“Dancer in the dark” è una pellicola uscita nel 2000, girata in Danimarca da Lars Von Trier. Palma d’Oro alla 53esima edizione del festival di Cannes. Premio alla migliore attrice protagonista (Bjork), successo mediatico e scandali causati dalla turbolenta relazione tra l’egocentrico Lars Von Trier e la cantante (attrice per l’occasione) Bjork.

Critiche contrastanti per la peculiare scelta del regista di applicare il Dogma 95 ad un film come questo, un musical che, del genere in questione, non ha assolutamente nulla. “Dancer in the dark” fu definito l’anti-musical, proprio per la sua capacità di lacerare la patina brillante e grottesca tipica (soprattutto) del musical hollywoodiano.

Selma (Bjork) è un’immigrata cecoslovacca che lavora in una fabbrica nella provincia americana degli anni ’70. Appassionata di musical  “Sogno sempre di essere in un musical, perché nei musical non accade mai niente di brutto”), Selma frequenta un teatro, lavora, mantiene un figlio. Vive in una misera roulotte vicino ai proprietari di casa: un poliziotto e la sua ricca moglie. Tuttavia, Selma è affetta da una malattia degenerativa che la porterà a breve alla cecità completa e, quindi, all’incapacità di lavorare in fabbrica. Scopre, purtroppo, che questa malattia è ereditaria. Raccolti i soldi per permettere al figlioletto di salvarsi, Selma verrà derubata dal poliziotto vicino di casa, pieno di debiti e prossimo alla rovina. Disperata (e per legittima difesa), Selma lo uccide. Arrestata e condannata alla pena di morte, Selma deciderà di non utilizzare i soldi per l’operazione del figlio per fare ricorso alla sentenza di morte. “Lui ha bisogno dei suoi occhi, non di sua madre”.

Con questo film si mette in ridicolo il filone che ha reso il cinema hollywoodiano grande nel mondo: il musical (Dancer in the dark è una nota canzone di Fred Astaire), genere nato negli anni ’30 e poi esploso durante gli anni ’50 con la lucentezza del cinemascope. Anche nel film di Von Trier ci sono canzoni (“I’ve seen it all” fu nominata agli Oscar nella categoria “Miglior canzone”), però non ci sono colori vivaci, non ci sono palcoscenici e non ci sono eroi romantici: c’è solo il mondo reale, i macchinari di una fabbrica e degli operai. La realtà diventa musical, grazie alla capacità di Selma di vedere un mondo sempre degno d’essere vissuto.
Perfino l’aula di tribunale dove verrà accusata da tutti di omicidio di un “cittadino americano”, dove verrà accusata di essere comunista (“Condividere? Condividere è bello!”), dove dovrà decidere se autocondannarsi alla pena di morte o privare suo figlio della vista, utilizzando il denaro per l’operazione per scagionarsi, diventa occasione per cantare. Il climax sale, aumenta, ma non esplode. Non ci sono applausi, non ci sono squilli di trombe ed urla. Ci sono 107 passi che ti portano al patibolo. 107 passi percorsi danzando e cantando. Poi la fine. L’ultima canzone che Selma tanto odia nei musical. La musica finisce a causa di un cappio al collo, la voce spezzata mentre ancora, invano, cerca di cantare. Cala il sipario. Nessun applauso.

Dancer in the dark potrebbe essere definita una favola nera: nessun lieto fine, nessun bosco incantano e nessun principe azzurro. Nel personaggio di Selma, potremmo vedere un folletto delle favole catapultato nel mondo reale\attuale. Una sognatrice prigioniera del fantomatico sogno americano, che premia solo colui che è disposto a rinunciare a tutto, anche a se stesso, per raggiungere i propri scopi. Un sogno che nasconde la povertà urbana, le roulotte in cui vivono gli immigrati (come Alma) e gli operai. Selma ha un grande talento (come potrebbe non averlo, essendo interpretata da Bjork?), ma è una creatura pura, ingenua, incapace di sopravvivere in una società malvagia come quella che il consumismo\capitalismo americano è riuscito ad edificare. Una società la cui priorità è distruggere l’innocenza.

 

Sabrina Monno

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.