Sembra utile, con la lotta in FCA Serbia ancora in corso, proporre questa intervista a uno dei dirigenti sindacali di Kragujevac che affronta molti aspetti fondamentali non solo della recente vertenza in FCA, ma anche di tutto il contesto in cui questa essa si svolge e che per molti aspetti è analogo al contesto italiano.

Tradotto da Radnički portal | 3 luglio 2017

Lo sciopero generale dei lavoratori della FCA Serba è giunto oggi [3 luglio] al suo settimo giorno. Vi hanno preso parte circa 2 mila lavoratori e lavoratrici, ovvero il 90% dei lavoratori impiegati nella produzione, un esempio luminoso di una lotta coesa e dalle solide basi, con il quale la classe operaia dimostra di non avere chinato del tutto la testa, a differenza di quel che vorrebbero vedere ovunque la classe borghese e i suoi politicanti. Quando nel 2008 sono iniziati gli investimenti della Fiat a Kragujevac, questi sono diventati motivo di vanto per tutti i leader politici della Serbia – da Tadić a Vučić – ma con quest’ultimo sciopero è stata rivelata una realtà di sfruttamento in cui élite della politica e del capitale si intrecciano, con un solo obiettivo: spremere quanto più profitto possibile dai lavoratori.

La storia dell’industria automobilistica di Kragujevac è assai ricca e comincia nel 1950 quando venne creata la Zastava, che arrivò ad essere il più grande produttore di automobili dei Balcani. A causa delle pesanti conseguenze delle guerra jugoslave, la Zastava viene acquisita dalla FCA, attualmente il settimo produttore di automobili al mondo, i cui utili annuali sono nella scala dei miliardi. FCA Italy è proprietario al 67% della società che gestisce la fabbrica di Kragujevac, mentre il restante 33% è dello Stato serbo. Come negli anni precedenti, la Fiat è stata sicuramente il più grande esportatore in Serbia con 1,07 miliardi di euro. Un tale fatturato non è certamente caduto dal cielo, ma è stato creato con il lavoro di migliaia di operai che non hanno più intenzione di sopportare la situazione. Hanno deciso di dimostrare alla dirigenza che non sono più disposti ad accettare una tale oppressione, ma il loro sciopero ha posto a contatto l’opinione pubblica con i ritmi di lavoro massacranti che vigono nella fabbrica.

Dopo due scioperi di avvertimento, la mattina del 27 giugno è cominciato lo sciopero generale e a oltranza, organizzato e indetto dalla Lega dei Sindacati Indipendenti di Kragujevac (SSSK), che alla Fiat conta 1200 iscritti. Importante influenza nell’avvio dello sciopero ha avuto uno sciopero alla Magneti Marelli di Kragujevac, conclusosi con la vittoria degli operai.

Il malcontento tra i lavoratori è diffuso da tempo, da quando è stato abolito un turno, e soprattutto da febbraio, quando alla Magneti Marelli, azienda cooperante della Fiat, i lavoratori hanno conseguito una vittoria importante. La Magneti produce carrozzerie, e a causa dello sciopero iniziato lì la stessa Fiat si è dovuta fermare, e ogni condizione rivendicazione operaia è stata accettata”, è quanto dice Jugoslav Ristić, presidente del SSSK, che prosegue indicando le rivendicazioni alla base dello sciopero.

“Anzitutto, gli scioperanti rivendicano un aumento dello stipendio lordo da 38 mila dinari serbi a 45 mila. Con lo svolgersi dello sciopero questa è richiesta è stata aumentata a 50 mila. Uno stipendio lordo di 38 mila dinari significa che il lavoratore, con tutte le aggiunte, ha uno stipendio netto di 36 mila dinari, ovvero circa 300 euro. Come seconda cosa, va diminuito il carico di lavoro, perché dopo aver completato un turno gli operai hanno compiuto un lavoro che precedentemente era svolto da due o tre operai. Terza cosa, il pagamento dei rimborsi maggiorati per quando non si può usurfruire del trasporto pubblico a causa degli straordinari. Quarta cosa, il pagamento dei bonus promessi e mai ricevuti.” Secondo alcuni calcoli fatti dal sindacato, accettando l’aumento di stipendio, i proprietari dello stabilimento rinuncerebbero in tutto al 0,5% dei loro profitti.

Da quando è cominciato lo sciopero, la dirigenza ha reagito ignorando e cercando di nascondere il blocco della produzione, contando di sfiancare la lotta operaia. Anche se la dirigenza è obbligata per legge ad aprire un tavolo di trattative con gli scioperanti, i dirigenti non si sono detti disposti a ciò, ma l’Ispettorato del Lavoro non ha ancora punito l’azienda per ciò. Per Ristić è chiaro il supporto che lo Stato serbo intende dare ad FCA.

