prossimo futuro?

Oggi studio, sono ritornato all’università dopo aver fatto quasi dieci lavori uno peggiore degli altri. Ho lavorato anche come operaio nell’edilizia. Una vita massacrante, senza alcuna condizione di sicurezza. Mi alzavo alle 6 di mattina e tornavo alle 19 della sera a casa per 22 euro al giorno, neanche 600€ al mese. La sera sotto la doccia mi vedevo pieno di lividi. Psicologicamente non riuscivo a far altro che pensare al lavoro. Dopo questo ed altri lavori meno usuranti, ma ugualmente sottopagati ho deciso che non avrei fatto lo schiavo per tutta la vita e mi sono riscritto all’Università. Fortunatamente sto facendo tutti gli esami e tra qualche tempo mi laureo.

 

Quindi mi sembra chiaro che anche tu non viva con una condizione economica degna di nota, che anche tu hai a che fare con il degrado dei quartieri più disagiati. Qual è stato la tua avventura con questi pseudo sindacalisti?

Dove ho lavorato il sindacato era inesistente. Si accorse di noi ragazzi operai solo l’ultimo giorno di lavoro, quando un sindacalista della CGIL venne a parlarci. Si paventava l’idea che il padrone non volesse pagarci. Era un capitalista legato alla Render, una società poi sparita nel nulla che si occupava di tecnologie. Il padrone si era da poco inserito nella dinamica del business sulla pelle degli immigrati e ci inviò a ricostruire un albergo al centro storico di Napoli, a Capodimonte.
Io risposi che di un sindacato inutile non me ne facevo nulla e che, se non mi avessero pagato, il mio sindacato sarebbe stata la mia rabbia contro il padrone.
Dopo questa esperienza conobbi un sindacalista, mi pare fosse della CISL, che mi propose di lavorare come guardia non armata, insomma di fare il portierato.

 

Al giorno d’oggi purtroppo sappiamo che questi personaggi cercano di lucrare sulla povertà, e sulla voglia di lavorare dei giovani disoccupati. So che si tratta di una domanda retorica, ma cosa ti ha spinto ad avvicinarti a questi sindacalisti? Cosa ti è stato promesso e soprattutto, volevo sapere cosa pensi tu di questo loro operato.

Preso dall’esigenza di guadagnare accettai nonostante i turni fossero 7-19 tutti i giorni, stando sempre in piedi e senza possibilità di sedersi. In cambio volevano da me 1000€. Mi davano il contratto a tempo indeterminato. Ero più preso dall’euforia di guadagnare dei soldi, piuttosto che dall’essere razionale. Mi trovavo in alto mare. Avevo già fatto diversi lavori. A un certo punto della mia vita pensavo che non aveva più senso quello che facevo; che non ci fosse un obiettivo e che qualsiasi lavoro facessi sarebbe stato di pochi soldi, bastevoli neppure a comprare un vestito decente, farsi passare degli sfizi. Lavorare tutto un giorno per un mese intero e guadagnare una miseria è frustrante. Diedi 500€ al sindacalista, perché non avevo la restante parte, che avrei dovuto dare successivamente.
Ma parlando con gli altri lavoratori, sentii dire che avrebbero cacciato un ragazzo a breve. Mi si accese la lampadina. Chiesi da quanto tempo stesse lavorando e mi dissero da 2 mesi. A quel punto capii che era la fine che avrei fatto dopo avergli dato tutta la cifra. Mi avrebbero licenziato poco prima di darmi lo stipendio. Il giorno dopo telefonai e gli dissi che non ci sarei più andato. Provarono a convincermi che era un buon lavoro, ma gli risposi che se fosse stato veramente così potevano farlo i loro figli.

 

Se dovesse ripresentarsi una situazione del genere cosa faresti? Proveresti a giocare ancora questa carta? Cosa consiglieresti a chi si trova o chi può trovarsi in una situazione del genere?

No, non lo rifarei. Ho capito che ci sono solo due modi per trovare lavoro: la formazione e la lotta, che poi sono parte della stessa cosa. Per chi è figlio di nessuno il lavoro è una conquista. In questa società non ti è di diritto nulla. Quindi, anche laurearsi, trovare un lavoro o conquistarlo con la lotta, è un risultato strappato per sopravvivere.
Mi sento di dissuadere chi, come me, è disposto a pagare per un lavoro perché si trova con l’acqua alla gola. È sempre una truffa e ti rende soltanto più ricattabile. Capisco chi lo fa, perché umanamente comprensibile, ma non risolverà il problema.
Alla fine ho risolto lottando, attraverso un percorso collettivo dove con altri compagni ci ponevamo il problema di come andare a lavorare. Abbiamo cominciato a studiare tutti i modi possibili. Alla fine ci siamo riusciti. Ero parte di un gruppo di ex studenti e disoccupati, molti stanno facendo l’università per formarsi e altri dopo tante ricerche sono andati a lavorare.
Questa cosa mi riempie di orgoglio, perché possiamo dire che nessuno ci ha regalato niente e che non dobbiamo ringraziare nessuno. Solo la nostra tenacia.

 

Un argomento arduo da affrontare. Ricordiamoci che al giorno d’oggi i livelli di disoccupazione altissimi, spingono questi sciacalli a questi comportamenti, a determinate azioni completamente ingiustificate, a danno dei giovani disoccupati. La lotta per il lavoro sarà sempre la soluzione migliore, e la più gratificante sotto tutti i punti di vista. Ed invito chiunque a lottare, sia per trovarlo un posto di lavoro, sia per migliorare le condizioni di quest’ultimo. Per migliorare le condizioni salariali, per la diminuzione dell’orario di lavoro…

Solo la lotta paga; se fatta insieme, la lotta paga e vince.


Spartaco Calante

Redattore della Voce delle Lotte, nato a Napoli nel 1996. Laureato in Infermieristica presso l'Università "La Sapienza" di Roma, lavora come infermiere.