Se, in un remoto futuro, la famiglia monogamica si dimostrasse incapace di appagare le esigenze della società, è impossibile predire di quale natura sarà la forma che le succederà.

(Lewis Morgan, Ancient Society, cit. p.492 citato da Engels in L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, 1874).

Una affermazione questa che oggi potrebbe suonare profetica. La monogamia è in crisi e ne prendiamo atto. Io personalmente ne prendo atto con entusiasmo. Che la monogamia sia in crisi, come cerco di argomentare nella mia tesi, lo mostrano innanzitutto quasi tutte le statistiche condotte in questo ambito: nel corso degli anni è cresciuto il numero di divorzi ed è diminuito quello dei matrimoni. Inoltre un sondaggio della Journal of Marital and Family Therapy del Settembre 2016 attesta  come il 41% delle coppie sposate abbia vissuto almeno una volta episodi di infedeltà sessuale o emozionale da entrambe le parti. Un altro dato: il 74% degli uomini e il 68% delle donne intervistate dichiarano di essere dispostati a sostenere una relazione clandestina se avessero la certezza di non essere scoperti. Nel mio lavoro “Natura e cultura in relazione al problema della monogamia” interpreto in chiave engeliana i recenti cambiamenti che hanno attraversato la struttura familiare: ripropongono la tesi dell’ineluttabile legame tra la famiglia monogamica e la civiltà della proprietà privata in cui tuttora viviamo. Questa impostazione, come tento di dimostrare, è oggi essenzialmente valida nella comprensione di alcuni aspetti delle dinamiche familiari nonché dell’interpretazione delle (residuali) disparità di genere. Alla luce di questi studi, interpreto la crisi dei matrimoni e la crisi della coppie in termini di crisi della monogamia e ipotizzo come quest’ultima potrebbe essere, almeno in parte se non del tutto, dovuta al “rimescolamento” di quei ruoli di genere che essa “prescriveva” nel momento storico in cui si è affermata, e lungo il corso del suo sviluppo (maschio proprietario-protettore, donna casalinga-“incubatrice” attraverso cui garantirsi prole certa a cui trasmettere la proprietà). Il “rimescolamento” di cui parlo sono ovviamente i progressi e le conquiste ottenute negli ultimi 150 anni di lotte femministe e favoriti (non senza ambiguità e contraddizioni) da alcune “innovazioni” della stessa società capitalistica (social network, social dating, voli low cost, maggiore facilità negli spostamenti per gli occidentali all’interno del mondo occidentale). Per riflessioni più approfondite rimando alla lettura (gratuita) della tesi (nello specifico consiglio di focalizzare l’attenzione sul terzo capitolo).

Non è difficile ammettere che la monogamia, così come la conosciamo, sia in crisi. Controverse però rimangono le interpretazioni sulla ragione di questa crisi. Fusariani e rossobruni per esempio affermano spesso che il capitalismo starebbe distruggendo la famiglia al fine di atomizzare gli individui. Sebbene è innegabile che il capitalismo spinga gli individui verso una crescente frantumazione dei legami di solidarietà, non è sempre facile come Fusaro vorrebbe farci credere capire da che parte stia la mano invisibile del mercato negli affari del cuore. Fusaro risponderebbe che sta dalla parte del magma confuso dei “pervertiti”, genderless, filoamericani dei Gaypride. Engels gli farebbe una pernacchia ricordandogli che sta invece dalla parte della famiglia monogama e patriarcale che lui e la sua Chiesa tanto si ostinano ad adorare e che, nonostante nei Paesi avanzati si sia allentata negli ultimi, ancora persiste. D’altro canto, è anche vero che esiste un processo di appropriazione e “cooptazione” da parte del Capitale. In questo senso però anche i libri di Fusaro sono veleno capitalistico in quanto venduti in libreria. Insomma il fatto che il capitalismo sia un “mostro policefalo” in grado di divorare e asservire a sé ogni cosa, non ci autorizza a pensare che l’omosessualità, il lesbismo o il superamento del binarismo di genere siano una malvagia invenzione dei capitalisti, soprattutto quando (ma sfortunatamente non sempre avviene) questi orientamenti si dimostrano in grado di connettersi a lotte che mirano ad infrangere i valori della stessa sacrosanta società borghese.

