Che il Movimento 5 Stelle fosse un partito della piccola e media impresa lo avevamo denunciato sin dalla sua genesi, quando anche a sinistra ancora c’era chi – come il giornale contropiano.org – avallava quel processo come una “discontinuità” o come una “esperienza da verificare”.

Per tutto un periodo organizzazioni della sinistra di classe hanno sostenuto alcuni candidati del Movimento 5 Stelle e nei dibattiti parlavano di questa realtà come possibile alleata contro la politica padronale.
Le affermazioni di tali opportunisti sono state poi smentite dalla realtà grazie all’elezione dei sindaci del movimento della CasaleggioAssociati, che dovunque amministrano lo fanno attaccando i lavoratori delle partecipate e i senza casa, con la politica della Legge e del Manganello.

Di Maio – divenuto leader indiscusso del partito – recentemente ha parlato in termini più espliciti del programma reale dei pentastellati.
Al Festival del Lavoro il politico di Pomigliano d’Arco ha parlato della ricetta di governo della sua organizzazione.

Alcune cose affermate sono complete baggianate come “internet è la più grande fabbrica di posti di lavoro; se avessimo aumentato del 35% gli investimenti su tale settore oggi avremmo 270 mila posti di lavoro in più”. Non si capisce su quali basi e ragionamenti economici lo dica. Non lo spiega, ma si sa la campagna elettorale è un teatrino dove i candidati della borghesia affermano le cose più stupide e più false.

Altre, invece, hanno qualche elemento di serietà e dietro un linguaggio quasi criptico celano la volontà del Movimento 5 Stelle di colpire i lavoratori.

“Dobbiamo dare possibilità alle imprese e agli studi di assumere, pagare il debito pubblico e fare ulteriori manovre sull’abbassamento del costo del lavoro; se i sindacati non sono disposti ad autoriformarsi lo faremo noi”.
In due frasi Di Maio ha sintetizzato cosa ha in mente il suo partito: 1) drenare ulteriore denaro pubblico (salario indiretto preso dalle buste paga dei lavoratori) agli imprenditori (come se non bastasse il tempo di vita che rubano a chi lavora per poi licenziare, inquinare e non rispettare i diritti); 2) pagare il debito dello Stato con le banche private (in primis quelle italiane) attraverso politiche di tagli ai servizi sociali e alle aziende pubbliche, con conseguenti ulteriori privatizzazioni, licenziamenti e peggioramento delle condizioni lavorative; 3) rendere ancora più precario, sottopagato e ricattabile il lavoro dipendente; 4) colpire ulteriormente la possibilità di rappresentanza lavorativa, già ampiamente smantellata dall’accordo luglio ’93 ad oggi, celando la lotta alle organizzazioni sindacali come strumento di difesa dei lavoratori dietro la retorica della cancellazione dei privilegi delle direzioni.

Un programma perfettamente in continuità con le politiche dei governi di confindustria e banche sia del centrodestra sia del centrosinistra.
Un programma contro operai, studenti, immigrati, donne lavoratrici e pensionati. Un programma da combattere.

Douglas Mortimer

Nato a Cesena nel 1992. Ha studiato antropologia e geografia all'Università di Bologna. Direttore della Voce delle Lotte, risiede a e insegna geografia a Roma nelle scuole superiori.