Nonostante gli enormi profitti realizzati con il loro lavoro, gli operai FCA di Kragujevac lavorano con ritmi da robot per uno stipendio che non permette di vivere in modo indipendente o di metter su famiglia, e d’estate si lavora con un caldo molto pesante. Agli operai di Kragujevac non è permesso godere dell’alta profittabilità e del lusso dell’industria automobilistica nel mondo.

Lo stipendio non basta per vivere in modo indipendente. Un parametro per capire questo fatto può essere il paniere di consumo, che in Serbia è di 67 mila dinari, ma ne esiste uno minimo di 36 mila dinari. Visto lo stipendio in FCA di 36 mila dinari, è chiaro quanto si possa vivere con una somma di denaro del genere. Lo stipendio medio in Serbia vale poco più di 47 mila dinari. E questo dato è frutto di indagini su determinati campioni, e non è un indicatore corretto di tutti gli stipendi. Le condizioni di lavoro sono relativamente buone, tranne d’estate quando le temperature nei capannoni diventano molto alte. La fabbrica è stata totalmente ristrutturata, partendo dai capannoni e dagli uffici uffici fino ai bagni, tutto è come nuovo. Gli operai si lamentano delle alte temperature nei capannoni, che non sono climatizzati. Non è bello stare in una gabbia, nemmeno quando è dorata. Di tanto in tanto ci sono da fare degli straordinari, e allora gli operai escono un’ora dopo o entrano un’ora prima, cosa che causa problemi con il trasporto. Questo disagio è intensificato dalla liquidazione di un interno turno.”

Come è norma oggi nella maggior parte delle azienda, neanche i lavoratori della Fiat hanno idea di quale sia la perfrmance finanziaria, le entrate mensili e il profitto della società per la quale lavorano, come non hanno idea di quali siano gli stipendi degli sfruttatori impiegati nella dirigenza, dati trattati come “segreto aziendale”.

“I lavoratori non sono a conoscenza della performance della Fiat, tranne quando questa è pubblicata nel bilancio d’esercizio, la cui pubblicazione è obbligatoria per leggere, o quando la Banca Nazionale della Serbia pubblica i dati sulle esportazioni. Gli stipendi dei superiori sono segreti, e tutti gli stipendi sono segreti, i lavoratori hanno firmato una dichiarazione al fine di mantenere questo segreto. Si immagina che gli stipendi di manadger e altri, che si trovano a Belgrado, siano alte.”

Le élite politiche serbe anche in occasione di questo sciopero hanno mostrato il proprio carattere traditore e compradore, comportandosi come i dirigenti della Fiat – stanno zitti e ignorano la lotta operaia. Dalla politica locale a quella nazionale per adesso neanche una parola. Anche loro giocano alla guerra di logoramento contro gli operai.

“I politici locali e il sindaco Radomir Nikolić (figlio dell’ex presidente Tomislav Nikolić, n.d.a.) per adesso non hanno preso posizione sullo sciopero. Dato il comportamento dell’estrema destra, il cui partito si è pronunciato per un atteggiamento duro nei confronti delle proteste operaie, è logico immaginarne la posizione. Nemmeno i politici a livello nazionale si sono espressi riguardo allo sciopero. Penso che fingano disinteresse. Dalla premier Ana Brnabić non ci aspettiamo nulla di buono visto che lei arriva da un’organizzazione chiamata ‘Naled’, un rompighiaccio del grande capitale in Serbia. Pare che la questione si ponga tra Fiat e operai, ma visto che lo Stato serbo è proprietario al 33% dello stabilimento di Kragujevac, e per molti altri motivi, ciò non è assolutamente così. Penso che lo sciopero gli sia estremamente scomodo. Fatto sta che la Serbia ha pagato uno spot alla CNN dove si presentano i lavoratori della Serbia come forza lavoro a basso prezzo.”

Da innumerevoli esperienze sappiamo che molte città e regioni in Croazia oggi sono posti desolati senza una prospettiva di miglioramento o chance per un lavoro e una vita decenti. Per decenni politici nostrani che intendono solamente accontentare gli interessi dei grandi capitali europei, hanno portato avanti politiche mirate di deindustrializzazione e distruzione della produzione nazionale. Queste hanno cambiato enormemente il paesaggio demografico di città come Sisak, Požega o Karlovac, e un destino simile è capitato anche a Kragujevac e dintorni. Secondo Ristić, Kragujevac nel 1990 aveva 57 mila lavoratori impiegati nell’industria, mentre oggi sono in tutto 7 mila, e si tratta di cifre che tendono a diminuire. Esito inevitabile di ciò è l’esodo.

