Lo sciopero operaio alla fabbrica Fiat di Kragujevac (Serbia) continua. Cominciato il 27 giugno, giunge ormai al dodicesimo giorno di sciopero generale e a oltranza, con una aderenza praticamente unanime tra i lavoratori impiegati nella produzione, di circa 2 mila operai. Qualunque sia l’esito dello sciopero, indubbiamente si collocherà nella storia del movimento operaio del paese e della regione. Questo, oltre per la partecipazione e la durata, anche per l’azienda in cui si svolge la vertenza. La fabbrica di Kragujevac è stata acquisita al 67% dalla Fiat nel 2008 (il resto è di proprietà della Repubblica di Serbia), ed è diventata fiore all’occhiello di ogni politicante borghese salito al potere da allora. La FCA è stata addirittura finanziata con 10 mila euro per ogni assunzione, è esente da imposte sugli utili e la formazione del personale è a carico dello Stato. Un pessimo affare che serve solo allo scopo di mostrare la bravura del governo attuale nell’attirare investimenti stranieri, grazie a diritti dei lavoratori quasi inesistenti e stipendi bassassimi, per pubblicizzare i quali è stato persino comprato uno spazio pubblicitario alla CNN.

Gli operai scioperano anzitutto contro una paga di 36 mila dinari, corrispondente a circa 300 euro mensili, che risulta misera persino per gli standard serbi. Secondo le parole di Jugoslav Ristić, presidente della Lega dei Sindacati Indipendenti di Kragujevac (SSSK) ovvero il sindacato promotore dello sciopero, “lo stipendio non basta per vivere in modo indipendente. Un parametro per capire questo fatto può essere il paniere di consumo, che in Serbia è di 67 mila dinari”. La richiesta degli operai, inizialmente posta a 45 mila dinari lordi mensili, è salita a 50 mila dinari.

La seconda richiesta è quella della diminuzione del carico di lavoro. Sempre secondo Ristić, “dopo aver completato un turno gli operai hanno compiuto un lavoro che precedentemente era svolto da due o tre operai”. Questo fattore è reso ancora più insopportabile dall’abolizione di un intero turno di lavoro.

La terza richiesta riguarda il pagamento delle indennità di trasporto maggiorate quando a causa della necessità di fare straordinari i lavoratori non riescono a fare uso del servizio di trasporti pubblici.

“Quarta cosa, il pagamento dei bonus promessi e mai ricevuti”, dice Ristić, e assicura che i lavoratori non sono disposti a ritornare al lavoro fino a che non saranno accettate tutte le loro richieste.

Secondo alcuni calcoli fatti dal sindacato, accettando l’aumento di stipendio, i proprietari dello stabilimento FCA di Kragujevac rinuncerebbero in tutto al 0,5% dei loro profitti.

Padroni e politici hanno inizialmente reagito allo stesso modo, ovvero ignorando del tutto la lotta operaia, contando sull’esaurimento delle forze degli operai. Per legge la FCA sarebbe obbligata ad aprire immediatamente un tavolo di trattative con gli scioperanti, ma la legge stessa non prevede una pena né civile né penale in caso di inadempienza. FCA sarebbe invece obbligata dal contratto collettivo ad aprire un tavolo di trattative dopo il quinto giorno di sciopero. Questo obbligo dovrebbe a maggior ragione essere rispettato vista la partecipazione per un terzo della Repubblica di Serbia. Così non è stato e a oggi non si è sentita una sola parola provenire da FCA.

Contando sulla poca determinazione e forza dei lavoratori, padroni e politici si sono per il momento sbagliati. La lotta è proseguita nonostante il gioco del silenzio, costringendo la premier Ana Brnabić (in coalizione con gli eredi “socialisti” di Milošević) e il presidente Aleksandar Vučić (precedentemente membro del partito ultranazionalista di Šešelj) a una presa di posizione sullo sciopero. La premier ha voluto insultare l’intelligenza degli operai, dichiarando che “un’ora dopo la fine dello sciopero sarà aperto il tavolo delle trattative”, asserendo che “non c’è un minuto da perdere”. Più preoccupata sembrerebbe la reazione di Vučić, che parla di una diminuzione dello 0,1 alla percentuale di crescita del PIL e di come lo stipendio basso che è percepito al

modificato 

momento potrebbe svanire del tutto.

Vučić ha addirittura ricordato che l’azienda ha ricevuto quasi 300 milioni di euro da parte dello Stato serbo. Probabilmente in quel momento non stava parlando all’opinione pubblica, ma si stava appellando al senso di gratitudine dei dirigenti FCA. Questo perché l’azienda minaccia la chiusura dei battenti e di andarsene definitivamente dalla Serbia. Al danno economico si aggiungerebbe il danno politico, veramente enorme, essendo l’impianto di Kragujevac per l’appunto il fiore all’occhiello della élite politica attuale. Questo arriverebbe in un periodo in cui è recentemente esplosa (per poi quietarsi relativamente presto) la contestazione studentesca e operaia, con una partecipazione altissima in tutto il paese.

Di tutt’altro registro sono invece gli operai. Circa 2 mila operai dei due turni, con l’unanimità del primo turno, hanno dichiarato che “se la Fiat vuole andarsene, la aiuteremo a fare le valigie”. La premier ha chiamato il comitato di sciopero richiedendo direttamente ad esso la sospensione dello sciopero. Questo ha risposto che non è possibile che le decisioni vengano imposte dall’alto senza consultare la base. È stata per questo proposta e accettata la decisione dei due sindacati di fabbrica principali (oltre al SSSK, il “Nezavisnosti”) di continuare lo sciopero fino a che non sia arrivata un’offerta da parte dei padroni circa le quattro richieste avanzate dagli operai.

 

AGGIORNAMENTO: mercoledì 12 Luglio

Gli operai del primo turno hanno deciso oggi di congelare lo sciopero, mentre quelli del secondo si sono espressi unanimamente contro. Durante la conferenza stampa, il presidente del comitato di sciopero Zoran Marković ha dichiarato che è necessario congelare lo sciopero, nonostante la contrarietà della maggior parte degli operai (tutto il secondo turno e parte del primo). Ci è giunta voce che la direzione ha minacciato il licenziamento di 320 operai nel corso delle prossime settimane nel caso in cui non si dovesse aprire il tavolo delle trattative, che per gli operai significherebbe rinunciare allo sciopero. Il comitato di sciopero è diviso sui prossimi passi da fare.

Per il momento, gli operai del secondo turno hanno dichiarato di voler continuare con lo sciopero.

Gabriele Bertoncelli

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.