intervista a due lavoratrici stagionali, Antonella e Maurizia, costrette all’autolicenziamento

Articolo elaborato in seguito alla partecipazione della cellula romagnola della FIR al picchetto dell’ADL Cobas a Rimini in data 28/07/2017

In data 28/07/2017, sia come giornale La Voce delle Lotte, sia come movimento FIR, abbiamo preso parte al picchetto organizzato dall’ADL Cobas dell’Emilia Romagna nella città di Rimini, che ha dato voce a due lavoratrici stagionali, Antonella e Maurizia, auto licenziatesi dal posto di lavoro dopo condizioni veramente al limite della sopportazione umana. Turni massacranti, alloggi inospitali, pause non consentite, cibo scadente: sono alcune delle cose emerse dalla dettagliata testimonianza di queste due lavoratrici della riviera romagnola.

La riviera romagnola è uno dei posti più conosciuti e rinomati d’Italia per la sua vasta offerta di servizi al turismo balneare molto frequentata soprattutto da turisti che provengono dal Nord ed Est Europa. Una lunga fascia costiera piena di bagnini, alberghi, ristoranti, piscine, discoteche e quant’altro che offrono divertimento per tutte le fasce d’età, dai bambini agli anziani. Ma ormai, si sa, dove c’è tanto divertimento e tanto turismo, c’è sfruttamento della manodopera che produce e garantisce questi servizi. Nella riviera romagnola questo sfruttamento ha da sempre assunto un carattere molto intensivo e degradante (soprattutto per le donne, visto che in questo ambito sono il 60%), ma finalmente dopo anni in cui questi lavoratori hanno sopportato pensando di dover fare la gavetta e di potersi emancipare e specializzare con anni e anni di stagioni al mare, anche da questo contesto sono emerse delle voci fuori dal coro, delle voci che finalmente hanno trovato il coraggio di denunciare questa situazione vergognosa.

Antonella Sclafani, 37 anni, e Maurizia Rosi, 38 anni, sono arrivate nella riviera romagnola verso la fine di giugno, sperando di migliorare le loro condizioni lavorative tramite un’agenzia di Milano che richiedeva personale per alberghi, per la precisione baristi/camerieri o camerieri ai piani (consorzio di hotel che in questo caso prevedeva 3 alberghi). Fidandosi ciecamente di questa agenzia, le due lavoratrici hanno cercato di trovare un accordo a livello economico e di orario, e successivamente sono partite da Porto Santo Stefano (GR) con tre giorni di anticipo perché quest’agenzia chiedeva una caparra all’arrivo per poter trovare una camera dove dormire e dare disponibilità nell’immediato. Ci troviamo ovviamente dinanzi al classico caso in cui i lavoratori trovano l’alloggio sul luogo di lavoro (ulteriore elemento di ricatto nei lavori stagionali). Gli accordi presi erano chiari: un breve periodo di prova per conoscersi meglio, vedere come lavoravano e soprattutto, in caso di assunzione, un prolungamento del contratto anche nel periodo invernale.

Arrivate il 29 di giugno nella zona costiera di Torre Pedrera verso le 8:00 di sera, si sono presentate e hanno partecipato ad una sorta di colloquio con domande molto da “quarto grado” e che espressero quasi subito una certa inaffidabilità rispetto agli accordi presi quando il datore di lavoro gli disse chiaramente che non le aspettava. Addirittura non sapeva nemmeno del loro arrivo, nonostante l’agenzia avesse inviato curriculum e contratto! Il datore ovviamente continuò dicendo che non era in possesso di niente. Così, Antonella e Maurizia si sono dovute ripresentare riconsegnando il loro curriculum che, per non si sa quale strano motivo, l’albergatore non aveva ricevuto dall’agenzia. Dopo ciò, l’albergatore proseguì in maniera quasi infastidita dicendo loro che adesso avrebbe visto se tenerle o no perché forse gli sarebbero andati via due dipendenti. Nonostante la parecchia perplessità e sentendosi raggirate dalla loro agenzia, a questo punto Antonella e Maurizia decidono comunque di rimanere lì e prendere una camera. La mattina dopo alle 9,00 dovevano essere in sala per vedere come era strutturato e organizzato il lavoro. Non si parla né di giorno di riposo, né di orario di lavoro, né di mansioni. Tutte questioni affrontate, invece, nel contratto stipulato con l’agenzia. Inizia quindi il loro primo turno di lavoro dalle 9:00 alle 15:30 del pomeriggio, in cui sono state impiegate come cameriere ai piani, aiuto lavapiatti e per altri lavoretti di tuttofare come il giardinaggio, le pulizie esterne, lavori di manutenzione, e questo ovviamente per tutti e tre gli alberghi. Successivamente gli orari sono diventati dalle 7:00 alle 15:00, poi dalle 17:00 fino alla fine di qualsiasi mansione che vi poteva essere da svolgere (23:00 – 24:00 circa). Il contratto prevedeva solo 40 ore settimanali ma loro ne facevano il doppio, all’incirca 87! E ovviamente lo straordinario non è rientrato nella busta paga. Lavoro gratuito, questo, che dovrebbe permettere l’assunzione di nuovi lavoratori e quindi altro personale.

