Cannes 2016: il nuovo film di Nicolas Winding Refn riceve fischi ed è subito stroncato dai critici. Ma quali sono i contenuti di The neon demon che hanno indegnato a tal punto la critica?

Jesse è una ragazzina di appena 16 anni. Rimasta orfana, si trasferisce a Los Angeles per tentare la carriera di modella. Alloggia in uno squallido motel, gestito da un perverso Keanu Reeves. Entrata nel mondo della moda, la giovinezza e la purezza di Jesse verranno letteralmente fagocitate da modelle, truccatrici e fotografi, ossessionati tutti dal concetto di bellezza, in un crescendo di crudeltà e violenza.

«Volevamo fare un film horror sulla bellezza e un film che celebrasse il narcisismo come una qualità» Queste furono le dichiarazioni del regista durante un’intervista tenutasi a Cannes. Il film, nel suo complesso, sfida lo spettatore. Lo ammalia prima con l’innocenza di Jesse e, una volta a Los Angeles, con le luci al neon dei locali, con il luccichio degli abiti di alta moda indossati dalle modelle. All’uscita, molti definirono il film superficiale. Questo film è superficiale, perché parla solo di una superficie: quella esterna, quella dell’eterna giovinezza, quella della bellezza di plastica. Tuttavia, la strabiliante estetica della pellicola, l’impeccabile regia e la “banalità” dei dialoghi, non ingannano lo spettatore attento che, da subito, intuisce l’ambiguità del film. Il doppio speculare è la vera trama del film. Quel doppio di cui, nella società contemporanea, siamo tutti vittime. Il doppio che si divide tra vita pubblica (social network o sfilate e copertine) e vita privata (la nostra camera, la camera di un motel…).

Jesse è subito presentata come una ragazzina ingenua che parrebbe capire ben poco il mondo di cui diventerà la protagonista assoluta. Eppure “il doppio” lo si può notare già in piccole battute pronunciate dall’aspirante modella: “Non ho talenti. Però sono bella. Su questo posso guadagnarci”. Jesse sa già di essere bella. Sa già di saper sedurre il prossimo. Di conseguenza, ogni personaggio che incontrerà lungo il suo percorso sarà solo un cannibale: qualcuno che vuole quella bellezza per sé. Ruby, la truccatrice, tanto amichevole all’inizio del film che si rivelerà la rovina della protagonista; il fotografo che la cospargerà d’oro; lo stilista, al suo debutto, che le fa da subito aprire la sfilata. Per ultime, le due modelle “di seconda mano”: ovvero coloro la cui bellezza, sfiorita per l’età, è diventata artificiale, modificata dalla mano del chirurgo estetico.

Il film potrebbe essere diviso in due capitoli: l’arrivo nella città degli angeli di Jesse e l’entrata nel mondo della moda. Refn divide questi due momenti del film tramite una strabiliante sequenza, in cui il mito di Narciso prende vita su una passerella. Narciso ha il volto di Elle Fanning, il lago è rappresentato da tre specchi che avvolgono Jesse sui quali la ninfetta bacia il proprio riflesso. Inizialmente, Jesse non sembra affogare nel lago, come Narciso. Jesse pare essere sempre vincitrice. Durante una cena, lo stilista,chiede al giovane fotografo innamorato di Jesse di esprimere un giudizio estetico su una delle due “modelle di plastica”: è carina, risponde il ragazzo. “Carina”, perché la bellezza, quella bellezza naturale che pare possedere solo Jesse, questa modella l’ha smarrita da tempo. “La bellezza non è tutto: è l’unica cosa”, risponderà lo stilista. Bellezza non intesa come estetismo, ma come oggetto. Gli stessi personaggi del film non sono esseri umani, ma archetipi di tipici valori della nuova cultura occidentale, basata sul consumo, sull’eccesso e, bisogna ammetterlo, su un impianto capitalista. Jesse, come Narciso, morirà. Morirà distrutta dalla sua stessa bellezza. Morirà perché uccisa e poi divorata dalle bellezze di plastica. Come in un rito tribale, le due modelle credono che il sangue di Jesse possa restituire loro la bellezza perduta. Un rito primordiale in una società “civilizzata”. Si può dire che un tempo la bellezza fosse un valore, un dono “raro” di cui cantavano poeti ed artisti. Oggi è industriale. E’ un qualcosa di cui si necessita, tutti sentono il bisogno indotto di apparire belli, di consumare la bellezza al pari di tante altre merci. Questa vuota società ci ha privato anche la capacità di riconoscere ed ammirare il bello, senza la smania di possederlo.

 

Sabrina Monno

Giornale militante online fondato nell'aprile 2017.
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