“La Serbia oggi si confronta con problemi di tipo demografico, e così anche Kragujevac. La maggior parte dei giovani, soprattutto quelli più istruiti, non vedono un futuro in patria. Kragujevac è una città in cui medici guidano taxi o lavorano come automeccanici, mentre ragazze laureate vendono prodotti cosmetici o servono da promoter in centri commerciali. È praticamente impossibile trovare un lavoro. Nel pubblico trova lavoro soltanto chi ha legami con il partito di governo, l’SNS. Nel privato uno stipendio di 200 euro viene considerato come buono. Esistono due tipi di esodo, uno diretto a Belgrado, l’altro all’estero. Ad abbandonare Kragujevac sono bagnini e camionisti, ma anche medici e infermiere, soprattutto negli ultimi tempi. Chi ha avuto un’istruzione superiore va a istruirsi altrove e non torna più. La riva destra del fiume Lepenica fu un tempo una zona industriale e oggi ospita, oltre alla Fiat e alla Zastava Oružje [produttore di armamenti], un cimitero industriale. Siamo diventati un paese dalla manodopera a basso costo”, dice Ristić, e descrive dei processi di privatizzazione della Zastava Oružje che adesso impiega circa 2400 operai.

Mentre si appresta a raggiungere il settimo giorno, la lotta degli operai di Kragujevac deve essere fatta sentire oltre le frontiere, poiché la mutua conoscenza delle esperienze di lotta è tra le più preziose, visto che la necessità dell’emancipazione si trova ovunque e non conosce nazionalità. È importante dire che gli operai Fiat si trovano in una situazione più favorevole in quanto hanno un sindacato organizzato e contratti a tempo indeterminato, grazie ai quali la direzione dell’azienda non li può ricattare con minacce di licenziamento. In molte altre aziende i lavoratori devono ancora conquistarsi una posizione tale.

Gli operai della Magneti Marelli hanno avuto sullo sciopero degli operai FCA la stessa influenza che quest’ultimo potrebbe avere sugli altri lavoratori in Serbia, ma anche nell’intera regione. Indipendentemente dal paese, nel cuore di ogni modo di produzione capitalista è posta la fondamentale lotta tra il lavoro salariato della maggioranza e il profitto della minoranza. Affinché questo conflitto si risolva a favore della maggioranza è necessario sviluppare coscienza e solidarietà di classe, che si diffondono appunto con forme di lotta come lo sciopero. È da ciò che i lavoratori escono più coscienti della potenza della loro posizione nei processi di produzione, grazie alla quale possono colpire direttamente il profitto della minoranza di sfruttatori che si arricchisce parassitando sul loro lavoro.

Oltre all’organizzazione sindacale e alle lotte sul posto di lavoro, per una trasformazione qualitativa della società è necessaria l’organizzazione politica degli operai in quanto classe e forza sociale in grado di rappresentare gli interessi dei più larghi strati di popolazione.

“La questione dell’emancipazione del lavoro può essere risolto soltanto politicamente, essendo questo un problema politico. Senza un’organizzazione politica dei lavoratori su base classista si starà sempre peggio. Penso sia necessario fare affidamento solo su noi stessi, smettere di seguire le indicazioni del FMI e altre organizzazioni del genere, perché i loro obiettivi sono antitetici con gli interessi di chi vive in questa regione del mondo. È fondamentale un cambio di strategia economica, non esiste nessun paese al mondo che si sia sviluppato tramite investimenti stranieri diretti. Lo Stato dovrebbe spendere risorse nello sviluppo delle nostre fabbriche, perché l’intervento dello Stato nell’economia c’è anche adesso, solo che i soldi vengono regalati agli stranieri, impoverendoci. Pensate, a loro diamo i soldi di cittadini poveri che così si impoveriscono. Penso che quando queste delegazioni straniere se ne saranno andate dalla Serbia, rideranno di gusto di tutti i consigli che ci avranno dato”, conclude Ristić, e noi speriamo che le sue parole siano ascoltate da tutti quei sindacalisti e da quelle persone di sinistra che ancora sono contrari all’organizzazione politica.

Considerando le condizioni attuali, è nostro dovere supportare gli operai e le operaie di Kragujevac, testimoni viventi che la classe operaia non è per nulla morta. La vittoria della maggioranza nel conflitto precedentemente descritto è una condizione necessaria per l’inizio della ripresa della società intera, perché è allora che la società è in grado di svilupparsi in modo indipendente, senza essere carica del peso dell’asservimento alla minoranza di sfruttatori. La strada per la vittoria è lunga e necessita di passi iniziali.

Che lo sciopero degli operai Fiat di Kragujevac sia sentito in ogni paese!

Di Luka Resanović, traduzione di Gabriele Bertoncelli

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.