Si sente ripetere in continuazione che non c’è lavoro. Il lavoro c’è, solo che i datori di lavoro, per non avere a loro carico costi salariali e assicurativi di altri dipendenti, preferiscono sfruttare fino al limite delle loro possibilità i lavoratori già presenti non riconoscendogli le ore di straordinario. E anche qui, infatti, il più delle volte il datore di lavoro non assume indicando orari precisi o una retribuzione precisa all’ora, ma piuttosto orari su cui preferisce rimanere molto vago e retribuzioni calcolate in un vasto periodo di tempo in modo che risulti più difficile per il lavoratore capire effettivamente in base a cosa viene calcolato il suo compenso.

Dopo 13 -14 ore di lavoro al giorno, dormire la notte solo 6 ore diventa quasi impossibile e logorante, talmente logorante che il 21 di luglio entrambe decidono di auto licenziarsi, in seguito anche ad episodi di violenza sia verbale che fisica, comunicandolo all’agenzia. E le nefandezze e le irregolarità contrattuali non finiscono qui, ne potremmo compilare lunga lista infinita. Ad esempio anche il semplice fatto che, dopo aver iniziato a lavorare, le due hanno scoperto che nonostante abbiano stipulato il contratto tramite la stessa agenzia e si siano ritrovate a lavorare negli stessi alberghi, sono state assunte in realtà tramite cooperative diverse. Le cooperative, è bene sottolinearlo, sono elemento di assoluta novità nel lavoro stagionale in Romagna. Altri aspetti squalificanti riguardano poi il cibo, a partire dall’orario improponibile in cui i dipendenti mangiavano (15:00 per il pranzo, 22:00 per la cena), senza tener poi conto dei vari disturbi alimentari che una persona poteva presentare, e ancora l’inospitalità e lo scarso igiene degli alloggi definiti addirittura dalle lavoratrici stesse delle topaie, la totale assenza di concessioni di pause anche solo per fumare o altro, il totale divieto di mangiare gli avanzi mentre si è in cucina. Tutte piccole ingiustizie che si vanno a sommare e a gravare sulla già incerta e precaria condizione del lavoratore, specie quello stagionale.

L’ADL Cobas infatti, che dal 2007 ha aperto un’inchiesta sul lavoro stagionale nella riviera romagnola, in primo luogo si è subito preoccupata di non lasciare isolate queste due lavoratrici ed ora ha iniziato una vertenza con l’avvocato della cooperativa per ottenere la retribuzione mancata alle due lavoratrici delle ore svolte, comprese quelle di straordinario. Ha inoltre inviato anche un’interrogazione parlamentare al ministro del lavoro Poletti affinché vengano rafforzati i controlli soprattutto nelle aziende turistiche, in quanto si è palesemente di fronte ad una situazione di graceillegalità in cui nessuno finora ha mosso un dito.

Come FIR e come LVDL riteniamo questo metodo di lotta assunto dall’ADL Cobas in sostegno di queste lavoratrici sicuramente un primo passo verso una maggiore presa di coscienza da parte di tutti i lavoratori, ma ovviamente in conseguenza a ciò rivendichiamo anche l’assoluta necessità di un vasto fronte di lotta che non si limiti a richiedere solo i diritti lavorativi riconosciuti dalla legislazione italiana, ma anche alla preparazione teorica e pratica per il duro scontro tra lavoratori e classi dominanti. Questo perché il problema, a differenza di quanto molti possano pensare, non è un problema che riguarda solo Rimini e la riviera romagnola ma è un problema di molta più vasta portata e sicuramente non si può risolvere vincendo una causa o ottenendo concessioni parlamentari, specie da un governo che a poco a poco ha e sta smantellando tutte le conquiste fatte in campo sociale dai lavoratori in anni e anni di battaglie.

Azimuth

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