Ritornando alla “profezia” di Morgan quello che non sappiamo ancora è se sia il poliamore la “forma” che sta sostituendo, o che è destinata a sostituire nel prossimo futuro, la coppia monogamica in crisi. Il termine poliamore (“polyamory” in inglese) è stato coniato nel 1990 da Morning Glory Zell (fonte) e si è poi diffuso anche attraverso la pubblicazione di libri come The Ethical Slut (tradotto in italiano per Ed. Odoya col titolo di La zoccola etica) di Dossie Easton e Janet Hard, uscito in America nel 1997. E ancora More than twoDesigner Relationship e tanti altri (maggiori info in basso). Se dovessi spiegare, da “poliamoroso” che crede in questa forma relazionale come valida alternativa a quella monogamica, cos’è il poliamore riprenderei innanzitutto la sua definizione didascalica: la possibilità di avere più relazioni affettive, intime e/o sessuali (ma non necessariamente sessuali) con più persone (spesso di diverso genere) contemporaneamente nel pieno consenso di tutti i coinvolti. Ma certamente non è solo questo. Così come non è necessariamente vivere in famiglie allargate con tutti i propri partner e relativi figli (anche se spesso, sopratutto in America, è anche questo; in barba alla distruzione dei legami di solidarietà temuta dai rossobruni!). C’è da aggiungere che, per quanto disturbante alle orecchie di molti possa essere, tutto ciò funziona! E molte persone, si sentono più felici dopo aver intrapreso questa strada, o quanto meno più serene grazie a questa modalità relazionale che certo richiede grande coraggio e abilità comunicative non comuni nelle nostre società. L’impegno non è escluso, anzi è quasi sempre previsto, attraverso accordi costruiti su misura dalle stesse persone coinvolte. Quello che infatti immediatamente differenzia queste relazioni da quelle tradizionali, oltre che maggiore equità e grande comunicazione, è il fatto che il modello, che poi non è altro che la veste pratica attraverso cui si organizzano, si mettono in atto e si coltivano i propri sentimenti, non è imposto dall’esterno né passivamente ereditato da una tradizione (magari religiosa). Non è una camicia di forza o un percorso prestabilito, ma è un abito progettato(auto-progettato) su misura dei suoi partecipanti. E questo è fantastico. Si presenta come un importante elemento di liberazione, e (auto)organizzazione (se vogliamo): una progettualità che parte dai bisogni concreti.

Scrivo per esperienza diretta ma anche indiretta, attraverso i libri che ho letto sul tema e i poliamorosi di tutto il mondo che ho incontrato di persona. So di cosa sto parlando perché vivo tutto ciò in prima persona gestendo serenamente due relazioni con persone che a loro volta ne hanno altre, a differenza del 90% degli scribacchini italiani che sui giornali borghesi hanno scritto dell’argomento cavalcando i soliti pregiudizi da baretto, e non avendo la minima cognizione di cosa sia il poliamore e di chi siano i poliamorosi. Aggiungo inoltre che, essendo la cultura poliamorosa figlia indiretta di un certo femminismo, e di una parte del movimento LGBT, per molti e molte significa anche messa in discussione dei ruoli di genere, promozione di una “cultura del consenso”, maggiore indipendenza e libertà delle donne coinvolte nonché una sessualità più fluida che magari vada in una direzione in cui si impari a disancorarla dall’identità e,  in due parole, consapevolezza di sé, crescita, “età adulta dell’amore”. Reimparare, finanche riscrivere, la fine e ambigua arte di amare. Crescere insieme. Una volta alleggeriti dal peso  dei pregiudizi da bar e dalla morale cattolica che in un Paese come l’Italia si annida a volte anche nei più atei, si scopre che il poliamore è tutto questo e molto di più, non semplicemente avere più partner tutti tra loro informati. C’è a tal proposito un bellissimo articolo uscito sul Theguardian (in lingua inglese) scritto da una donna poliamorosa che spiega cos’è il poliamore dal suo punto di vista e quali effetti ha avuto sulla sua vita come persona e come donna: https://www.theguardian.com/lifeandstyle/2017/jul/23/polyamory-new-way-to-love-men-women-sex-relationships-elf-lyons?CMP=Share_iOSApp_Other

Il Poliamore esiste anche come realtà organizzata, nel senso che i poliamorosi in diversi Paesi del mondo, tra cui anche l’Italia, organizzano eventi pubblici ed inclusivi in cui discutere su come aprire le proprie relazioni, sulle problematiche affettive, su come gestire la gelosia, etc…un importante evento che si terrà in Italia a breve su questo ed altri temi è l’Opencon Italia, una tregiorni organizzata a Trevi (PG) dal primo al tre Settembre (per maggiori info).

Sitografia di approfondimento (solo lingua italiana):

www.poliamore.org

www.rifacciamolamore.it

Bibliografia di approfondimento:

  • Friedrich Engels, Der Ursprung der Familie, des Privateigentums und des Staats, 1884, trad. it. di Mila Lentini, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, Newton Compton: Roma, 2006.
  • Franklin Veaux e Eve Rickert, More Than Two: a practical guide to ethical polyamory, Portland: Thorntree Press, 2014.
  • Dossie Easton e Janet Hardy, The Ethical Slut (1st ed. 1997), trad. it. di G.Morselli, La zoccola etica, Bologna: Odoya, 2014.
  • Cacilda Jethá e Christopher Ryan, Sex at Dawn, New York: HarperCollins, 2010.
  • Mark A.Michales e Patricia Johnson, Designer Relationship, Minneapolis: Cleis Press, 2015.
  • Carlo Consiglio, L’amore con più partner, Roma: Pioda, 2014. (Disponibile gratuitamente a questo indirizzo: http://www.carloconsiglio.it/terza_edizione.pdf)
  • Matteo Iammarrone, Natura e cultura in relazione al problema della monogamia, 2017 (https://www.academia.edu/33907403/Natura_e_cultura_in_relazione_al_problema_della_monogamia)

Matteo Iammarrone

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.